Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Tennis 2022, tra conferme e volti nuovi un uomo solo al comando: Roger Federer

Nadal e Djokovic non si arrendono, arrivano i diciannovenni capitanati da Alcaraz; gli italiani si fanno valere, ma gli applausi più calorosi vanno a King Roger.

Nessuno è più grande dello sport, lo sappiamo bene, ma quest’anno a ottobre per qualche attimo ci siamo dimenticati la nota massima, o forse semplicemente abbiamo fatto finta che non fosse vera. Perché in fondo lo sport ha bisogno di storie da raccontare, storie belle, strane, divertenti, a volte drammatiche; storie di uomini e di donne, racconti che colorino le pagine bianche e che vadano oltre le statistiche e i semplici risultati. E la sua storia è di quelle irripetibili.

Il tennista che ha rubato la scena in questo 2022 ha una caratteristica singolare: non ha giocato nemmeno una partita! infatti Roger Federer, perché è dello Swiss Maestro che stiamo parlando, è sceso in campo per la sua ultima partita ufficiale durante Wimbledon del 2021, perdendo contro Hurkacz.

In realtà a ottobre ha giocato un doppio nella Laver Cup, la ricchissima esibizione che vede il campione elvetico tra gli organizzatori. Lo ha giocato in coppia con il suo amico e rivale di una intera carriera: Rafa Nadal. Per la cronaca quel doppio i due lo hanno perso. Ma il risultato era la cosa meno importante; il dopopartita commovente, il pianto di Roger, e di Rafa, il coinvolgimento totale della audience ha sancito l’eccezionalità dell’attimo tanto atteso e nello stesso tempo temuto: il ritiro ufficiale del basilese.

Per mesi ci siamo illusi che lo avremmo rivisto a Wimbledon o in un altro torneo, ma il suo fisico non era d’accordo. In tanti hanno scritto di lui dopo il suo ritiro; piuttosto che tornare sui suoi otto Wimbledon o sui venti titoli del Grande Slam ci limitiamo a parlare di due riconoscimenti meno conosciuti, ma assai significativi.

Roger durante la carriera ha tenuto un comportamento improntato ad assoluta compostezza e sportività. Se nel passato si è sentito il bisogno di istituire lo “Stefan Edberg Sportmanship Award” anche per incoraggiare una condotta in campo non sempre impeccabile di diversi giocatori, negli ultimi vent’anni lo svizzero ha, dall’alto dei successi e del crescente carisma, “imposto” il fair play; questo prima ancora che la impetuosa irruzione dei social ne consigliasse l’osservanza dei fondamenti a chi volesse curare la propria immagine. Il premio, assegnato dai tennisti stessi, è stato vinto per tredici anni consecutivi dal 2005 in poi proprio da lui.

L’asso di Basilea può infine affiancare, ai titoli Slam e ai tredici sportmanship, diciannove allori nel “Fan’s Favourite Award”, titolo assegnato dai tifosi votanti sulla piattaforma di voto sul sito dell’ATP, che fa suo ininterrottamente dal 2003, quando era solo il giovane vincitore di una edizione di Wimbledon.

Questi premi sono forse marginali ma secondo noi danno la misura del suo immenso impatto nel mondo del tennis e dello sport. Grazie di tutto, King Roger.

I Big Three sono così diventati i Big Two, e che ne è stato di loro? La stagione di Rafa Nadal si può dividere in due parti. Una prima praticamente perfetta con le vittorie a Melbourne e a Roland Garros. Queste due vittorie lo hanno ingolosito e lo spagnolo ha deciso di presentarsi anche a Wimbledon, scelta che forse oggi maledice. Infatti, si è infortunato, probabilmente spingendo oltre il limite il suo fisico. La seconda parte della stagione è stata molto meno soddisfacente: ha perso a Flushing Meadows e alle ATP Finals e a quel punto si è preso una vacanza anticipata saltando la Coppa Davis. La stagione di Novak Djokovic è stata dimezzata da alcune scelte politiche che lo hanno escluso da Melbourne e da New York, ma il serbo ha comunque centrato alcuni traguardi molto importanti tra cui Wimbledon e proprio le Finals.

