“The Wall” il film: un album raccontato per immagini
Droghe e incomunicabilità, omologazione e surrealismo: è questo – e molto altro – il film tratto dal concept album “The Wall” ispirato all’omonimo album dei Pink Floyd che usciva il 30 novembre di 42 anni fa.
Il film racconta di Pink, una rockstar che vive un profondo disagio interiore dettato da un passato travagliato e un presente straniante fatto di droghe, solitudine e depressione che lo porteranno a diventare un dittatore.
Pink raccoglie in sé non solo il profondo disagio esistenziale della generazione degli anni ’70 ma anche le caratteristiche biografiche dei componenti della storica band: proprio come R. Waters, infatti, il protagonista perde il padre durante la Seconda Guerra Mondiale e trascorre l’infanzia vivendo un soffocante ambiente scolastico. Allo stesso modo la profonda depressione e la dipendenza da sostanze stupefacenti si rifà alla vita di Syd Barrett.
Dopo aver vissuto sulla propria pelle il disagio derivante dal successo mondiale è proprio Roger Waters a voler andare oltre il proprio album e a progettare una componente visual che potesse accompagnare e completare un album già di per sé fantastico, con il desiderio di dare una forma al surrealismo atmosferico dell’album.
La pellicola, diretta da Alan Parker, coniuga la parte recitata a una parte animata che nasce dai disegni di Gerald Scarfe. Ma la creazione del prodotto non fu per nulla facile: la collaborazione tra le tre menti – Waters, Scarfe e Parker – fu talmente travagliata che il montaggio del film richiese una quantità di tempo molto superiore alle aspettative, circa otto mesi di tempo.
Questa pellicola è un prodotto di cui si è discusso molto fin dalla sua uscita nel 1982. Presentata al Festival di Cannes, non riscosse molto successo a causa della sua natura molto poco definita. Il film, infatti, appare alle volte come un miscuglio anche mal assortito di immagini deliranti. Lo stesso Waters ha ammesso più volte di essere rimasto confuso dal risultato finale; dello stesso parere poi fu anche il regista che più volte definì la pellicola come un “mix di idee folli di Roger Waters”.
La parte più interessante però è la componente visuale creata dalle mani di Gerald Scarfe: le illustrazioni dell’artista hanno fatto la storia e l’immaginario dell’album e creato un binomio inscindibile di musica e immagini. Lo spettatore assiste al viaggio introspettivo del protagonista che, isolatosi in una camera d’albergo, vede scorrere davanti a sé tutta la sua vita, fra ricordi reali e ricordi psichici.
I disegni di Scarfe sono crudi, violenti e disturbanti: eppure solo in questo modo sarebbe stato possibile rendere al meglio la visione che Pink ha del mondo, storpiata dall’alienazione, dal disagio e dalla paura.
Il risultato è un prodotto scostante, con un’atmosfera pesante – che benissimo rende l’atmosfera dell’album – ma difficile da digerire. La pellicola trova linfa vitale e splendida esecuzione nella dicotomia musica e animazione; altrettanto però non si può dire per il recitato, che invece risulta confuso, involuto e capzioso.
Giorgia Grendene
Sono Giorgia e amo le cose vecchie e polverose (come la mia laurea in lettere classiche), le storie un po’ noiose che richiedono tempo per essere raccontate e apprezzate, i personaggi semplici con storie disastrose. Mi piacciono il bianco e nero e il technicolor molto più del 4K, i libri di carta molto più degli e-book, il salato molto più del dolce, i cani molto più dei gatti.