Euphoria-mania: ritorna la serie dell’esagerazione

Euphoria-mania: ritorna la serie dell’esagerazione

Euphoria-mania: ritorna la serie dell’esagerazione

L’eccesso è la sua cifra stilistica. O la ami o la odi, ma una cosa è certa: non puoi smettere di parlarne. Dopo una pausa forzata dettata dalla pandemia, è finalmente tornata sugli schermi l’attesissima seconda stagione della serie tv Euphoria, distribuita in Italia da Sky Atlantic a partire dal 16 gennaio 2022.

È dalla seconda metà di quell’anno infausto che è stato il 2020 che chiunque, in un modo o nell’altro, ha sentito parlare di Euphoria, pur non sapendo magari di cosa si trattasse. Tra i tanti fattori che hanno fatto scalpore riguardo questa serie ha sicuramente avuto una certa eco l’Emmy vinto da Zendaya, la più giovane di sempre a portarsi a casa il premio come miglior attrice protagonista di una serie drammatica.

Euphoria è una di quelle serie talmente esagerate e travolgenti che o si odiano visceralmente o si amano alla follia. I contenuti e i modi con cui sono mostrati hanno scatenato, ad esempio, una tempesta di critiche da parte del Parents Television Council. Una delle accuse che vengono mosse allo scandaloso teen drama è il mostrare a un’audience di adolescenti frequenti scene di sesso esplicito e di nudo (in un episodio sono apparsi sullo schermo quasi trenta peni), per non parlare dello stupro subìto da uno dei personaggi.

Euphoria è solo questo? Certamente no. La serie tv statunitense, trasmessa dal network HBO e in Italia da Sky Atlantic, si basa sull’omonima miniserie israeliana del 2012. La sceneggiatura è di Sam Levinson, che ha dichiarato di essersi spesso ispirato alle proprie vicende di adolescente e alla personale lotta contro la tossicodipendenza. Parlandone in senso generale, la serie è un dramma adolescenziale che racconta di un gruppo di liceali alle prese con l’amore, l’amicizia, l’identità, i traumi, il sesso e la droga.

 

Non il solito teen drama

A quasi due anni dalla prima stagione, è assolutamente necessario fare un ripasso prima di iniziare a vedere le nuove puntate. Il personaggio di Rue Bennett (Zendaya), in veste di narratore, può essere considerato il fulcro della storia. In realtà ogni puntata tende a soffermarsi su ciascuno degli altri personaggi, in una sorta di racconto corale pilotato dalla protagonista. Se Rue fosse una medaglia, l’altra faccia sarebbe certamente Jules Vaughn (Hunter Schafer). Le due creano un forte legame prima di amicizia e poi romantico che, nel finale della prima stagione, si spezza drammaticamente: Jules se ne va lasciando Rue spiazzata sulla banchina del treno. È stato così che l’ultima puntata della serie aveva lasciando gli spettatori, totalmente in dubbio sul futuro delle due ragazze.

Uno degli aspetti più lodevoli della serie è la qualità dell’interpretazione degli attori. La prova di Zendaya nella parte di Rue le è valso il Premio Emmy, ma anche il resto del cast riesce a sostenere il peso recitativo di questi personaggi che vivono di esagerazione e tormento emotivo. L’interpretazione di Hunter Schafer nei panni di Jules ha suscitato un altissimo apprezzamento; Jacob Elordi, Nate Jacobs nella serie, invece era già noto per aver recitato nel film di Netflix The Kissing Booth e nel sequel.

La critica ha apprezzato la fattura del prodotto in generale: un’ottima regia, una fotografia visivamente stupenda, accompagnate da una travolgente colonna sonora. Ecco il mix perfetto che rende Euphoria un prodotto eccellente.

L’estetica esagerazione di una drammatica età

Si sa, l’adolescenza non è affatto un periodo “tutto rose e fiori”. Alle classiche crisi sui cambiamenti in atto, i conflitti con le figure genitoriali e la ricerca della propria identità, nel mondo di oggi i ragazzi devono affrontare una quantità di nuove sfide che li possono facilmente portare sull’orlo di un abisso.