Anche per quanto riguarda il tennis femminile parliamo prima di tutto di un ritiro, quello di Serena Williams. La campionessa di colore entra di diritto nel gruppo ristrettissimo di campionesse che hanno segnato un’epoca non solo dal punto di vista tennistico. Serena è diventata negli anni un personaggio pubblico esattamente come a suo tempo lo è stata Martina Navratilova o prima di lei Billie Jean King: il tennis femminile, alla ricerca di nuove eroine, perde una straordinaria protagonista. Le è mancato solo il Grande Slam, toltole dalla nostra Roberta Vinci che l’ha eliminata in una storica semifinale a New York nel 2015.

Se invece parliamo di tennis giocato è stato sicuramente l’anno di Iga Swiatek: la tennista polacca ha raggiunto la prima posizione mondiale vincendo ben due prove del Grande Slam e si presenta all’inizio della stagione 2023 come la tennista da battere.

I tennisti italiani hanno avuto una stagione in altalena; forse era lecito attendersi di più dopo il 2021 e invece siamo stati testimoni di qualche stop di troppo per i nostri.

Il punto di svolta della stagione di Matteo Berrettini è stata la sua improvvisa positività al COVID-19 che lo ha costretto al ritiro a Wimbledon. Il giocatore che ha preso il suo posto nel tabellone è arrivato tranquillamente nei quarti di finale dove ha perso da Nick Kyrgios. È lecito pensare che Matteo avrebbe affrontato da favorito il quarto di finale e superandolo non avrebbe nemmeno trovato l’avversario, poiché Nadal ha rinunciato a scendere in campo. Quindi, con un pochino di fortuna probabilmente Matteo avrebbe potuto disputare la finale, esattamente come l’anno precedente.

È andata così purtroppo e il resto della sua stagione non è stato particolarmente esaltante oltre che caratterizzato da due infortuni. Il primo, una piccola operazione alla mano destra, lo ha costretto a disertare l’intera stagione sulla terra battuta; il secondo gli ha praticamente dimezzato la stagione autunnale. Matteo chiude così il 2022 retrocedendo di una decina di posizioni nella classifica.

Anche il giovane Jannik Sinner è sceso più o meno dello stesso numero di posizioni in classifica del romano. Ha giocato bene a Wimbledon dove ha perso al quinto set dal vincitore Djokovic e anche agli US open dove ha perso sempre ai quarti contro Carlos Alcaraz, che poi avrebbe vinto il torneo facendosi anche annullare un match point dallo spagnolo. Qualche rimpianto, belle imprese ma nel complesso non ci sono stati i miglioramenti nel gioco che tutti si aspettavano.

Chi registra un miglioramento nella classifica è sicuramente il ventenne Lorenzo Musetti che è saldamente il numero tre d’Italia. È cresciuto al punto da vincere il torneo di Amburgo in estate battendo in finale proprio Alcaraz. Lo spagnolo, nuovo numero uno del mondo anche per le vicissitudini dei migliori, è la vera novità della stagione appena conclusa.

Per chiudere l’Italia a novembre ha perso una sfortunata semifinale in Coppa Davis al cospetto del Canada che poi ha vinto la manifestazione e stata una grossa occasione persa Ma la squadra c’è, è solida e può riprovare già dal prossimo anno la scalata alla Coppa Davis.

Ci fermiamo qui, ma gennaio si avvicina, con gli Australian Open: da lì riprenderà il nostro racconto.

Buon tennis a tutti!

 

Danilo Gori

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Qualche sorpresa all’inizio, ma alla distanza il campione serbo impone la sua classe e inanella il trionfo personale numero sette. Kyrgios diverte, Nadal si infortuna e non gioca la semifinale; Sinner prenota un futuro da top player. Nel femminile ennesimo nome nuovo, Elena Rybakina. Un ricordo del grande giornalista e scrittore comasco.

Anche quest’anno Wimbledon ha proposto una carrellata di storie umane e vicende sportive mai banali, e lo ha fatto come di consueto attraverso il filtro della sua atmosfera senza tempo, sospesa; camminando nei vialetti che costeggiano i grounds la si può avvertire al punto che non ci sembrerebbe strano incontrare Fred Perry o Bill Tilden che si rilassano passeggiando con le loro racchette di legno o seguendo le gesta dei loro epigoni. Come ogni anno si rafforza il paradosso clamoroso di una superficie ormai quasi bandita dal circuito internazionale, ma sulla quale si gioca il torneo più prestigioso e amato.

