Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Con Parigi alle porte, l’asso di Belgrado Djokovic torna implacabile e vince il torneo senza perdere nemmeno un set; ancora più netto nel femminile il percorso trionfale di Iga Swiatek.

A tabelloni già compilati gli organizzatori hanno dovuto incassare il no gracias di Carlos Alcaraz, il quale, smaltita l’adrenalina della clamorosa vittoria a Madrid di cui vi abbiamo parlato lunedì scorso, si deve esser reso conto di quante energie si debbano spendere per battere i migliori al mondo. Ha così deciso di concedersi una settimana di riposo per prepararsi all’attacco della cima più impervia del circuito sul mattone rosso: il Roland Garros che scatta lunedì 23. Peccato per il nostro torneo, ma credo si possa capire la sua scelta.

Tirando le somme ci siamo divertiti lo stesso, e la finale è stata anche più interessante di quella madrilena.

Novak Djokovic pone il suo sesto sigillo romano, corredato da dodici finali complessive (la prima nel 2008, vinta con lo svizzero Stan Wawrinka); si può senza dubbio dire che il serbo è tornato ai suoi livelli migliori o quasi, e il Roland Garros, con le sue partite al meglio dei cinque set, a mio parere lo vedrà ancora come il favorito numero uno, Rafa permettendo (e magari anche Alcaraz). Gli altri possono centrare l’exploit di una giornata, ma appaiono un gradino sotto.

Tra le donne abbiamo avuto un maggior numero di protagoniste di alto livello che non a Madrid, prima di tutte la numero uno del seeding, la polacca Iga Swiatek, e la piacevolissima conferma di Ons Jabeur, che ha saputo esprimere il proprio meglio anche a Roma, denotando un coraggio non comune e una grinta ferina. La polacca succede a sé stessa nell’albo d’oro del torneo e firma il suo quinto successo complessivo nel 2022.  È la regina di Roma: nel 2021 superò in finale Katerina Pliskova per 60 60! La favorita di Parigi è ovviamente lei; con le sue rotazioni estreme riesce a imporre un forcing intollerabile per chiunque. Diventata la numero uno del mondo per il ritiro improvviso di Ashleigh Barty, sta dimostrando di meritarsi ampiamente il ranking. Un’ultima curiosità su di lei: è la prima numero uno del mondo nata in questo millennio (nel 2001).

TORNEO MASCHILE

Al traguardo dei quarti di finale spicca l’assenza di Rafa Nadal: il maiorchino aveva sconfitto al primo turno l’americano John Isner con tale facilità che si era concesso un allenamento extra nel dopo partita. Non si era stancato abbastanza, beato lui. Negli ottavi è incappato in un tennista assai scomodo, il canadese Denis Shapovalov. Il biondino classe 1999 lo ha sempre messo in difficoltà; lo aveva già battuto in una occasione, e a gennaio a Melbourne si era arreso solo al quinto set. Qui “Shapo” dopo aver perso il primo set per 6 a 1, ha trovato la giusta pazienza (qualità che spesso gli difetta) e ha risposto colpo su colpo al campione iberico, che ha finito calando: 16 75 62 il risultato finale per il talento nordamericano. Nadal ha confermato davanti alla press alcuni problemi ormai cronici alle ginocchia; vedremo come e se ne influenzeranno il cammino di avvicinamento verso Parigi.

Nei quarti di finale Djokovic supera non senza difficoltà Felix Auger-Aliassime in una contesa balisticamente assai apprezzabile, mentre Zverev tiene a bada il cileno Cristian Garin; Tsitsipas si libera in due set di Jannik Sinner (ne parlo poi) e Casper Ruud ferma la corsa di Shapovalov, che può recriminare su uno sfortunatissimo “nastro” favorevole al suo avversario in un punto capitale della prima frazione.

