Alice in Wonderland: tra le origini e le curiosità di un mondo fantastico
Pochi nomi alla sola pronuncia hanno la capacità di rievocare storie intere: Alice è sicuramente uno di questi. Non si tratta della quantità delle opere dedicate a quel nome, ma la loro grandezza.
Può darsi che le opere più grandi non nascano necessariamente con l’apprensione di esserlo e di certo, quando Lewis Carrol raccontò di una ragazzina che inseguendo un coniglio bianco si ritrovò in un sottosuolo fantastico, non avrebbe mai immaginato che la sua storia sarebbe stata tra le più tradotte al mondo e tra le più citate dopo Shakespeare. Era il 1951 quando la casa cinematografica di Walt Disney creò sulla base del suo romanzo l’omonimo film d’animazione: Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Da allora insieme all’incredibile successo della pellicola, credenze, accuse, miti e curiosità hanno avvolto il capolavoro dell’età vittoriana, alimentandone la sua iconicità. Eccone alcuni tra i più discussi…
La vera identità di Alice
Pubblicato per la prima volta nel 1865, pare che il romanzo sia nato “in un soleggiato pomeriggio” nel corso di una gita sul Tamigi che Lewis Carroll (pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson) trascorse con le tre giovani figlie dell’amico accademico Henry George Liddell: Alice, Edith e Lorina. Mentre il canonico Robinson Duckworth remava, la piccola Alice Liddell di appena dieci anni chiese a Carroll di raccontarle una storia. Il reverendo l’accontentò e intrattenne le sorelle con una serie di racconti strampalati e avventure vissute da una di loro, Alice. Tra i mondi creati dalla fervida immaginazione di Lewis ve ne fu uno in particolare che catturò l’ammirazione della piccola Liddell: una giovane ragazza cade nella tana di un coniglio e si ritrova in un sottosuolo fatto di paradossi, pozioni, animali vestiti da uomini, carte da gioco che camminano, duchesse impazzite, gatti parlanti, pronta a vivere un’avventura unica in un mondo sconosciuto che appartiene ai sogni e all’inconscio. Alice Liddell gli chiese di scrivere un libro su questa storia, fino a che lui non l’accontentò. Nel novembre 1864, due anni e mezzo dopo quella richiesta di Alice, Carroll completò una versione intitolata Le avventure di Alice sottoterra e fu il regalo per Alice del Natale del 1864. Il libro ebbe anche un seguito: Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, pubblicato nel 1871 nel quale è contenuta una poesia le cui lettere iniziali compongono l’acrostico del nome completo della bambina: Alice Pleasance Liddell:
A boat beneath a sunny sky,
Lingering onward dreamily
In an evening of July–Children three that nestle near,
Eager eye and willing ear,
Pleased a simple tale to hear–Long has paled that sunny sky:
Echoes fade and memories die.
Autumn frosts have slain July.Still she haunts me, phantomwise,
Alice moving under skies
Never seen by waking eyes.Children yet, the tale to hear,
Eager eye and willing ear,
Lovingly shall nestle near.In a Wonderland they lie,
Dreaming as the days go by,
Dreaming as the summers die:Ever drifting down the stream–
Lingering in the golden gleam–
Life, what is it but a dream?
Nonostante il riferimento esplicito e la dedica ad Alice Liddell, le illustrazioni della protagonista nei romanzi e nelle opere cinematografiche mostrano una figura diversa rispetto a quella della bambina. La differenza più evidente è sicuramente il colore dei capelli: la bionda chioma di Alice come la ricordiamo dai grandi schermi è ben lontana dalla mora Liddell ed è ispirata ad un’altra bambina: Mary Hilton Badcockpour.
Le accuse di pedofilia a Lewis Carroll
La passione di Dodgson per le ragazze e le bambine, la sua collezione di foto, alcune fotografie che lo stesso Dodgson scattò e altri elementi della sua biografia hanno da lungo tempo portato alla nascita di teorie sulla sua presunta pedofilia, sebbene pochi siano arrivati a suggerire che l’autore abbia mai oltrepassato i confini dell’amore platonico per le sue giovani amiche. In realtà le fotografie e i ritratti di bambine con il corpo scoperto non erano un’eccezione in età vittoriana, anzi, lo stesso Carroll definì la fotografia come lo strumento ideale per esprimere la sua filosofia personale di perfezione morale, estetica e fisica in antitesi alle rigide regole sul comportamento che regnavano nell’età vittoriana. Ad alimentare questo scandalo è stata la brusca interruzione dei rapporti tra l’autore e la famiglia della piccola Alice cui Carroll era molto legato. I reali motivi di questo allontanamento restano ignoti e negli anni hanno portato a diverse teorie, tra cui quella dell’accusa di pedofilia. Complici di queste supposizioni sono anche le sette pagine mancanti dai diari di Lewis che coprono il periodo compreso tra il 27 e il 29 giugno 1863 e quello tra il 24 maggio e il 6 giugno 1879, i presunti periodi in cui ci fu l’allontanamento dalla famiglia. D’altro canto, il rapporto tra Lewis Carroll e Alice da sempre incuriosisce la critica, spaccata tra chi sostiene le accuse allo scrittore e chi difende la reputazione di un uomo che non ha mai dato una interpretazione erotica dell’infanzia. La speculazione sulla natura dei suoi rapporti con i bambini è negli anni naufragata per assenza di prove e oggi Charles Dodgson è stimato come uno degli autori più fantasiosi e abili del suo tempo.
Le innumerevoli identità nascoste dei personaggi
Complesso, enigmatico, surreale: il romanzo di Lewis Carroll è stato uno spartiacque nella letteratura d’infanzia del secolo scorso. La creazione di un mondo dove più che mai “tutto è possibile” ha suscitato non scarse attenzioni da parte della critica e di studiosi che negli anni hanno cercato di interpretare le ragioni, le metafore e i significati di uno degli universi più fantastici di sempre. Tra gli studi sull’inconscio, il parallelismo con le droghe e le correnti irrazionaliste, alcune interpretazioni di questo grande classico si soffermano sulle identità nascoste dei personaggi e sulla possibile metafora della favola con le fasi della crescita. Alice è una bambina spensierata, ribelle e come tale, non ama seguire le regole. Rappresenta chiaramente l’infanzia. In antitesi il Bianconiglio rappresenta i genitori: sempre di fretta, perennemente in contrasto con la protagonista; è sfuggente e ansioso, ma soprattutto è carico di stress. In questo quadro la Regina di Cuori non può che essere la personificazione della rabbia. Anche lei, come il Bianconiglio, rappresenta il mondo degli adulti. Allo stesso tempo la sua famosa esclamazione “Tagliatele la testa!” è un’accusa ai politici di quel tempo che spesso prendevano decisioni troppo drastiche e senza senso. Il Brucaliffo è chiaramente il simbolo di passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Non a caso, infatti, dopo aver parlato con Alice, si trasforma in una farfalla. È un personaggio inizialmente molto scostante con la protagonista, ma allo stesso tempo non si esime dall’esprimere perle di saggezza. Infine abbiamo lo Stregatto: astuto, disinteressato e super partes. Che sia la personificazione dell’autore? O forse, più semplicemente, siamo tutti matti.
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Giulia Villani
Giulia, classe ’99, laurea in Comunicazione e un sacco di idee per la testa. “Il mio problema è ciò che resta fuori, il non-scritto, il non-scrivibile. Non mi rimane altra via che quella di scrivere tutti i libri…”. Molto probabilmente non scriverò tanti libri quanti Calvino, ma ogni storia che merita di essere raccontata.
IoVoceNarrante? La mia penna.