La dipendenza è il filone principale che segue il personaggio di Rue, mentre Jules si barcamena in un limbo identitario e amoroso. Quest’ultima, infatti, è una ragazza trasgender che si trasferisce in una nuova città dove ricominciare tutto da capo. È dotata di una sessualità molto libera, destinata però a scontrarsi con l’affetto che prova per la sua amica e il peso emotivo nel sostenerla nel suo percorso di (tentata) disintossicazione.

La spietata chimera dell’amore è ovviamente onnipresente e costituisce un forte innesco per tutte le altre sottotrame: la relazione tossica e violenta tra Nate e Maddy (Alexia Demie), il percorso per scoprire la sessualità e amare il proprio corpo di Kat (Barbie Ferreira), l’incompatibilità tra i sentimenti e le scelte del passato di Cassie (Sydney Sweeney) e McKay (Algee Smith).

 

Dove e come ci eravamo lasciati

Il vero ultimo episodio con cui la serie aveva lasciato, con il fiato sospeso, i suoi spettatori è stato “Fuck Anyone Who’s Not A Sea Blob”. Questo è il titolo della seconda puntata speciale di Euphoria, incentrata interamente su Jules. Le riprese della seconda stagione sarebbero dovute iniziare nella primavera del 2020, ma a causa della pandemia di Coronavirus erano state sospese e non ancora programmate ufficialmente.

Nel settembre dello stesso anno sono comunque stati girati due episodi special che fungono da raccordo con la stagione successiva. Part 1: Rue (Trouble Don’t Last Always) è andato in onda il 6 dicembre 2020 e dal 23 gennaio 2021 era disponibile anche la Part 2. Questo episodio è stato speciale anche perché è il primo a essere co-scritto da Levinson e dall’attrice Hunter Schafer.

Al termine della prima stagione, Rue lasciava Jules dalla banchina di un treno mentre l’amica, rimasta a bordo, si allontanava per raggiungere New York. Tale rottura ha fatto presagire una ricaduta di Rue nella droga e un destino incerto per Jules. L’episodio speciale su Rue è stato un intenso e toccante dialogo tra la ragazza tossicodipendente e il suo sponsor Ali (Colman Domingo), seduti in una solitaria tavola calda durante la notte della Vigilia di Natale.

Anche la Part 2 si apre con una conversazione, questa volta tra Jules e la psicologa. Seduta sul divano nello studio della terapeuta, la ragazza si lascia andare a un flusso di coscienza, parlando della sua identità, della spasmodica ricerca della femminilità, del rapporto complicato con la figura materna e di quello speculare con Rue.

Finalmente, in questo episodio si assiste all’attesissimo scavo psicologico di Jules, una ragazza all’apparenza spensierata ma profondamente combattuta. Come lei stessa racconta, il suo costante vivere in uno stato ossimorico spesso si sfoga nell’autocritica e nelle fantasie romantiche con amanti immaginari, in un vortice di autoerotismo e senso di colpa in cui è difficile ricordarsi cosa è reale e cosa non lo è.

Il colorato mondo di Jules diventa a tinte fosche non appena dischiude la sua mente. Lo spettatore è travolto dalle fantasie, dalle paure e dai desideri della ragazza anche visivamente, grazie a una regia che sa dosare in modo eccellente l’aspetto artistico con quello comunicativo. La puntata è, come tutte le altre, un piccolo scrigno di bellezza, ma pesante come il piombo.

 

Euphoria è certamente una serie che merita una visione, anche se per qualcuno può essere difficile da digerire. È un viaggio a tratti orribilmente psicadelico, a tratti delicatamente dolceamaro, inferno e paradiso insieme senza mezze misure, come è l’adolescenza. La chiave di lettura è tanto l’onestà quanto l’empatia: nella spietata “terra di mezzo” tra l’infanzia e l’età adulta è difficile sopravvivere; l’unico modo per uscirne tutti interi è aggrapparsi a un appiglio sicuro, sperando di non esserlo per qualcuno che ha un bagaglio ancor più pesante.

Martina Costanzo

Sono Martina Costanzo, laureata in lettere moderne all'Università degli Studi di Milano e attualmente insegnante di italiano alle scuole medie e superiori. Oltre alla lettura, la mia grande passione è il cinema. Per IoVoceNarrante scrivo le recensioni dei film e delle serie tv di successo appena usciti, e classifico i migliori prodotti da vedere. Nessuno è mai rimasto deluso da un mio consiglio, provare per credere.

