Un magico pomeriggio di fine giugno: la Scala di Milano rinasce con Le nozze di un Figaro d’eccezione
Il Teatro alla Scala vede alla ribalta un nuovo Figaro: Luca Micheletti, in una magica atmosfera strehleriana
È un afoso pomeriggio di fine giugno e un nutrito gruppo di ragazze e ragazzi si accalca alle porte di uno scrigno gigantesco: la Scala di Milano. Come piccoli fiumi, a passo lento, confluiscono nell’oceano placido del teatro che, gioioso, promette loro un’esperienza unica.
E come potrebbe non esserlo al cospetto de Le nozze di Figaro, in compagnia di Mozart, di un cast d’eccezione e con l’allestimento del maestro Giorgio Strehler, ripreso da Marina Bianchi?
Se esistesse la macchina del tempo Mozart potrebbe assistere per un soffio alla prova generale, aperta agli under 30. Ecco il compositore di Salisburgo, con la sua parrucca scarmigliata, che crea rapidissimo un capolavoro a soli ventinove anni. In silenzio e di soppiatto naturalmente: l’imperatore Giuseppe II teme che l’opera crei tensioni tra classi sociali, visto il proprio contenuto.
Wolfgang lo convince invece del contrario: è un’opera che parla d’amore, di dignità e di scaltrezza. I protagonisti non sono maschere o personaggi del mito, ma uomini e donne energici, passionali.
L’opera celebra il complesso caleidoscopio dell’essere umano ed è proprio in questo che consiste la grandezza de Le Nozze di Figaro, in scena dal 26 giugno al 1° luglio 2021 alla Scala di Milano.
Le luci si abbassano, il direttore Daniel Harding agita la bacchetta e la magia ha inizio. L’Overture è gloriosa e frizzante, pare di vedere uscire le note che saltano qua e là dalla mente di Mozart.
E poi? Una stanza spoglia, in cui regna sovrano un caravaggesco raggio di luce, frutto della maestria di Ezio Frigerio e del genio di Giorgio Strehler. Realismo ed essenzialità degli arredi caratterizzano le scene, cosicché il vibrante potere dell’opera corale possa ergersi in tutto il suo fulgore.
Le nozze di Figaro stehleriane mostrano un’epoca che volge al termine, come la luce calda di un tardo pomeriggio sonnolento, un’istante prima della Rivoluzione. Non vi sono però buoni o cattivi: magistralmente interpretato da Simon Keenlyside, il Conte d’Almaviva comprende i propri errori e chiede infine perdono alla trascurata moglie Rosina, Julia Kleiter.
Il segreto dell’opera è presto svelato: l’amore è il fil rouge che unisce le vicende dei personaggi, in cui il giovane ed estasiato pubblico si può identificare. Cherubino, Svetlina Stoyanova e la magnifica Susanna, alias Rosa Feola, incarnano due età dell’amore: l’uno ingenuo e impetuoso, l’altra l’amore come roccia solida sulla quale costruire un futuro.
Figaro qua, Figaro là, ma chi è quel Figaro trionfante sulla scena?
Si tratta di Luca Micheletti, classe 1985, nel cui DNA si hanno teatro, musica, talento e passione come basi azotate. È infatti degno erede di una dinastia che affonda le sue radici nel teatro girovago dei Carri di Tespi di metà Ottocento.
Il suo cursus honorum comprende una laurea con lode in Scienze del Teatro e un Dottorato di ricerca all’Università “La Sapienza” di Roma circa il teatro proibito rinascimentale. Tutto ciò senza mai interrompere le attività recitative. Un vero portento!
Il percorso dell’artista è costellato di successi tra cui il Premio Ubu per la sua interpretazione in La resistibile ascesa di Arturo Ui di Brecht. Quattro anni dopo gli è assegnato il Premio Internazionale Luigi Pirandello per meriti acquisiti in campo teatrale. È inoltre regista stabile della Compagnia Teatrale i Guitti.
Anche la musica tende la mano a Micheletti, sin dall’infanzia, ma il connubio è completato dall’incontro con Mario Malagnini: grazie a lui l’attore si scopre baritono. Naturalmente anche in questo campo l’artista bresciano ottiene innumerevoli riconoscimenti, diretto, tra gli altri, dal Maestro Riccardo Muti.
Un’esplosione di successi meritati, che certamente non termineranno. Un portentoso filtro alchemico la cui ricetta è composta da semplici ingredienti: talento, passione e grande impegno che, come si suol dire a Brescia, l’è mai asé, “non è mai abbastanza”.
Maria Baronchelli
Sono Maria Baronchelli, studio Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Milano. La lettura e la scrittura hanno da sempre accompagnato i miei passi. Mi nutro di regni di carta, creandone di miei con un foglio e una penna, o una tastiera. Io e i miei personaggi sognanti e sognati vi diamo il benvenuto in questo piccolo strano mondo, che speriamo possa farvi sentire a casa.