GLI UOMINI

La storia che ritorna è certo quella di Novak Djokovic, il Meraviglioso. Il serbo eguaglia Pete Sampras con sette titoli, gli ultimi quattro consecutivi. Non è stato perfetto, ha iniziato perdendo il primo set in finale e in semifinale; nei quarti ha ceduto i primi due. Partenze lente, un motore da scaldare ma che, alla giusta temperatura, macina chilometri e avversari. L’arsenale proposto è quello che ben conosciamo: ritmo, preparazione atletica, colpi da fondocampo e discese a rete improvvise e impeccabili. A questi unisce una forza mentale mostruosa, che lo porta ad essere perfetto quando lo deve essere, a vincere i punti che contano; i suoi avversari sanno bene che fino all’ultimo Nole può tornare, può raddrizzare partite che paiono finite. Anche finali Slam, contro grandi campioni. E questo incide sulle paure di chi sta al di là della rete.

Nel discorso finale ha scherzato con il bad guy Kyrgios, lo ha elogiato per poi dire “non credevo che avrei parlato così bene di te” con l’australiano a ridere come un ragazzino. Alla proposta di Nick “let’s go nuts” (andiamo fuori di testa) Novak ha risposto: “cominciamo con una cena insieme, poi vediamo… sai, c’è mia moglie che ci ascolta”.

Rafa Nadal

La storia che poteva essere è quella di una finale con Nadal. Il campione spagnolo ha di nuovo spinto il suo fisico, non più integro come una volta, oltre la soglia del dolore e della sopportazione; alla fine di una battaglia nei quarti di finale con l’americano Taylor Fritz si è arreso ad uno strappo muscolare e si è ritirato, dando via libera a Kyrgios nelle semifinali. Rafa aveva deciso di venire a Londra per inseguire il Grande Slam, pur avendo bisogno di riposo dopo Parigi. Non si è sottratto allo sforzo e ha dato il massimo, non sapendo comportarsi altrimenti, senza fare calcoli. Tutta la nostra ammirazione per lui, e la speranza di vederlo di nuovo al top per settembre.

La storia di Nick Kyrgios si è presa la scena; il ragazzo di Canberra è riuscito a mostrarci la parte migliore di sé, ovvero il suo talento infinito. Il tocco di cui dispone lo ha portato a giocare volée e demivolée dal sapore antico, pallonetti assassini e accelerazioni che lui solo sa produrre. Anche in posture poco ortodosse, il suo braccio è riuscito a compensare, inventando traiettorie vietate ai più. Ha affrontato Tsitsipas con l’intenzione di provocarne le reazioni nervose, e il greco è caduto nel tranello: Tsitsi ha cercato di colpirlo più volte con la pallina e in conferenza stampa gli ha dedicato parole velenose, che Nick ha ricambiato.

Nick Kyrgios

È fatto così, showman non di rado più interessato al basket NBA che non al tennis, senza allenatore perché “nessun coach vorrebbe lavorare con uno come me, che oggi ha voglia e domani no”.

C’è la storia del futuro radioso del nostro Jannik Sinner. Dopo aver superato Alcaraz negli ottavi, nei quarti ha vinto i primi due set con Novak, per poi cedere al ritorno del serbo. Nessuno ha messo così in difficoltà il vincitore; Jannik sta crescendo di torneo in torneo e a settembre c’è lo US Open e la Coppa Davis, entrambi sul cemento, la superficie che più gradisce. Lo aspettiamo, insieme ovviamente a Matteo Berrettini, alla ricerca di rivincite.

Jannik Sinner

LE DONNE

La scorsa settimana avevo pronosticato come prima favorita la tunisina Ons Jabeur: la talentuosa e discontinua atleta africana ha sciorinato per tutto il torneo un gioco fatto di accelerazioni e ricami in tocco d’altri tempi, ed è parsa pronta per il titolo. Ma in finale sabato ha tremato. Il vero limite della Jabeur è l’animo pauroso, tara di diversi grandi artisti; dopo aver vinto il primo set per 63 si è gradualmente bloccata, ha smesso di colpire, limitandosi spesso a spingere la pallina. Troppo poco per Elena Rybakina. La tennista kazaka, nata e residente a Mosca, ha mostrato il suo gioco solido imperniato su una prima di servizio potente e due solidi colpi di rimbalzo da fondocampo. E una buonissima corsa: con queste armi ha disinnescato gli arabeschi della libellula tunisina e si è regalata un sogno. La finale non è stata bella, occorre dirlo; troppi errori da entrambe le parti, la tensione era alta per le due giocatrici, entrambe al primo appuntamento in una finale Slam. Esultanza minima, composta. Elena la Serafica.