Le semifinali vedono “Djoko” battere Ruud in due set ed entrare nel club dei tennisti che hanno vinto almeno mille partite ufficiali: prima di lui ci sono riusciti solo Jimmy Connors, Ivan Lendl, Roger Federer e Rafa Nadal. Nella seconda il greco Tsitsipas si prende la rivincita su Zverev, che una settimana prima lo aveva superato a Madrid.

La finale si spacca in due parti: nel primo set un Djokovic perfetto in tutti gli aspetti e con percentuali clamorose al servizio nasconde la pallina al numero quattro del mondo, battendolo per 6 a 0. Tsitsipas esordisce al servizio nel secondo e vince il suo primo game. Finalmente al quarto gioco strappa il servizio al serbo, e si porta sul quattro a uno; nel quinto gioco ha persino una palla per il 5 a 1, che Novak annulla con un cross di rovescio strettissimo.

Come sovente accade, il campione che è stato sull’orlo di cadere, quando si rialza imprime al suo tennis una carica rinnovata che gli permette di uscire dalla buca. Subisce il 5 a 2 ma si riporta in pochi minuti sul 5 pari. Si va al tie-break, e il greco deve quasi sempre inseguire, fino all’epilogo favorevole al serbo per 7 punti a 5.

TORNEO FEMMINILE

Fino alle semifinali Iga Swiatek ha perso diciassette game in otto set; ha dominato tutte le avversarie imponendo un ritmo insostenibile. Ha giocato il tie-break solo una volta, con Bianca Andreescu, vincendo il secondo set per 6 a 0. In semifinale ha lasciato solo tre giochi ad una Sabalenka, numero tre del seeding, via via sempre più frustrata.

Viceversa, la finalista tunisina ha vissuto assai pericolosamente: nei quarti di finale si è lasciata travolgere dalla greca Maria Sakkari fino al 61 52. Da lì in poi Jabeur ha perso solo un gioco; ha irretito l’avversaria con accelerazioni e palle corte, nel secondo set ha colto il punto del 5 a 4 con una volèe smorzata difficilissima e ha chiuso il set con un’altra volèe di dritto, dopo aver portato a rete la greca con l’ennesimo drop shot (appunto, la palla corta che pratica come nessun’altra collega). Il set decisivo non ha avuto storia. In semifinale contro la russa Daria Kasatkina la nordafricana ha dovuto fronteggiare un matchball e lo ha cancellato con un dritto inside out (colpito dal centro con direzione a “uscire” ossia verso destra, per chi gioca con la mano destra) che ha spazzolato la riga.

La finale ha confermato lo stato di grazia della numero uno; la Swiatek ha servito meno bene che nei turni precedenti, ma ha risposto con una continuità che ha travolto la finalista. Il risultato finale di 62 62 è ingeneroso con la Jabeur. Sul 4 a 2 le finaliste hanno dato vita ad un gioco straordinario: la tunisina è salita 0-40, ha subito la rimonta della polacca ma ha saputo conquistare una quarta palla break, che la Swiatek ha cancellato dopo uno scambio ricco di soluzioni in tocco da entrambe le parti. Un lungo applauso ha salutato la fine del game. Vinto il matchpoint, Iga si è abbandonata ad un pianto liberatorio; forse vincere non è stato così facile come dicono i numeri della partita.

GLI ITALIANI. Jannik Sinner era testa di serie numero dieci; si è issato fino ai quarti di finale, tra l’altro eliminando Fabio Fognini al secondo turno. Lì è incappato nel finalista Tsitsipas, che ha costretto al tie-break nel primo set; perso il gioco decisivo, l’altoatesino ha ceduto per 62 il secondo. In conferenza stampa ha parlato di un problema all’anca che lo ha condizionato nel finale, in ogni caso una buonissima edizione del Foro Italico per lui. Per il resto poco o niente: Fognini ha battuto Thiem, ex campione lontanissimo dalla forma migliore, per poi cadere davanti a Sinner. Poi tutte sconfitte dei giovanissimi Nardi, Cobolli, Arnaldi e Passaro, chiusi dal pronostico, e di Sonego, sorteggiato subito con Shapovalov.

