Modigliani: albori nella scultura
Modigliani: albori nella scultura
Amedeo Modigliani vive in una Parigi contraddittoria: il vorticoso intrico di viuzze cela tutti i limiti del mondo positivista.
Amedeo Modigliani dal 1906 vive in una Parigi lussureggiante e contraddittoria: il vorticoso intrico di viuzze a ridosso dei boriosi boulevards celano un mondo in cui tutti i limiti del mondo positivista, ai suoi estremi bagliori, vengono riversati nell’assenzio e nelle visiones artium. Proprio la Parigi della Belle époque, rifugio di poeti e pittori, è lo sfondo della sua vicenda esistenziale e artistica.
Seppur risulta complicato ripercorrere la vicenda di Modigliani prescindendo dal ritratto che intende costruire una figura maledetta e tormentata, afflitta dalla tubercolosi e da tragici suicidi, la biografia del pittore e scultore livornese non differisce troppo dal destino di molti altri artisti che frequentavano la Parigi della Belle époque.
Trasferitosi dall’Italia all’età di 22 anni, dopo aver studiato pittura e disegno prima a Firenze, poi a Venezia, il suo senso classico della forma, nutritosi dei magisteri delle auctoritas del Rinascimento italiano, non lascia spazio all’indagine del contesto sociale e urbano, escludendo qualunque tipo di denuncia sociale. Le opere di Modigliani, sia scultoree che pittoriche, invitano l’attenzione alle forme del viso, degli occhi, e ai volumi che contornano la sinuosità del corpo femminile.
A Parigi Modigliani si era presentato, in un primo momento, più come scultore che come pittore. Presso le gallerie del Trocadero Modigliani poté ammirare e apprendere sul campo le tecniche dell’arte africana: le geometrie ripetitive, quasi ipnotiche dei manufatti e delle maschere di un continente vittima delle velleità dell’Europa imperiale affascinano il giovane artista italiano. La scultura africana, e soprattutto quella egizia, cela dietro i volumi una sacralità totemica foriera di verità sconosciute alla scultura europea a cavallo fra il XIX e il XX secolo.
Egli iniziò a scolpire alacremente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d’arte, si interessò al suo lavoro e lo presentò, nel 1911, a Constantin Brâncuși, scultore rumeno allievo di Rodin. Brâncuși gli insegna i rudimenti della scultura e, in aperta opposizione alla tecnica di Rodin, la quale prevede un’unione di più volumi, persegue l’obiettivo di confrontarsi direttamente alla materia, alla pietra, abbandonando la titanicità dei muscoli di Rodin. Il periodo passato presso l’atelier di Brâncuși non rappresenta una semplice parentesi artistica, ma una vera esperienza contrassegnata dallo sperimentalismo formale.
Già a partire da questo periodo di apprendistato si possono notare alcuni caratteri tipici della tecnica di Modigliani, quali l’allungamento del collo e la stilizzazione delle forme, senza dimenticare un’attenzione importante ai lineamenti del viso.
Nel disegno a matita blu su carta Modigliani ritrae una cariatide, una figura femminile che sostiene il frontone di un tempio greco: la stilizzazione che apporta Modigliani a questa forma classica sottende l’intento di far scaturire una bellezza immanente, forse universale, attraverso la purezza dei volumi e delle linee. Modigliani sembra concepire, da quello che possiamo dedurre dai suoi disegni preparatori, un insieme di statue e cariatidi al fine di creare un tempio immaginario della bellezza universale, il quale troverebbe le sue radici nel classicismo antico e nell’ideale italiano di “bella figura” rinascimentale.
Dopo qualche anno di ricerca e la produzione di circa 25 sculture in pietra, Modigliani abbandona misteriosamente la scultura: forse a causa di problemi legati alla sua salute, forse semplicemente perché essa non era più all’altezza della sua ricerca immanente. La tubercolosi, che si aggrava a causa del taglio della pietra, e altre ragioni non del tutto evidenti, lo obbligano a tornare alla pittura. Tuttavia sarebbe erroneo pensare che la scultura abbia rappresentato una semplice parentesi nell’ambito dell’esperienza artistica di Modigliani.
In questo primo ritratto di Beatrice Hastings Modigliani sembra recuperare la terza dimensione della scultura. Il ritratto infatti è proiettato in avanti, il collo come se fosse lo zoccolo del ritratto. Inoltre, intorno alla testa, ci sono delle piccolo linee: la tela sembra allora un blocco di pietra sul quale l’artista segna dove tagliare con lo scalpello. Modigliani abbandona la scultura, ma la scultura stessa riaffiora in filigrana nella sua tecnica pittorica in questo periodo cerniera e di passaggio.
Tutti gli elementi del suo vocabolario singolare si dispiegano già in questo primo ritratto in pittura: l’allungamento eccessivo del collo, la stilizzazione delle forme, asimmetria degli occhi (spesso senza pupille), naso che si ispira alla scultura primitiva, lo sfondo oscuro.
Dal 1915 comincia il periodo maturo della produzione artistica di Modigliani, spostandosi fra Parigi e la Provenza, e rientrando talvolta in Italia, a Livorno. Le sue condizioni di salute peggiorano progressivamente, fino alla morte, sopraggiunta il 24 gennaio 1920 a causa di una meningite tubercolare.
Giuseppe Sorace
Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.