Elena Rybakina

LO SCRIBA

I punti nella classifica ATP non saranno l’unico premio, né il più importante che mancherà al vincitore di quest’anno. Se è vero che le gesta degli eroi viaggiano e si fanno mito attraverso le pagine dei bardi, degli aedi e dei cantori più ispirati, all’appello di questi mancherà per la prima volta dopo quasi settant’anni la vigile e arguta attenzione di Gianni Clerici, venuto a mancare all’età di 91 anni poco più di un mese fa. Clerici, alias Lo Scriba, questo almeno era il suo vezzoso auto-soprannome, è stato un giocatore di valore non eccelso negli anni Cinquanta, che si è concesso a fine carriera agonistica alla propria inclinazione naturale di maestro della narrazione, fosse la cronaca di un incontro di tennis o il romanzo che gli suggeriva la perspicace osservazione dei suoi dintorni.

La collina di Brunate accompagna la passeggiata cittadina dei comaschi a lago sul versante orientale, quello dei locali notturni à la page che si contrappone al camminamento austero del lato ovest, picchiettato di splendide residenze che culminano con Villa Olmo; dallo scorso sei di giugno la collina ha un giornalista-scrittore-tennis hall of famer in meno. Clerici si fa conoscere al grande pubblico degli appassionati di questo sport commentando per Koper Capodistria quando negli anni Ottanta la stessa entra nel gruppo Fininvest. L’emittente comincia a trasmettere in diretta i più importanti eventi sportivi mondiali, in particolare i tornei del Grande Slam, che Mamma RAI snobbava. Con Rino Tommasi ha formato una coppia irripetibile dai microfoni dagli stadi più prestigiosi.

Clerici era lo spettatore divertito; a volte pareva lì per caso, per poi all’improvviso descrivere al rallenty un gesto tecnico e atletico con precisione assoluta. Distratto da ogni movimento captato attorno al rettangolo con la rete in mezzo, contrappuntava divertito il rigore delle statistiche di Tommasi, e uno appoggiava l’altro con stima e amicizia reciproca evidente. A me in particolare Clerici ha sempre comunicato la necessità tanto della leggerezza quanto del rigore nell’affrontare lo scambio, sul campo da gioco come soprattutto fuori. Una volta ebbe a definire Wimbledon come il Vaticano di questo sport, suggerendomi implicitamente che i comandamenti di questa misteriosa religione laica che è il tennis sono “non prendersi troppo sul serio” ed in sottordine “non dimenticare a casa il sorriso”; men che mai mentre ci apprestiamo a porre sullo scaffale il romanzo di Wimbledon 2022, edizione di storie che non dimenticheremo facilmente.

Gianni Clerici

Grazie Novak Il Meraviglioso ed Elena La Serafica, per i sogni.

E grazie anche a te, Gianni Lo Scriba. Per il medesimo motivo.

​di Danilo Gori

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Wimbledon prima settimana: aria di Djokovic-Nadal… strepitoso Jannik Sinner!

Con Berrettini positivo al covid e gli outsider più quotati già estromessi, salgono le probabilità di assistere ad una nuova sfida tra i pluridecorati campioni. Ma qualcuno non è d’accordo, e un azzurro è tra di loro… Nel femminile fuori la campionessa di Roland Garros.

Ogni tanto gli inglesi rinunciano alla tradizione, e subito fanno notizia: per la prima volta da sempre il middle sunday, la domenica di mezzo consacrata al riposo e al relax per gli abitanti del quartiere (non si pensi che tutti lì amino il tennis!), ha una programmazione. Domenica 3 luglio ricorre il centenario del Campo Centrale, ed ecco spiegato lo strappo; nel primo pomeriggio una parata di campioni e campionesse ha calcato tra gli applausi il terreno dello stadio più prestigioso del mondo. Alcuni nomi: Rod Laver, Stan Smith, Bjorn Borg, John McEnroe; Billie Jean King, Margaret Court. Assente Martina Navratilova, per questioni di covid. Al termine della cerimonia, spazio al tennis giocato.

Gli ottavi di finale, dunque, iniziano nella domenica del primo weekend. Ma cosa è successo in questi sette giorni? Di tutto.