Tra le donne bilancio disastroso: Camila Giorgi si è ritirata mentre era nettamente sotto nel punteggio al primo turno con Alja Tomljanovic, poi Cocciaretto, Paolini, Trevisan e Bronzetti hanno perso velocemente i loro match d’esordio. Dieci set giocati, altrettanti persi: all’orizzonte per il nostro tennis rosa si prevedono tempi di vacche magre magre.

Ora riflettori sui campionati francesi, il cui debut è previsto tra sette giorni: Djokovic, Nadal e Alcaraz i miei favoriti nell’ordine, mentre al momento nel femminile è difficile trovare un nome da accostare a Iga Swiatek. Ma si sa, i pronostici sono fatti per essere smentiti…

¡Hola Carlitos! A Madrid scocca l’ora di Alcaraz!

¡Hola Carlitos! A Madrid scocca l’ora di Alcaraz!

¡Hola Carlitos! A Madrid scocca l’ora di Alcaraz!

Djokovic cresce, Nadal è eroico, ma al “Mutua Madrileña” l’ultima parola è del baby prodigio della Murcia. Nel femminile si impone Ons Jabeur.

Gli organizzatori della manifestazione si stanno fregando le mani: l’edizione 2022 ha confermato la statura di futuro campione del nuovo idolo di casa, il diciannovenne Carlos Alcaraz. Il murciano negli ultimi due mesi ha vinto Miami, Barcellona e ora Madrid, e la Spagna tennistica ha compreso che non ci saranno problemi per la successione al trono di Rafa Nadal. Ora gli manca solo la consacrazione in un major, magari già al Roland Garros. Certo, a Parigi si gioca tre set su cinque, ma i progressi del ragazzo sono così rapidi che non ci stupirebbe trovarlo tra i protagonisti anche sul Bois de Boulogne. In fondo Andre Agassi giocò la semifinale nel torneo in riva alla Senna a diciotto anni.

Carlos Alcaraz e Rafael Nadal

Alcaraz ha mostrato, oltre al valore tecnico indiscutibile, una personalità straordinaria, che lo ha portato in ventiquattrore ad affrontare e a battere in due autentiche battaglie nientemeno che Djokovic e Nadal, restando in campo più di cinque ore. Insomma, alla sua età ha superato due leggende dello sport e ha saputo ricaricarsi dal punto di vista mentale e nervoso come solo i califfi sanno fare.

Il livello di qualità dell’albo d’oro viene così mantenuto; negli ultimi tredici anni solo grandi campioni hanno sollevato il trofeo. Lo spagnolo succede al finalista di quest’anno, il tedesco Alexander Zverev.

Discorso diverso per il torneo femminile: ha vinto la tunisina Ons Jabeur. La nordafricana esprime un gioco piacevole, potente ma capace anche di tocco e di variazioni di ritmo e rotazione davvero interessanti. Unite a queste qualità ha però spesso denunciato incostanza di rendimento anche durante la singola partita; un fisico non propriamente esplosivo completano il quadro di una giocatrice forte, non certo di una campionessa.

Il tennis femminile è alla ricerca di una regina, di una giocatrice che si stacchi dal gruppo e si segnali per costanza di risultati; un nome che sia un richiamo per tutto il movimento davanti al grande pubblico. Oggi il livellamento degli standard di gioco ha generato un gruppo di giocatrici fortissime ma non troppo diverse le une dalle altre, con il risultato che a vincere è spesso la tennista più in forma del periodo. L’appannamento della migliore condizione coincide con il rientro della vincitrice nel gruppo; sul trono degli ultimi venti tornei del Grande Slam si sono succedute quattordici tenniste diverse! In campo maschile i nomi sono solo cinque, e tre di questi cinque ne hanno vinti diciotto!

