“Medialmente. Infiniti transiti del Quadro Mediale”: la nuova mostra di Davide Maria Coltro

“Medialmente. Infiniti transiti del Quadro Mediale”: la nuova mostra di Davide Maria Coltro

“Medialmente. Infiniti transiti del Quadro Mediale”: la nuova mostra di Davide Maria Coltro

Dal 16 dicembre al 5 febbraio 2022 alla Kroyma Art Gallery di Lugano andrà in scena la nuova mostra di Davide Maria Coltro. Una prima volta da non perdere…

​Nuova mostra, nuovo viaggio alla scoperta dell’opera Davide Maria Coltro. Dal 15 dicembre sino al 5 febbraio 2022, la Kromya Art Gallery di Lugano ospiterà la mostra dell’artista veronese dal titolo Medialmente. Infiniti transiti del Quadro Mediale, a cura di Alberto Fiz. Una mostra che segue e continua il lungo percorso dell’artista e indaga il costante divenire, la capacità (forse l’obbligo insito nella natura stessa) dell’uomo di continuare a mutare.

LA MOSTRA

La rassegna, divisa in quattro ambienti, analizza attraverso 35 opere l’evoluzione del Quadro Mediale concentrandosi sul rapporto con la storia dell’arte e i temi classici della pittura quali PaesaggioNatura morta, Studio di figura Astrazione.
Il visitatore viene accolto da un grande Quadro Mediale dove i quattro ambiti di ricerca si susseguono e si rinnovano durante tutto il periodo della mostra. Per quest’occasione Coltro ha elaborato una modalità espressiva che sconfina nella performance intervenendo da remoto, durante l’esposizione: “Come diceva Eraclito – afferma Alberto Fiz – non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume. E in questo caso ogni volta che il visitatore vorrà venire in mostra si troverà di fronte a un’opera differentein progress, con una continua alterazione della dimensione temporale che esalta l’aspetto mentale dell’intero percorso, come suggerisce il titolo dell’intera rassegna”.

IL QUADRO MEDIALE

Il Quadro Mediale, inventato da Coltro nel 2001, è un nuovo media che modifica la fruizione dell’opera d’arte in quanto consente di produrre un flusso estetico e iconico in perenne cambiamento. Non più, dunque, un dispositivo fisso come nel caso del video, ma un’opera che in base agli input dell’artista sviluppa un processo che non può essere determinato aprioristicamente, secondo una metodologia che oggi trova molti proseliti tra i tanti artisti che fanno uso degli NFT (le opere d’arte virtuali, ndr.).

In questa circostanza, il Quadro Mediale interferisce con i percorsi della storia dell’arte partendo dal Paesaggio, in bilico tra le atmosfere romantiche di Caspar David Friedrich e le foto-pitture di Gerhard Richter. La sezione prevede anche la presenza delle Arborescenze, forme di architetture naturalistiche, dove Coltro indaga il tema della nascita e della germinazione.

Se lo spazio destinato alla Natura morta si caratterizza per l’ibridazione tra oggetti che hanno partecipato al cambiamento dello stile di vita, qui posti nelle condizioni di sviluppare una loro progressiva alterità, non manca l’applicazione del Quadro Mediale alle logiche dell’Astrazione dove la lenta metamorfosi degli elementi crea dialoghi imprevedibili tra maestri quali Giacomo Balla e Piet Mondrian e l’estetica digitale. Gli Studi di figura hanno, infine, come fulcro proprio la recente personale milanese allo Studio Museo Francesco Messina nella quale Coltro ha composto danze virtuali dentro quinte teatrali immaginarie sovrapponendo e modificando talune opere dello scultore siciliano dedicate alla sua musa Aida Accolla, ex prima ballerina della Scala, con una particolare attenzione alla componente segnica.

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Ciascuna sezione della mostra, poi, propone diversi piani di lettura e da ciascun Quadro Mediale derivano le icone digitali prodotte in esemplare unico che sembrano fissare l’istante frantumando il flusso temporale: “Sono Filiazioni, ovvero opere generate dal Quadro Mediale, ma di lettura indipendente, che divengono memoria del continuo divenire”, ha commentato Coltro. “È la fase in cui lo sguardo si deposita sull’immagine e ne cattura i contenuti”.