OnlyFans, come farsi pagare per mostrarsi

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OnlyFans, quando pagare per il porno è legale  

OnlyFans, l’applicazione popolare nel settore dell’intrattenimento per adulti, è ormai sulla bocca di tutti poiché permette agli utenti di fare soldi grazie ai loro post. Come funziona? Ma soprattutto… quanto si guadagna?

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OnlyFans è un servizio di intrattenimento tramite abbonamento in cui i creatori di contenuti possono guadagnare denaro dagli utenti che si iscrivono ai loro profili, i cosiddetti “fan”. Non solo contenuti non esattamente family correct, ma anche di altri generi: a creare profili sono esperti di fitness, chef e musicisti, eppure la sua politica molto libertaria (o meglio, libertina) sui contenuti lo rende una piattaforma utilizzata principalmente da dilettanti e modelli/e pornografici. Così questo tipo di utenti può condividere le proprie foto semi-nude o di nudo integrale in cambio di una quota associativa mensile.

Lanciato nel 2016 come sito web per creatori consentendo ai loro followers di iscriversi tramite una tariffa mensile per vedere clip e foto, a partire da maggio 2020 ha 30milioni di utenti registrati e afferma di aver pagato 725 milioni di dollari ai suoi 450mila creatori di contenuti. Nello stesso periodo, l’amministratore delegato Tim Stokely ha dichiarato a Buzzfeed News (link esterno) che “il sito sta avendo circa 200mila nuovi utenti ogni 24 ore e da 7mila a 8mila nuovi creatori ogni giorno”. Dallo scorso anno, inoltre, OnlyFans ha annunciato una partnership con Demon Time Social Media (link esterno) per creare un night club virtuale monetizzato utilizzando la funzione live a doppio schermo dei siti. Un successo e una crescita che non mostrano il minimo segno di cedimento, ma tutto questo com’è possibile? Come funziona il meccanismo dietro questo fenomeno tanto chiacchierato (e contestato)?

Innanzitutto, come si poteva immaginare, esistono due tipi di account: puoi essere un creator o uno user. I creator sono sostanzialmente creatori di contenuti, mentre gli user sono – letteralmente – semplici “utilizzatori” che si abbonano ai profili di altri. Funziona come un profilo Instagram, ma a pagamento: decidi di pagare un abbonamento mensile a un profilo in particolare che poi può essere disdetto quando vuoi. Come la fai la sbagli, infatti ci sono state molte polemiche legate a questa questione: le persone, poiché pagano, molto spesso si aspettano di vedere solo foto di nudo o veri e propri porno, quando poi magari vengono pubblicate foto un po’ più soft e questo diffonde delusione fra questi user. Ricordiamoci che, nonostante le statistiche, fra i profili creator ci sono anche moltissimi fotografi e videomaker.

Come i profili Instagram, su OnlyFans si possono creare sondaggi, pubblicare storie e oltre al pagamento dell’iscrizione si può guadagnare anche con la vendita di contenuti su richiesta: tramite delle chat, simili ai più celebri “dm”, gli abbonati possono chiedere ai possessori dei profili di mostrare qualcosa di particolare, di fissare un prezzo e di venderlo a loro, poi ovviamente sta al creator decidere se accettare o meno.

Questa scelta è anche influenzata dal fatto che l’identità degli user è protetta dall’anonimato, per cui un creator non sa mai veramente a chi si sta rivolgendo. I nomi con cui gli abbonati si identificano sono tutti fittizi e i creator non possono conoscere né l’età né il sesso dei loro “spettatori”. Spesso il sesso si può dedurre dal nickname con cui si iscrivono, ma non è detto: come per qualsiasi altro social, non possiamo essere sicuri che Peperino92 sia maschio, potrebbe anche essere una fanciulla, ma soprattutto non possiamo interpretare quel “92” come il suo anno di nascita.