La precedente numero uno, l’australiana Ashleigh Barty, sembrava avere tutto per imporsi, ma si è improvvisamente ritirata meno di una settimana prima dell’inizio di Miami, semplicemente per mancanza di nuovi stimoli. La nuova numero uno, la polacca Iga Swiatek, è campionessa uscente a Roma e ha già vinto a Parigi. Sarà lei la nuova tennista da copertina?

TORNEO MASCHILE

Ai quarti di finale approdano sette delle prime otto teste di serie, con il polacco Hurkacz unico “intruso”, ma pur sempre numero dodici. Il clou è il derby Nadal-Alcaraz; i due si spartiscono i primi due set con punteggi netti, ma nel terzo i colpi migliori sono del ragazzo di Murcia, che conquista meno palle break del maiorchino, ma ne trasforma di più: segno di precocissima capacità di giocare al meglio i punti decisivi, pur al cospetto del maestro in questo settore del gioco. Nadal nei momenti decisivi del terzo è sembrato affrontare non sempre nel modo migliore lo scambio, come per esempio nel matchball, quando è sceso a rete con un diritto al volo troppo corto, favorendo così uno splendido passante in corsa del chico. Nadal al termine masticava amaro, ma era pur sempre al rientro dopo la frattura da stress alle costole occorsagli a marzo a Indian Wells; nel turno precedente aveva annullato quattro matchball al belga Goffin nel tripudio di un centrale impazzito. La sua ripresa prosegue bene e in Francia sarà verosimilmente il solito, terribile babau.

Per il resto Djokovic supera agevolmente Hurkacz, Zverev si impone in due set su Auger-Aliassime e Tsitsipas mostra bagliori di grande talento contro il russo Rublev, strappando l’ultimo biglietto per le semifinali.

La prima è Djokovic-Alcaraz; incontro di altissima intensità, risulterà il match più bello della settimana e dell’intera stagione sul rosso. Nel primo set Alcaraz ottiene il break subito, ma deve cederlo poco dopo; al tie-break vince il serbo, che si lascia andare a un’esultanza che ne denuncia il nervosismo. Nel secondo il servizio viene difeso per undici game di fila, poi lo spagnolo sale 15-40 sul servizio Djokovic, e conquista la frazione con un passante di dritto in corsa che fa crollare gli spalti. Nel terzo non ci sono break fino al 6 a 6, ma il serbo deve cancellare un matchball con un servizio vincente. Il game decisivo se lo aggiudica per 7 a 5 Alcaraz, e Novak si complimenta calorosamente durante la stretta di mano.

Nella seconda semifinale la solidità di Zverev ha la meglio su uno Tsitsipas apparso a tratti sulle gambe.

La finale è stata l’unica nota stonata del torneo, nel senso che non c’è mai stata partita. Carlitos, assolutamente non pago di essere arrivato fin lì, ha giocato come una macchina; contro Zverev in un’ora di gioco non ha mai perso il servizio né concesso palle break, cedendo solo sei punti sulla sua battuta. Ha invece tolto quattro volte il servizio all’impotente tedesco, dominandolo dall’inizio alla fine e dicendogli infine adiòs con un eloquente 63 61.

TORNEO FEMMINILE

 Come detto ha vinto Ons Jabeur, ottava favorita del tabellone e migliore testa di serie dei quarti (tra i maschi Alcaraz era la numero nove, ma con sette giocatori meglio piazzati di lui; anche da queste cifre si intuisce il diverso livello dei due tornei). La tunisina non ha quindi dovuto battere nessuna giocatrice meglio classificata di lei; ha perso in tutto tre set, curiosamente in due di queste occasioni ha subito il cappotto 60.  Contro la Gracheva ha conquistato complessivamente meno punti dell’avversaria, in finale ha concluso il conto in pari, annullando un setball nella prima frazione a Jessica Pegula. Tutte dimostrazioni di intelligenza e sangue freddo. Nella settimana madrilena ha messo in mostra il suo tennis come detto elegante e ricco di soluzioni in tocco, bagaglio tecnico ormai non molto gettonato nell’epoca delle bordate vincenti da fondocampo; in particolar modo la palla corta, di cui è forse la miglior interprete in questo momento. Chapeau davvero a lei, che ha saputo raggiungere il suo successo più bello a quasi ventotto anni, e un augurio di sapersi confermare a simili livelli: il tennis femminile ne ha bisogno.