L’ARTISTA

Davide Maria Coltro, nato a Verona nel 1967, vive a Milano. La sua ricerca artistica è rivolta all’utilizzo delle tecnologie di massa con inedite architetture che modificano i criteri di creazione, diffusione e fruizione dell’arte. Il risultato di questo studio è il Quadro Mediale o System di cui è l’inventore: si tratta di un dispositivo in continuo sviluppo progettuale che elabora e costruisce dando inizio a una nuova percezione dell’opera d’arte. Il quadro digitale non solo risponde ad una visione storica e culturale attuale, ma sprigiona il potere evocativo del quadro tradizionale.

I quadri mediali sono presenti nelle collezioni permanenti di prestigiose raccolte pubbliche e private tra cui: Galleria d’Arte Moderna Achille Forte di Verona, Collezione VAF Stiftung di Francoforte,  Collezione Panza di Biumo  di Varese, Galleria Civica Ezio Mariani di Seregno, Collezione Unicredit di Milano, GASC, Galleria d’Arte Sacra del Contemporaneo di Milano. 

Benedetto Croce: l’arte come marca dell’universo

Benedetto Croce: l’arte come marca dell’universo

Benedetto Croce: l’arte come marca dell’universo

Benedetto Croce nasce il 25 febbraio 1866 a Pescasseroli, in Abruzzo, e muore il 20 novembre 1952. Rimasto sempre lontano dall’insegnamento universitario, la sua attività intellettuale si staglia per tutta la prima metà del Novecento e si concretizza in una febbrile produzione editoriale, critica e filosofica, diventando una delle personalità più influenti in Italia e in tutta Europa. 

Benedetto Croce è considerato un eminente esponente dell’idealismo italiano. Quando si parla di “idealismo” si fa riferimento, di solito, ad una dottrina filosofica che riduce la complessità della realtà a “idea”, e cioè a sensazione, a rappresentazione o pensiero, oppure ancora a elemento di conoscenza. 

In questo senso, l’idealismo è un tratto comune a numerose dottrine che, a cavallo fra XIX e XX secolo, si sono poste in antitesi all’imperante positivismo; più in generale, l’idealismo italiano di Croce (come quello inglese) “si origina” da quello tedesco, e intende dimostrare l’unità o l’identità di infinito e finito, spirito e natura, ragione e realtà, nonché di Dio e creato. 

L’idealismo di Croce giunge a questo assunto fondamentale fornendo una vivace analisi del significato di arte, di estetica, di poesia.

Nell’introduzione al suo studio su Dante, La poesia di Dante, apparso intorno al 1920 e che raccoglie alcuni articoli apparsi in prima battuta su diverse riviste, Croce scrive:

“Ora, senza dubbio, la passione è la materia della poesia come dell’arte in genere, e senza passione non nasce poesia ed arte; ma i romantici per una parte confondevano sovente la passione come materia con la passione come forma, deprimendo l’identità dell’arte, e dall’altra, anche in quanto materia la concepivano in modo ristretto e arbitrario.”

La critica crociana all’estetica romantica di stampo tedesco è funzionale all’introduzione e al delineamento delle definizioni basilari della sua dottrina estetica. Libero quindi da preconcetti di forma e contenuto ascrivibili al mondo romantico mitteleuropeo (Croce definisce l’opposizione fra romantico e classico “eresia tedesca”), la poesia di Dante finalmente si libera di una fortissima ipoteca critica e può ascedere al Parnaso poetico che gli spetta. Con le dovute precisazioni. 

Continua Croce pochi paragrafi dopo:

“Con questo accenno, si è già adombrato il criterio che è da sostituire a quello dell’estetica idealistica e romantica e che ne è, per certi rispetti, correzione e inveramento: il concetto dell’arte come lirica o intuizione lirica.”

Orbene, l’arte risulta, nella concezione crociana, l’oggetto precipuo dell’estetica. L’estetica, in qualità di disciplina filosofica, è lo studio teorico dell’arte; quest’ultima viene definita secondo un duplice aspetto: il primo, l’arte è intuizione dell’individuale; il secondo, l’arte è libera produzione di immagini. 