Per iscriversi, inoltre, non serve nessun tipo di requisito, basta inserire gli estremi della carta su cui vuoi essere pagato o con cui vuoi pagare e l’iscrizione non ha alcun tipo di costo. Si paga solamente per abbonarsi ai vari profili e per essere pagati al momento dell’iscrizione bisogna dunque collegare la carta e comunicare il codice IBAN del conto bancario su cui ricevere i versamenti. Agli user è richiesta una carta qualsiasi, anche una ricaricabile, ma per essere un creator è necessario essere accettati dall’amministrazione con un processo lunghissimo: bisogna inserire i dati e fare la richiesta affinché si possa passare all’accettazione (fase che dura solitamente un paio di giorni), mandare una propria foto che ritrae l’utente con la propria carta d’identità in mano e aspettare l’approvazione da parte della piattaforma. Passaggi che richiedono in realtà pochi minuti, ma – come con i mobili dell’Ikea – sbagliare un minimo passaggio può far saltare tutto il processo, che dovrà essere ripetuto a distanza di qualche giorno. Un bello sbatti, no?

Le grandi sfighe, però, non finiscono qui. Sì, perché OnlyFans trattiene delle commissioni su ogni pagamento in favore di un creator, e anche abbastanza alte. Per qualsiasi cosa un utente venga pagato, l’amministrazione trattiene il 20%, che si tratti della semplice iscrizione al profilo o di un contenuto a richiesta. Se la percentuale è irrisoria per chi ha molti iscritti, nei confronti di un utente amatoriale alle prime armi questa fa la differenza.

di Gaia Rossetti

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.

10 motivi per leggere il Kamasutra

10 motivi per leggere il Kamasutra

10 motivi per leggere il Kamasutra

Il Kamasutra, per anni considerato un libro volgare e corrotto, è in realtà un inno all’amore più puro e – incredibile, ma vero – piacevole. Ecco perché leggerlo.

Quando sentiamo nominare il Kamasutra, la prima (e forse unica) cosa che ci viene in mente è l’elenco delle posizioni che una coppia dovrebbe assumere durante i rapporti sessuali, affinché sia le donne che gli uomini possano trarne il maggior piacere possibile.

Niente di più lontano dalla realtà, perché nel Kamasutra, che risale al III secolo, non c’è assolutamente nessuna lista: il kama (il “piacere”, o meglio “il soddisfacimento del piacere”) nella concezione hindu è solo uno dei tre grandi scopi dell’essere umano, insieme al dharma ( la “legge sacra”, intesa nel senso dell’osservanza delle norme rituali e delle leggi) e all’artha (l’ “utile”, il fine concreto per il quale si agisce, l’interesse materiale e la ricchezza). Ecco allora 10 motivi per cui chiunque dovrebbe leggere il Kamasutra di Vatsyayana, nella sua versione originale.

  1. Non c’è niente di pornografico. Non c’è una singola immagine o rappresentazione, non è un testo che ha lo scopo di incendiare gli animi. E’ un testo normativo, che si pone l’obiettivo di regolare le azioni e gli atteggiamenti da assumere quando il desiderio è acceso. Nessun’idea di violenza o di possesso. Non la scintilla che appicca il fuoco, ma l’ossigeno che lo tiene in vita affinché possa durare e generare il calore necessario.

  2. Amore per piacere, per puro godimento. Come dicevamo, non essendoci nessun riferimento pornografico, l’amore qui rappresentato è semplicemente un tipo di “amore per piacere”: fate l’amore perché è bello, perché è un istinto naturale, e perché non c’è nulla di male. Non è un rapporto sessuale che punta al concepimento, la prosecuzione della stirpe è compito dell’Utile, non del Desiderio. Questo è il campo dell’amore.
  1. Condanna ai matrimoni “violenti”. I matrimoni in India erano (e spesso sono) organizzati dalle famiglie. Vatsyayana identifica otto diversi tipi di matrimonio e li mette in ordine gerarchico: i primi quattro nella scala sono i più nobili, essendo tutti matrimoni organizzati dai genitori o dai parenti degli sposi, mentre gli altri quattro sono da lui profondamente condannati. Questi sono i casi i cui la sposa viene rapita o ingannata o ancora stuprata perché ubriaca o addormentata. Una presa di posizione nobilissima, se consideriamo che ancora oggi in alcune parti del mondo non c’è nessun riguardo per la donna, mai libera di esprimere i suoi desideri o di opporsi.