Sappiamo bene della positività di Matteo Berrettini al coronavirus; il nostro portacolori ha scelto di effettuare il tampone a fronte di alcuni sintomi, da lui stesso definiti “non gravi”. I commenti alla sua decisione hanno spaziato dalle accuse di ingenuità alle lodi per l’alto senso civico. Chissà come si comportano altri suoi colleghi in circostanze simili; noi non lo sappiamo e propendiamo per rispettare in ogni caso una scelta sicuramente sofferta, che lo ha escluso da un torneo che avrebbe giocato da protagonista.

Le vicende sui campi invece stanno evidenziando l’ottimo stato di salute dei due favoriti. Djokovic ha superato senza tentennamenti i primi quattro turni, peraltro con avversari per lui non trascendentali; ha perso solo due set, nel match d’esordio e negli ottavi, con l’olandese Van Rijthoven. Anche Nadal ne ha persi due, ma in tre incontri. Nel terzo ha avuto la meglio sabato del nostro Lorenzo Sonego, bravo comunque nel provarci contro il motivatissimo spagnolo che sta sognando di vincere il Grande Slam: gli mancano solo Londra e New York.

Novak Djokovic

Intorno a loro gli sfidanti più accreditati si stanno facendo da parte: tutte le teste di serie dalla terza alla ottava hanno già detto arrivederci e grazie: detto di Berrettini, hanno perso Auger-Aliassime, Hurkacz e Tsitsipas.  Ruud è caduto al secondo turno, e Alcaraz negli ottavi giocati proprio il 3 luglio, e tra poco ne parleremo.

Chi dobbiamo nominare tra i possibili fastidi per i duellanti? Sicuramente il folle e geniale Nick Kyrgios. È il più richiesto, con lui ci si diverte e ci si indigna: butta via punti già conquistati, polemizza con il pubblico, con chi lo contesta, con i giudici di linea, con il suo angolo, con sé stesso. Serve dal basso, colpisce la pallina con la racchetta tra le gambe, irride e accetta l’irrisione da parte dell’avversario.  L’australiano sembra un McEnroe più scanzonato e divertente; a volte dà l’impressione di voler solo combattere l’ansia che lo prende nei momenti decisivi, ed infatti per ora il palmares è piuttosto misero per il suo talento. Ma dopo aver sconfitto in un match incredibile Stefanos Tsitsipas, ha dichiarato sabato di voler vincere la coppa. Alla grande, Nick.

Nick Kyrgios

Taylor Fritz è poco noto, ma quest’anno ha vinto a Indian Wells, e sta giocando bene. L’inglese Cameron Norrie è la nona testa di serie; viene da un periodo non felice ma zitto zitto è già nei quarti di finale, per la gioia del pubblico british orfano di Andy Murray, qui sconfitto al secondo turno.

Impossibile non citare tra questi outsider il nostro alfiere Jannik Sinner. Prima dell’inizio della kermesse non aveva vinto un solo incontro sull’erba; in questa settimana ne ha fatti suoi già quattro. Ha cominciato con Stan Wavrinka, e Michael Ymer; ha superato poi senza mai concedere palle-break il bombardiere americano alto più di due metri John Isner. Il capolavoro lo ha però compiuto nel giorno del centenario: ha battuto il giovane Carlos Alcaraz in quattro set. Ha dominato con i suoi colpi di rimbalzo le prime due frazioni, per poi subire il ritorno del diciannovenne iberico. Nel tie-break del terzo Jannik ha concesso tre set-point e li ha cancellati con classe. Si è procurato a sua volta due palle del match, ma Alcaraz ha reagito con temperamento da campione, e ha successivamente chiuso il game decisivo per 10 a 8.

Sinner è riuscito a dimenticare la delusione e nel quarto si è trovato a condurre per 3 a 1. È salito a quattro dopo un game durissimo, ed ha chiuso al nono gioco e al sesto matchball. Risultato finale: 61 64 67 63. È la sua prima vittoria nei confronti dello spagnolo in una rivalità che certamente ammireremo a lungo. Magnifico! Ora nei quarti trova Novak Djokovic; non parte favorito, ma Nole dovrà porre la giusta attenzione se intende proseguire verso la finale.

TORNEO FEMMINILE

Avevamo paventato problemi erbosi per la numero uno Iga Swiatek, e la polacca è caduta sabato sotto i colpi della tennista transalpina di lungo corso Alize Cornet. Ha commesso 33 errori non forzati, contro i solo sette dalla francese, ha iniziato male e finito peggio, forse stanca anche mentalmente: si ferma a 37 la sua strepitosa striscia di incontri vinti. Resta la migliore, ma sul verde è rimandata a… luglio prossimo.