Intuizione significa cogliere un’immagine nel suo valore di mera, semplice immagine; è un cogliere l’immagine di natura prelogica o alogica, l’immagine di per sé stessa. L’immagine colta attraverso un’intuizione pura annulla il confine fra reale e irreale, ed è priva di ipoteche e costrizioni che gli uomini sono soliti affibbiarle, come un atto utilitaristico (l’arte serve a qualcosa) o morale (l’arte persegue il bene). L’arte colta da un’intuizione pura è assolutamente autonoma. 

Nel secondo caso, e cioè l’arte intesa come libera produzioni di immagini, le immagini che vengono intuite non sono disordinate: l’immagine colta segue un principio che è quello del sentimento.

Il sentimento, in qualità di principio ordinatore dell’arte, rappresenta il significato, il contenuto dell’arte. In poche parole, se si coglie un’immagine con un’intuizione pura che “contiene” un sentimento, ecco che l’arte è una sintesi estetica di sentimento (significante, contenuto) e immagine (forma). Fra i due elementi, quello di maggior peso è rappresentato dal contenuto (sentimento): in virtù di ciò l’artista non deve dar conto a nessuno, è “filosoficamente incensurabile, utilitaristicamente indifferente e moralmente incolpevole” proprio perché lui poeteggia, rima, dipinge, sulla scia di un sentimento altissimo. 

Ogni opera, pittorica e scultorea, letteraria o poetica (inclusa la Commedia), dovrebbe essere valutata secondo un criterio estetico di natura lirica, dell’io proteso e del sentimento, e libero dalle costruzioni critiche che si sono manifestate a partire dal romanticismo tedesco. 

Tralasciando le aporie della teoria crociana (che farsene quindi della scala di valore artistica; tutte le opere d’arte sono belle?), è innegabile l’importanza che essa riveste nell’ambito accademico e intellettuale italiano, nonché europeo. 

L’estetica crociana, inserendosi nell’idealismo, afferma infatti che l’immagine intuita racchiuda in sé la pienezza della condizione umana e la totalità indivisibile del reale: l’immagine dunque racchiude una cosmicità intrinseca, l’arte diventa marca essenziale di un infinito colto con l’intuizione e non con la logica. L’individuo è in grado, al di là di qualunque assioma, di cogliere con l’intuizione l’universo che si cela in un’immagine.

Giuseppe Sorace

Sono Giuseppe, insegno italiano, e amo la poesia e la scrittura. Ma la scrittura, soprattutto, come indagine di sé e di ciò che mi circonda.

Il Museo dell’Orangerie: dalle Ninfee di Monet alle donne di Modigliani

Il Museo dell’Orangerie: dalle Ninfee di Monet alle donne di Modigliani

Il Museo dell’Orangerie: dalle Ninfee di Monet alle donne di Modigliani

Abbiamo presente sicuramente tutti le famose Nymphéas di Claude Monet, ma vedere queste opere dal vivo è tutta un’altra storia…

Il Museo dell’Orangerie di Parigi oltre ad ospitare queste opere memorabili, è famoso anche per la collezione Jean Walter e Paul Guillame, una raccolta di capolavori di artisti del calibro di Pablo Picasso, Amedeo Modigliani, Henri Matisse e tanti altri. Spesso questi ultimi vengono in qualche modo “eclissati” dalla bellezza dei quadri di Monet (le Ninfee rappresentano infatti la pietra miliare di questo museo), ma non hanno sicuramente niente da invidiare ai fiori acquatici, poiché le opere della collezione Walter – Guillame sono quadri dal valore inestimabile che attraggono turisti e appassionati d’arte da tutto il mondo.

Dove e quando?

Il Museo dell’Orangerie si trova nel centro di Parigi nei giardini delle Tuileries. Ciò che contraddistingue questo museo è proprio la sua ubicazione, poiché si trova in un’antica serra di aranci chiamata appunto orangerie (termine da cui prende nome il museo).  Questo museo è raggiungibile comodante tramite i mezzi (nel caso in cui vi troviate un po’ più fuori dal centro o semplicemente se siete pigri) o a piedi (se avete l’appartamento o l’hotel in zona Louvre o Place de la Concorde) ed è aperto dal mercoledì al lunedì dalle ore 9:00 alle ore 18:00.