Ons Jabeur

GLI ITALIANI

 Tre le presenze azzurre. Lorenzo Sonego ha perso al primo turno in due set da Jack Draper, che ha poi fatto poca strada trovando la porta chiusa nel turno successivo con Zverev. Non è un gran periodo per il torinese, che lunedì 9 sarà già in campo nel torneo del Foro Italico per risollevare una stagione sul rosso piuttosto deludente. Lorenzo Musetti ha passato due turni di qualificazione, poi ha battuto due avversari nel tabellone principale, tra cui il temibile Sebastian Korda. Si è ritirato per un risentimento alla coscia nel match contro il finalista Zverev. Tutto normale quindi, purtroppo mentre scriviamo Il giocatore con un post su Instagram annuncia che il problema fisico lo costringerà a rinunciare a Roma.

Jannik Sinner ha superato anch’esso due turni, annullando due matchball a Tommy Paul, ma si è arreso nettamente contro il quotato Auger-Aliassime. Nulla di vergognoso per lui, ma il punteggio netto della sconfitta conferma che ancora non si è ripreso dai problemi di vesciche che lo tormentano da alcune settimane.

Tra le donne presenti Camila Giorgi e Jasmine Paolini: entrambe battute al primo turno dalle finaliste del torneo. Perlomeno non si può dire che chi le ha superate non ha fatto strada…

Per Madrid è tutto, non ci resta che accostarci al torneo italiano più importante del calendario: arrivederci a Roma da lunedì 9!

​di Danilo Gori

Atp Montecarlo: il principe è ancora Stefanos Tsitsipas

Atp Montecarlo: il principe è ancora Stefanos Tsitsipas

Atp Montecarlo: il principe è ancora Stefanos Tsitsipas

Il 23enne greco bissa il successo dello scorso anno. Male Djokovic

Il primo torneo Master 1000 sulla terra rossa europea vede iscrivere nel proprio Albo d’Oro la firma di Stefanos Tsitsipas; il ventitreenne greco riesce così a bissare il titolo dello scorso anno, quando trionfò nella asettica cornice del campo centrale del Country Club, con le tribune vuote per le restrizioni dovute alla pandemia.

Ambiente fortunatamente diverso per l’edizione 2022, con gli spalti del centrale dedicato a Ranieri III Grimaldi traboccanti di pubblico, pronto a rendere il dovuto omaggio al campione ellenico.

IL VINCITORE. Tsitsipas ha proposto il suo miglior tennis, confermando una naturale predisposizione per le superfici lente; tecnicamente questo si spiega con il suo gioco classico, con il rovescio giocato a una mano sola (è l’unico top ten che non lo esegue a due mani!) ed i colpi portati con una preparazione ampia; il rimbalzo alto della pallina gli concede infatti più tempo per ottenere il massimo dell’efficacia dal suo gioco. La statura superiore al metro e novanta e una preparazione atletica di primissimo ordine gli consentono anche di difendere la rete con risultati eccellenti.

In finale ha superato lo spagnolo Alejandro Davidovich-Fokina, avversario eliminato anche l’anno scorso nei quarti. Quest’ultimo si è aperto la strada con il suo robusto dritto e con doti di corsa notevoli; ha probabilmente tremato quando si è trattato di vincere in due set la semifinale ed ha dovuto compiere gli straordinari nel terzo, ma ha comunque chiuso con autorità.

