Avevamo davvero bisogno del pollo fritto vegan?
Nei ristoranti americani di KFC arriva il nuovo Beyond Fried Chicken, l’alternativa vegan al famosissimo pollo fritto. Ma era davvero ciò di cui avevamo bisogno?
Da questa settimana tutti i ristoranti americani KFC grazie alla collaborazione con Beyond Meat, il brand famoso per aver creato in laboratorio un alimento vegetale che per gusto e consistenza si avvicina spaventosamente alla carne, proporranno in menù il nuovo Beyond Fried Chicken, una versione plant baseddel pollo fritto del celeberrimo fast food.
KFC aveva già testato il gradimento del pollo vegan nel 2019 ad Atlanta e i risultati annunciarono un incredibile successo, tanto che le scorte esaurirono in meno di cinque ore. I clienti statunitensi sembrano dunque apprezzare prodotti alternativi. Un grande passo, ma con delle complicazioni: KFC precisa in una nota ufficiale che la preparazione non sarà né vegana né vegetariana. Con molta probabilità, le pepite di pollo vegan verranno fritte nello stesso olio di quelle classiche o comunque entreranno in contatto con ingredienti di origine animale. Nel fast food, dunque, non sarà da escludere la possibilità di contaminazione incrociata.
Nonostante questo, Beyond Meat è più che orgogliosa di questa collaborazione che aprirà al grande pubblico la possibilità di consumare alimenti plant based anche al fast food. “Non potremmo essere più orgogliosi di collaborare con KFC per offrire un prodotto che non solo offre la deliziosa esperienza che i consumatori si aspettano da questa catena iconica, ma offre anche i vantaggi aggiuntivi della carne a base vegetale”, ha affermato Ethan Brown, Fondatore e CEO di Beyond Meat. “Siamo davvero entusiasti di renderlo disponibile ai consumatori a livello nazionale”.
Un successo di cui essere orgogliosi, ma che non arriva certo inaspettato. Nel mondo, la percentuale di persone che decide di avvicinarsi a un’alimentazione vegana o vegetariana è continuamente in ascesa. Si pensi solamente al caso italiano: secondo il Rapporto Italia 2021 di Eurispes, quasi una persona su dieci sulla penisola è vegana o vegetariana. Secondo i risultati dell’indagine annuale vegetariani e vegani sono l’8.2% della popolazione, sopra la media del periodo che va dal 2014 a oggi (7.5%). C’è anche chi afferma di non seguire attualmente una dieta priva di prodotti animali, ma di averlo fatto in passato: il 6% degli uomini e il 7.3% delle donne.
Cosa spinge gli italiani ad abbracciare questi regimi alimentari? Per il 23,1% degli intervistati, la scelta vegetariana/vegana si inserisce in uno stile di vita improntato al rispetto degli animali e del pianeta, mentre il 21,3% delle persone è spinto da motivazioni salutistiche. Altri ancora riferiscono di aver scelto una dieta vegetariana o vegana per ragioni esclusivamente animaliste (20,7%). C’è poi chi cita il rispetto dell’ambiente (11,2%), chi ammette di essere guidato dalla curiosità verso nuovi regimi alimentari (9,5%) e chi dice di farloper mangiare “meno e meglio” (5,9%).
Aldilà delle scelte etiche e sostenibili, sulle quali siamo liberi di discutere, ma non pretendere di avere ragione, quello che dobbiamo veramente chiederci è: avevamo davvero bisogno del pollo fritto vegan? Di un alimento fritto, unto e bisunto, commerciale che non ha nulla di ciò che esprime il suo nome, del “pollo”? Non bastano più le mille preparazioni possibili a base di legumi, verdure e cereali di cui è così ghiotta la dieta mediterranea? Perché chi decide di optare per un’alimentazione vegetariana o vegana dovrebbe sentire il bisogno di reintrodurre un alimento che al gusto e al tatto ricordi il pollo?
Il pollo fritto vegan non è altro che un alimento studiato in laboratorio, risultato di calcoli chimici e sviluppi fisici per garantire alla crocchetta una somiglianza quanto più possibile vicina alla carne vera. Il problema non è decidere di mangiare plant based, ma che bisogno c’era di mangiare piante che sanno di pollo? Dobbiamo domandarci questo, allora. Se siamo pronti per rimpiazzare un’alimentazione tradizionale, mediterranea, fatta di prodotti della terra, con pietanze chimiche, studiate, che non sono fatte di carne, ma ce ne ricordano il sapore. Un controsenso, no?
Gaia Rossetti
Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.