Si apre un nuovo torneo, con dodici giocatrici, tra cui solo una, la rumena Simona Halep, ha già vinto un major. Quasi tutte hanno una piccola chance; oltre alla già menzionata Halep credo meritino attenzione la campionessa di Madrid e finalista di Roma Ons Jabeur e Paula Badosa. La prima sta avanzando spedita, molto ammirata per i suoi colpi eleganti e old school, così efficaci sul verde; la seconda è meno avvezza alla superficie, ma sta crescendo ed è pur sempre la testa di serie numero quattro. È alta la probabilità che ci sia una vincitrice al primo successo in uno Slam.

Paula Badosa

È un peccato che in un periodo storico così… anarchico del tennis femminile, una giocatrice di talento come Camila Giorgi non riesca a giungere in fondo in un torneo importante: qui è uscita all’esordio senza lottare in due set contro la polacca Magdalena Frech, che è già stata a sua volta eliminata.

Per ora è tutto: i campioni ci sono ancora, c’è anche un italiano anche se ce ne aspettavamo un altro. Ci saranno sorprese o prevarranno le star consolidate? Per certo sarà grande tennis, quello che ogni anno a inizio luglio fa tappa sui giardini di Londra. A presto!

di Danilo Gori

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

In volo su Wimbledon con Matteo Berrettini, l’amico ritrovato

Pensieri liberi a pochi giorni dalla partenza del torneo più prestigioso del calendario. L’esclusione di russi e bielorussi, l’ATP che risponde togliendo ai championships i punti-classifica; gli organizzatori che alzano il montepremi. Sullo sfondo, i giocatori. Soprattutto uno, gentleman Matteo.

Matteo è stato via. Per 84 giorni. Sul cemento di Indian Wells a marzo ha dovuto ritirarsi al cospetto di Kecmanovic. Il dolore alla mano destra imponeva una decisione drastica e tempestiva, e la soluzione poteva essere solo di tipo chirurgico.

E così è stato. Una corsa contro il tempo, un sacrificio necessario quello della intera stagione sulla terra rossa, compreso l’amatissimo torneo nella sua città, quegli Internazionali D’Italia al Foro Italico che attendono un vincitore italiano dal lontano 1976, quando a trionfare fu un altro romano, Adriano Panatta. Obbiettivo: rientrare in tempo per il circuito sul verde.

Italiano atipico Matteo. Interrompe la teoria di giocatori nostrani ancorati alle logiche del polveroso tennis su mattone tritato con i suoi rimbalzi alti e le rotazioni estreme, per adattarsi come un australiano agli happening sull’erba; ai rimbalzi bassi e irregolari, sfuggenti e traditori, agli scambi più corti e alle tentazioni di scendere a rete come un volleatore d’altri tempi. Persino alle atmosfere inglesi compassate, ai siparietti per divertire la platea britishanche fuori dal Regno Unito; come se lo spettatore del gioco sui prati fosse diverso, più propenso ad una inconscia allegria generata forse dall’ambiente agreste, dallo strawberry and cream che fa molto classy picnic.

Matteo è stato via. Strano destino, il suo. A ventitré anni nel 2019 finisce la stagione nella top ten; gioca la semifinale agli US Open venendo superato solamente da Nadal, e a fine anno si qualifica per le ATP Finals. Nel girone eliminatorio vince una partita, primo italiano di sempre a riuscirci.

Matteo Berrettini a Wimbledon

Ma il 2019 è anche l’anno di Jannik Sinner; il diciottenne altoatesino vince il Next Gen, una sorta di Masters tra i migliori giovanissimi del circuito. In molti, colleghi compresi, gli pronosticano un futuro da numero uno: “in prospettiva è più forte di Berrettini”, “dominerà il circuito”. E già che ci siamo, si parla anche di Lorenzo Musetti, classe 2002, un ragazzino che gioca con il tocco magico.

Matteo, appena festeggiato per i successi raggiunti, sembra già vecchio, ed in prospettiva superato dai due prodigiosi teenager. Ma non ci fa caso, forse anche perché sa che i due hanno più talento di lui; ma sa anche che la sua voglia di arrivare è tale da colmare ogni tipo di divario tecnico, ed è sufficientemente salda da continuare a parlare al suo sogno di gloria. E tre anni dopo, oggi, a pochi giorni dall’inizio di Wimbledon, può guardare con fiducia alle sei partite che lo separano dalla finale, traguardo da lui raggiunto l’anno scorso. Chi si era dimenticato di lui è servito.