Nell’incontro decisivo Tsitsipas ha imposto la sua maggior classe nel primo parziale, vinto 63; nel successivo la seconda palla di servizio del greco ha perso di efficacia e l’iberico ha portato la sfida al tie-break, che Stefanos si è aggiudicato agevolmente per 7 punti a 3.

Il greco compie il capolavoro nei quarti di finale contro l’argentino Diego Sebastian Schwartzman, giocatore brevilineo e dotato di eccelso gioco di gambe. Il campione in carica vince abbastanza facilmente il primo set, ma subisce il ritorno del “peque”, che si aggiudica la seconda frazione al tie-break e si porta sul 4 a 0 in quella decisiva. Partita chiusa? Nemmeno per sogno; Tsitsipas, che terminerà il match appoggiato alla rete a riprendere fiato per stringere la mano al gaucho col nome teutonico, mette in fila sei giochi e nel penultimo punto scende a rete e si tuffa sulla sua destra per intercettare un passante mortifero dell’avversario. Ne esce una volée smorzata di rovescio degna del miglior Boris Becker, che l’audience presente saluta con un boato.

RIENTRI E ASSENZE. Il torneo ha salutato il ritorno all’attività per Novak Djokovic. Il serbo numero uno del mondo era stato escluso a gennaio dal torneo di Melbourne per la sua volontà di non vaccinarsi contro il Covid-19, e da allora aveva disputato solo il torneo di Dubai, che non prevedeva obblighi sanitari. A Montecarlo ha perso al primo turno denunciando limiti di tenuta atletica, cedendo comunque al finalista della manifestazione; c’è da scommettere che presto lo rivedremo al massimo della forma, magari proprio a Roma in maggio.

L’entry list monegasca denunciava alcune assenze importanti: oltre a Roger Federer, che si è recentemente dichiarato fiducioso in merito ad un suo rientro in autunno dopo gli interventi al ginocchio, anche Daniil Medvedev (ernia) e Rafa Nadal (frattura da stress a una costola) hanno marcato visita.

PROTAGONISTI E ITALIANI. Detto di Djokovic, il secondo favorito del torneo Alexander Zverev si è issato fino ai quarti di finale perdendo solo un set, ma la battaglia contro il nostro Jannik Sinner ne aveva segnato il fisico, ed il giorno seguente ha ceduto nella semifinale in due set a Tsitsipas.

 

Il match più bello ed emozionante ex-aequo con Tsitsipas-Schwartzman, sperando non ci faccia velo un minimo di amor di patria, è stato infatti la sfida tra Jannik Sinner e Zverev; l’altoatesino, in difficoltà per problemi di vesciche, ha tenuto il campo in maniera ammirevole. In tre ore e sette minuti di gioco l’italiano vince il primo set rimontando da una situazione di 4 a 1 per il tedesco; mulinando il suo dritto come un ossesso porta a casa la frazione per 7 a 5. Nel secondo set Zverev rompe l’equilibrio al settimo gioco e pareggia il conto. Nella frazione decisiva più volte Zverev strappa il servizio a Jannik, ma il nostro portacolori ribatte colpo su colpo, forzando la conclusione della partita al tie-break. Sul 4 a 3 in suo favore ed il servizio in mano però un suo diritto d’attacco finisce in rete e consente il pareggio al tedesco, che poco dopo chiude grazie ad un rovescio sempre in rete di Sinner.

Grande e sfortunata prova per Jannik, che però conferma i miglioramenti e in generale le speranze che il movimento italiano ripone in lui.

Bene anche un altro italiano, il ventenne Lorenzo Musetti. Con il suo tennis ricco di talento e di variazioni di ritmo il giovanissimo toscano ha superato due turni; tra le sue vittime la testa di serie numero sei il canadese Felix Auger-Aliassime.  Negli ottavi si è arreso dopo tre set ad un infaticabile Schwartzman. Poco male: se continuerà a crescere tecnicamente e verrà amministrato con giudizio nella scelta degli impegni agonistici, saprà darci soddisfazioni.

