Voltaire fra Illuminismo e polemica

Voltaire muore il 30 maggio 1778. Figura più illustre dell’Illuminismo francese, la sua speculazione non mancò di attirare le critiche di alcuni illustri personaggi, come il lombardo Giuseppe Parini.

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Ne Il Giorno, e precisamente a partire dal verso 598 della sezione intitolata Il Mattino, Giuseppe Parini scrive:

O de la Francia Proteo multiforme

Voltaire troppo biasimato e troppo torto 

lodato ancor che sai con novi modi

imbandir ne’ tuoi scritti eterno cibo

ai semplici palati; (…)

L’apostrofe, dal tono ironico e pungente, che Giuseppe Parini indirizza al multiforme Voltaire si situa nell’ambito di una più ampia polemica culturale che l’umanista lombardo intesse contro la Francia e le mode che ne provengono, andando ad infettare la già decadente nobiltà italica. 

Come è noto, il rapporto tra Parini e l’Illuminismo francese, e in particolar modo con Voltaire, conosce vicende alterne: in generale, l’umanista lombardo fa propri gli ideali di eguaglianza illuministi; tuttavia critica proprio l’atteggiamento che gli intellettuali francesi hanno nei confronti della religione, e soprattutto il fatto che le opere illuministe, prime fra tutte proprio quelle di Voltaire, siano diventate di moda presso i salotti nobiliari, costituendo non più proficue occasioni di speculazione filosofica e crescita del pensiero, ma oggetti di consumo: Parini, con uno spiccato senso critico, stigmatizza la “cultura da salotto”, mera ostentazione di precetti e di sapere spesso appreso acriticamente. 

Voltaire, al secolo François-Marie Arouet, nacque a Parigi nel 1694 e morì il 30 maggio 1778. Formatosi presso i collegi dei Gesuiti, fin da giovane fu introdotto presso i più importanti salotti della Parigi mondana.

Trasferitosi a Londra in seguito ad un periodo passato alla Bastiglia, Voltaire rimase affascinato dalla cultura inglese incarnata dalle personalità di Bacone, Locke e Newton; e grazie a tale entusiasmo cominciò un’intensa attività di studio, traduzione e critica delle opere letterarie e filosofiche inglesi. 

Intorno al 1750 Voltaire accetta di soggiornare presso la reggia di Federico II di Prussia, a Sanssouci, continuando la fervida attività di studio e pubblicazione. 

Dopo la rottura dell’amicizia con Federico II di Prussia e varie peregrinazioni, si stabilì nel castello di Ferney intorno al 1760: sono questi gli anni durante i quali Voltaire si afferma come capo dell’Illuminismo europeo e difensore della tolleranza religiosa, nonché dei diritti dell’uomo. 

Al cuore della speculazione volteriana vi è un reale che deve necessariamente essere accettato così come si presenta: l’uomo infatti, creatura destinata alla finitudine e all’ignoranza, deve riconoscere la sua condizione nel mondo al fine di accettarla; egli non deve lamentarsi della realtà o negare il mondo stesso, ma accettare serenamente lo stato delle cose. Voltaire infatti è convinto che il male abbia, a modo suo, una sua consistenza, una sua realtà, come il bene. Ma rinuncia, in virtù delle limitate capacità umane, a indagarne le fattezze e le cause.

Ne consegue una peculiare concezione del sovrasensibile, oggetto polemico di molti pensatori e umanisti che non rinunciano a un orizzonte metafisico: Voltaire non nega chiaramente l’esistenza di Dio, ma si rifiuta di determinarne gli attributi in quanto Dio non interviene nel mondo e nelle questioni riguardanti gli individui. 

La stoccata di Parini a Voltaire non si limita alla denuncia del semplicismo volteriano, ma lambisce anche le questioni puramente letterarie

Continua infatti Parini, a partire dal verso 604:

(…) tu appresta al mio Signor leggiadri studj

con quella tua Fanciulla agli Angli infesta

che il grande Enrico tuo vince assai,

l’Enrico tuo che peranco non abbatte 

l’Italian Goffredo ardito scoglio

contro a la Senna d’ogni vanto altera. 

Parini non potrebbe essere più icastico: la fanciulla invisa agli inglesi (Angli) è per antonomasia Giovanna d’Arco, protagonista del poema eroicomico La Pucelle d’Orléans (1755), mentre con il grande Enrico si allude proprio al poema epico composto da Voltaire fra il 1723 e il 1728, l’Henriade, che celebra le gesta di Enrico IV di Francia, primo della dinastia Borbone. L’Henriade sottende, da parte di Voltaire, un temerario e costante confronto con la l’Italian Goffredo, in questo caso metonimia della Gerusalemme Liberata di Tasso: il confronto, secondo Parini, si risolve inesorabilmente a favore del poema tassiano, esempio mirabile di arte poetica insuperabile dall’alterigia francese. 

Giuseppe Sorace

Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.