Nella botte piccola c’è il vino buono

Pur essendo abbastanza piccolo rispetto agli altri musei di Parigi, il Museo dell’Orangerie detiene un gran numero di opere molto importanti nella storia dell’arte: tra le più famose ricordiamo appunto il ciclo Nymphéas di Claude Monet, Grande bagnante di Pablo Picasso, Femme nue dans un paysage di Pierre-Auguste Renoir e Femme au ruban de velours di Amedeo Modigliani. Per quanto riguarda il ciclo Les Nymphéas, una cosa molto interessante da sapere è il fatto che questi dipinti che occuparono la vita di Monet per quasi 30 anni furono donati dal pittore stesso alla Francia dopo l’armistizio del 1918 come simbolo di pace, e fu sempre Monet a volere che quei quadri venissero esposti proprio nelle sale dell’Orangerie dopo la sua morte. Parlando invece delle opere appartenenti alla collezione Walter – Guillame, noi spettatori dobbiamo ringraziare soprattutto Domenica Guillame, la quale dopo che il marito Paul (un ricco mercante d’arte francese) morì si risposò con l’architetto Jean Walter ed insieme a quest’ultimo arricchì e modificò la collezione del defunto marito, per poi cederla al museo.

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Cecilia Gavazzoni

Ciao, sono Cecilia e studio Lettere Moderne. Adoro scrivere e spesso fingo di essere anche esperta di moda (un’altra mia grande passione). Ah, a volte do anche consigli di Lifestyle e pareri non richiesti. Ma niente di serio, non vi preoccupate.

Il Museo d’Orsay: l’impressionismo a Parigi

Il Museo d’Orsay: l’impressionismo a Parigi

Il Museo d’Orsay: l’impressionismo a Parigi

È uno fra i più importanti musei d’Europa che però, sovrastato dal Louvre, viene spesso sottovalutato: stiamo parlando del Museo d’Orsay.

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Questo museo è molto conosciuto non solo perché ospita molti dei più famosi quadri impressionisti, ma anche perché in questo luogo di arte e cultura si trova una quantità esorbitante di opere risalenti all’arco temporale che va dal 1848 fino al 1914.

Cosa si può vedere?

All’interno del museo possiamo trovare moltissime opere di architettura, scultura e arte decorativa conservatesi in maniera eccezionale. In primo piano però vanno sicuramente le opere degli impressionisti e dei post-impressionisti, ma oltre a queste vi sono esposte anche opere di artisti del calibro di Claude Monet, Edouard Manet, Paul Gauguin, Vincent Van Gogh, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir e tanti altri. Il museo oltre ad ospitare diverse mostre fotografiche e cinematografiche, vanta due gallerie esclusivamente dedicate a Gustave Courbet e a Henri de Toulouse-Lautrec.

Un’ex stazione ferroviaria

Una delle caratteristiche più affascinanti di questo museo è il fatto che si trovi in un’ex stazione ferroviaria creata durante l’Esposizione Universale del 1900 che fu dismessa 39 anni dopo. Durante il periodo della seconda guerra mondiale l’ex stazione fu utilizzata come zona di transito per i prigionieri dei nazisti e, solo dopo tanti tentativi di demolizione, finalmente nel 1986 divenne ciò che oggi chiamiamo Museo d’Orsay. Quando si entra in questo museo ci si sente completamente travolti e circondati dall’arte nella sua più pura espressione: sculture marmoree, dipinti ad olio, ritratti e paesaggi, immagini e figure di altri tempi mischiate al ferro e all’acciaio della modernità.

Prezzi e orari

Il biglietto per il Museo d’Orsay costa:

  • € 14 l’intero.
  • € 11 il ridotto per tutti a partire dalle ore 16:30 (tranne il giovedì).
  • € 11 il ridotto per tutti il giovedì a partire dalle ore 18.
  • € 11 il ridotto per gli accompagnatori dei minori di anni 18 residenti nell’Unione Europea (massimo due accompagnatori per minore), per i ragazzi.
  • Gratis per i minori di anni 18, per i portatori di handicap, per i ragazzi d’età compresa tra i 18 e i 25 anni cittadini o residenti da lunga data in un paese dell’Unione europea.
  • Gratis ogni prima domenica del mese.