Male invece il veterano Fabio Fognini; ha pescato al match d’esordio niente di meno che il futuro vincitore della competizione ed è stato annichilito: 63 60.

La stagione sul rosso prosegue ora con l’ATP 500 di Barcellona, che mentre scriviamo ha già dato il via agli incontri di primo turno; il favorito è proprio Tsitsipas. Nella settimana successiva avremo il secondo Master 1000 della stagione, Il “Mutua Madrilena”, con un parterre de roi di altissimo livello.

 

di Danilo Gori

Henri “Riton” Leconte: il “Divin Sciupone”

Henri “Riton” Leconte: il “Divin Sciupone”

Henri “Riton” Leconte: il “Divin Sciupone”

Nonostante l’immenso talento, non troveremo il suo nome tra i vincitori delle quattro prove del Grande Slam. Eh no, qualcosa prima della finale andava sempre storto…

Simpatico, sorriso da canaille; talentuoso e fragile, amante del tennis e della bella vita, sciocco e commovente, braccio incredibile in un fisico non da atleta, per un tennista senza troppa voglia di diventare atleta. Signori: Henri Leconte da Lillers.

Quando vogliamo capire quali siano gli atleti più forti in una qualsivoglia disciplina sportiva, prima di tutto ci chiediamo: “Chi vince?” E subito andiamo a cercare gli albi d’oro delle competizioni più importanti, imparando qualche nome. Naturale, veloce; ma, inevitabilmente, un’indagine incompleta.

Leconte è stato depositario di un gioco estremamente rischioso. Mancino, capace di accelerazioni da fondocampo micidiali, sia di diritto che di rovescio, rimaneva in attesa del momento propizio per scendere a rete e chiudere lo scambio con un colpo di volo o mezzo volo di rara maestria. Completavano il suo arsenale una cannonball di servizio, con la palla lanciata molto “bassa”, e capacità acrobatiche non da poco.

Ma dunque? Vittorie quante?

Non troveremo il suo nome tra i vincitori delle quattro prove del Grande Slam. Eh no, qualcosa prima della finale andava sempre storto per il Nostro. Solo in un caso, a Parigi nel 1988, Henri partecipa all’atto conclusivo del torneo, rimediando una secca sconfitta da Mats Wilander

Eppure, tutti gli appassionati si ricordano di lui, l’artista, il Divin Sciupone, capace di rimonte impossibili come di improvvisi blackout mentali, durante i quali dilapidava vantaggi fino a perdere partite già vinte.

Di lui si parla già quando nel 1982, a soli 19 anni, sconfigge nientemeno che Bjorn Borg, a Montecarlo. Si ripete l’anno dopo in soli due set. In realtà l’orso svedese è ai titoli di coda, non ha più voglia di allenarsi, e si ritira proprio dopo la seconda sconfitta..​.

La sua stella cresce, ma i francesi sono rapiti da un altro eroe: Yannick Noah. L’atleta di origini camerunensi è un autentico showman, tutto smash e allegria, tuffi e joy de vivre. Henri è scostante, mattacchione e iracondo, sempre sul filo dei nervi. Fa e disfa, spreca il suo talento. I francesi scelgono Noah, che inoltre vince a Parigi nel 1983, primo francese dal 1946 di Marcel Bernard.

I due sono buoni amici, giocano il doppio insieme, ma Leconte soffre questa condizione di secondo, e quando, dopo alcune sconfitte, nel 1985 proprio sul centrale del Roland Garros supera Yannick 6-1 al quinto set, per lui è una liberazione.