L’otto di giugno rientra a Stoccarda; gioca quattro partite e vince il torneo; perde tre set, non pochi, manca ovviamente di continuità. Ma serve 65 ace e perde il servizio solo tre volte. Nella settimana seguente al prestigioso Queen’s di Londra perde un solo set e trionfa sommerso dall’affetto dei Londoners; nel discorso del vincitore parla dell’operazione alla mano e sorride dicendo “a noi italiani piace lamentarci un po’” tra le risate del pubblico che ama the italians purchè gli vengano raccontati attraverso i cliché più triti e rassicuranti. Poi fa i complimenti per la carriera a Sue Barker, sessantaseienne ex giocatrice e giornalista alla BBC prossima alla pensione. “Such a nice guy”, dirà poi la signora.

Wimbledon

Romano come Nicola Pietrangeli e come Adriano Panatta, i due più forti connazionali. Ma senza l’atteggiamento spavaldo e mattacchione del primo, e la simpatia e la verve polemica del secondo. Senza il loro braccio d’oro forse, ma con una dedizione maggiore al sacrificio.

Tecnicamente il suo feeling con l’erba si spiega con il suo ottimo rovescio slice, ossia portato con movimento dall’alto verso il basso; in questo modo il suo colpo meno forte, il rovescio appunto, diventa un’arma in più, potendo contare sull’esecuzione tagliata, che produce un rimbalzo molto basso e mette sulla difensiva l’avversario. Sui campi erbosi picchiare forte è meno importante che non imprimere effetti che, complice la superficie, rendono il colpo difficilmente controllabile al contendente.

​IL TORNEO

Al momento in cui scriviamo sono già state sorteggiate le prime sedici teste di serie. Assente il numero uno del mondo Daniil Medvedev, gli inglesi hanno saggiamente messo come primi due favoriti Djokovic e Nadal, dividendone i percorsi fino a non prima della finale. In questo Wimbledon è già meglio di Parigi.

Come tre e quattro ci sono invece due giocatori di valore ma non amanti dell’erba: Casper Ruud e Stefanos Tsitsipas: il primo non ha mai vinto una sola partita a Londra, il secondo ha raggiunto una volta gli ottavi nel 2018, per poi raccogliere solo delusioni. Il numero cinque di Carlos Alcaraz pare un azzardo per il giovane spagnolo, di sicuro avvenire ma per cui il verde è ancora un’incognita.

Il successivo tris appare meglio equipaggiato per i prati: Felix Auger-Aliassime, Hubert Hurkacz, vincitore domenica scorsa a Halle, e infine Matteo nostro. Ritengo assurdo porre sul terzo scranno lo spaesato Ruud e all’ottavo Berrettini, per puro ossequio alla classifica generale; si comprende bene l’importanza del ranking, ma la brevità della stagione verde e le peculiarità del suo gioco potrebbero meritare graduatorie avulse, che in qualche modo premino maggiormente stato di forma del momento e risultati ottenuti on grass.

Come è noto, il triste scenario della guerra in Ucraina ha portato gli organizzatori ad escludere tennisti russi e bielorussi. L’associazione dei giocatori per rappresaglia ha tolto i punti destinati ai partecipanti, con la conseguenza che chi è andato bene l’anno scorso, ora perderà quel punteggio e non lo rimpiazzerà nemmeno vincendo. È il caso, tra gli altri, di Berrettini.

Gli organizzatori hanno deciso di alzare il montepremi, per mettersi al riparo da eventuali boicottaggi per solidarietà da parte di altri giocatori: dai 35 milioni complessivi del 2021 si passa ai 40 del 2022, due milioni a testa per i vincitori dei singolari. Roba da ricchissimi.

A prescindere dai soldi, noi guarderemmo il tennis di Church Road anche senza montepremi, spalti e raccattapalle, che è poi il torneo delle prime edizioni centocinquanta anni fa, quando partecipavano solo inglesi vestiti come dei dandy nel pieno dei loro pomeriggi ricreativi.

Altri tempi, stesso fascino. Signore e signori, Wimbledon.

di Danilo Gori