  2. Destinato a tutti gli strati sociali. La società hindu è una società profondamente castale, fortemente legata ai diritti e ai doveri dei gruppi sociali. Le dottrine della Legge Sacra e dell’Utile erano una prerogativa degli strati più alti della società, ma questo non vale per il Desiderio. Il kama è destinato a tutti, così lo è anche alle caste inferiori. Un segno più unico che raro di equità, come non se ne troveranno così facilmente nella storia dell’India.
  3. Una forma di istruzione per la donna (deve saper contare). Proprio perché destinato anche agli strati sociali più bassi, l’istruzione data dal Kamasutra è destinata anche alle donne da sempre escluse da qualsiasi attività o conoscenza. Anzi, essere buone mogli vuol dire anche essere in grado di soddisfare il proprio marito, ma non ci si ferma qui: le donne devono saper leggere, scrivere e contare, devono essere in grado di tenere la contabilità della famiglia e di amministrare la casa.
  4. Le donne hanno la stessa natura dei fiori. Vatsyayana ha una visione dolcissima della donna, e la dipinge delicata come un fiore. Bisogna dunque toccarla con delicatezza, senza mai forzarla, e avvicinarla solo quando mostrerà piena fiducia e arrendevolezza. Non bisogna spaventarla o farle pressione altrimenti svilupperà sentimenti di paura e astio nei confronti dell’amante. C’è da dire che, sempre secondo Vatsyayana, la prima mossa spetta sempre all’uomo, e la donna può fare avances solo quando è l’uomo a lasciarle prendere l’iniziativa. Ma siamo pur sempre nel III secolo, sfido chiunque a trovare un parallelo nella letteratura occidentale.
  1. Vastyayana è il primo a riconoscere l’esistenza dell’orgasmo femminile. La donna non è un dispositivo che serve a dare piacere all’uomo, anche la donna ha i suoi desideri e perviene al loro soddisfacimento. Anche la donna prova piacere, esattamente allo stesso modo dell’uomo. Nessun altro lo aveva ancora detto, nessun altro lo dirà ancora per molto tempo.

  2. Visione positiva delle cortigiane. La cortigiana è una figura appartenente alla società e ivi attiva, un personaggio dunque degno di rispetto che non va emarginato o additato. I sultani sono i loro migliori clienti ed è frequentissimo trovarle nelle regge reali, sono le donne più libere di agire della società indiana in quanto svincolate da ogni legame matrimoniale. Il loro scopo primario è il perseguimento dell’Utile, il guadagno, e non devono assolutamente essere considerate impure, perché non lo sono.
  3. Le vedove possono risposarsi. Non è così scontato, perché nella società dell’India antica alla morte del marito la donna doveva gettarsi sulla sua pira funebre e sacrificarsi per lui, morendo così tra le fiamme. Tradizione oggi illegale, ma nel III secolo ogni donna che non si gettasse nel fuoco delle ceneri del marito era denigrata e considerata una traditrice, destinata alla miseria. Per Vatsyayana no, anzi. La vedova può risposarsi, se lo desidera, svincolandosi dal terribile dovere di sacrificare se stessa.
  4. L’amore omosessuale è lecito, non condannato né condannabile. Il kama mira al raggiungimento del piacere, è soggettivo ed esistono infiniti modi di amare, tanto che il Kamasutra non può certo elencarli tutti. Ma un capitolo particolare è dedicato all’amore omosessuale, addirittura sollecitato e regolamentato, perché il suo scopo sia quello di dare piacere a entrambe le parti della coppia. Roba che Medioevo, levati proprio.

Insomma, una visione più che attuale del sesso e del rapporto fra due persone elaborata mentre i Romani ancora pensavano a conquistare il mondo. La rappresentazione di rapporti dolcissimi, delicati, mai forzati, che obbediscono alle leggi della natura e della società. Perché non c’è niente di più naturale e di più puro del desiderio di unirsi a qualcuno.

Gaia Rossetti

Sono una gastrocuriosa e sarò un'antropologa.
Mia nonna dice che sono anche bella e intelligente, il problema è che ho un ego gigantesco. Parlo di cibo il 60% del tempo, il restante 40% lo passo a coccolare cagnetti e a far lievitare cose.
Su questi schermi mi occupo di cultura del cibo e letteratura ed esprimo solo giudizi non richiesti.