Nel 1988 i due francesi si ritrovano faccia a faccia nei quarti di finale al Country Club di Montecarlo. Leconte è carico come raramente gli è capitato in passato. Gioca in maniera incredibile. Yannick viene letteralmente “buttato fuori dal campo” (come Noah stesso dirà a fine match): volée, smorzate, recuperi, un campionario di raffinatezze uniche. In un lampo è 6-2.

Nel secondo Noah si ricompone, ma nel tie-break siamo 6 a 3 per Riton. Tre match-ball. Su uno di questi accade l’imprevisto.

Leconte serve forse fuori la prima palla, ma nessuno la chiama out. Il giudice dice sommessamente deuxieme ball; a quel punto Leconte sbaglia anche la seconda: doppio fallo! Il mancino realizza solo allora che non ci sono state chiamate sulla prima e pretende di essere dichiarato vincitore, ma per il chair umpire non c’è nulla da fare.

Apriti cielo.

Leconte è una furia, insulta tutti, se la prende anche con il suo allibito avversario. “Esce” dal match. Perde il tie-break ed il terzo set per 6 a 3. Il pubblico non lo perdona e lo subissa di fischi, spettatore dello psicodramma di un artista straordinario ma perennemente in guerra col proprio sistema nervoso. Incapace di dimenticare un episodio negativo, lento nel voltare pagina per ripartire con maggiore determinazione, Henri è nuovamente “incompiuto”.

Sarà l’ultimo incontro con l’amico-rivale.

Un mese dopo circa, si presenta a Parigi senza essere troppo considerato. Ed è in situazioni come queste che si esalta: negli ottavi batte Becker, poi Svensson e Chesnokov. È in finale!

L’avversario è lo svedese Wilander, un giocatore che è il suo opposto come temperamento e stile di gioco. Il tennista di Lillers comincia bene, serve per il set sul 5 a 4, poi l’incanto si rompe. Wilander non sbaglia nulla (dovrà ricorrere solo due volte alla seconda palla di servizio!), imperturbabile a tutto. Il francese, di fronte a una tale dimostrazione di fredda determinazione, cede alla frustrazione. Perde 75 62 61. Per lui ci sono anche i fischi di una platea ingenerosa. Durante la premiazione dice che spera di tornare l’anno successivo per vincere, ma c’è chi ride.

L’appuntamento con la storia per Henri Leconte arriva quando nessuno più ci crede. Nel 1991 ha 28 anni ed è reduce da una operazione alla schiena. Non sta quasi in piedi, e si avvicina la finale di Coppa Davis contro gli USA di Agassi e Sampras. Il capitano della Francia è, guarda caso, Yannick Noah. L’ex campione sa che i suoi buoni giocatori possono ben figurare, ma non potranno mai superare i “mostri” americani. Riton può perdere seccamente ma, quando parte sfavorito, sa accendersi e rendere al massimo.

Nella bolgia di Lione Agassi batte Guy Forget, ma Henri gioca la partita della vita e sconfigge tre set a zero Pete Sampras. Lo yankee assiste stranito allo spettacolo offerto dal tennista francese, ma anche dal pubblico, mai come quel giorno ipnotizzato da Leconte. Il giorno dopo, in coppia con Forget, Henri supera anche gli specialisti Flach e Seguso. Sul due a uno, Forget ha la meglio su Sampras e regala ai padroni di casa il punto decisivo di una finale tra le più sorprendenti e spettacolari della storia.

I giocatori esultano, fanno il trenino davanti ad una folla estasiata. Noah legge al microfono una letterina scritta a Henri dal figlio Maxim, e Riton scoppia in un pianto a dirotto. Il pubblico transalpino ha finalmente fatto pace con lui; e del resto, come si fa a non amare un simile giocoliere?
La finale del 1991 verrà ricordata come una delle più entusiasmanti della storia ultracentenaria della competizione, e grazie soprattutto a Leconte in Francia rivivrà la leggenda dei “Musquetaires” degli anni Venti.

 

di Danilo Gori