Il museo è aperto tutti i giorni dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle 18.00 salvo il giovedì in cui rimane aperto fino alle 21.45, mentre resta chiuso il lunedì, il 1° maggio e il 25 dicembre.

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di Cecilia Gavazzoni.

Yves Saint Laurent

Yves Saint Laurent

Yves Saint Laurent

Yves Saint Laurent (che sta per Yves Henri Donat Mathieu Saint Laurent) ci ha lasciato esattamente tredici anni fa, ma la sua creatività e il suo gusto per l’arte ancora oggi riecheggiano nella sua maison.

Yves Saint Laurent, uno dei più importanti couturier del XX secolo, si distinse negli anni soprattutto grazie alla sua sensibilità verso tutto ciò che veniva ritenuto “diverso” dai modelli classici, il che gli valse la nomea di vero e proprio artista della moda. Vediamo insieme allora alcune delle sue grandi innovazioni stilistiche, nonché vere e proprie conquiste ideologiche.

Il volto della diversità       

Tra le grandi novità che lo stilista introdusse nel mondo della moda, prima fra tutte va ricordata la scelta dello stilista di presentare, nel 1966, un capo come lo smoking, non più indirizzato solamente agli uomini, ma anche alle donne: già in precedenza Gabrielle Chanel aveva sdoganato questo tabù, ma in realtà le donne che indossavano pantaloni in pubblico a quei tempi venivano guardate male dalla gente. Yves Saint Laurent perciò decise di ribadire il concetto di parità dei sessi, e per farlo si servì appunto della moda. Altra grande innovazione dello stilista francese fu l’integrazione dell’arte nelle sue collezioni: diversi furono infatti i capi firmati Yves Saint Laurent che mostravano chiari richiami ad artisti famosi in tutto il mondo fra cui Picasso, Matisse, Warhol e Braque. Va inoltre ricordato che Saint Laurent fu tra i primi grandi stilisti a fare sfilare sulle passerelle modelle di colore, tra cui Naomi Campbell e Iman: altra grande conquista sul fronte della lotta contro le diseguaglianze. Per ultima, ma non per importanza, ricordiamo l’introduzione del concetto di libertà sessuale nel grande mondo della moda tramite la creazione di abiti trasparenti che mostrassero il seno nudo delle modelle: se oggi fa ancora scandalo vedere un capezzolo in qualche foto, figuriamoci negli anni Sessanta!

Yves Saint Laurent e Dior

Tra Yves Saint Laurent e Christian Dior nacque fin da subito una grande intesa che, nel 1955, si concretizzò con l’assunzione del giovane Saint Laurent presso la casa di moda Dior. Saint Laurent ai tempi era ancora un ragazzo inesperto che muoveva i suoi primi passi nel campo della moda, ma grazie alla guida del suo mentore, in breve tempo lo stilista si guadagnò una notevole fama. Sembrerebbe tutto molto idilliaco, se non fosse che nel 1957 Christian Dior morì di infarto, lasciando la maison al suo unico e fedele “erede artistico”: Yves Saint Laurent, il quale diventatone direttore artistico, fin da subito promosse una nuova collezione firmata Dior introducendo la nuovissima linea Trapeze in sostituzione alla classica forma a clessidra degli abiti precedenti. Nel 1960 però lo stilista francese fu costretto ad arruolarsi nell’esercito, evento che segnò profondamente la sua situazione psicologica: dopo essere stato ricoverato in ospedale, Saint Laurent scoprì di essere stato licenziato dalla maison Dior. In seguito ad una causa in tribunale (vinta da Saint Laurent poiché la casa di moda non aveva rispettato i termini contrattuali), lo stilista decise di aprire la propria casa di moda insieme al compagno Pierre Bergé. Nonostante la casa di moda Yves Saint Laurent sia stata poi ufficialmente chiusa nel 2002, il marchio sopravvive ancora oggi grazie a Gucci (la casa maison francese fu acquistata da quest’ultima nel 1999).

Dopo aver elencato solo alcune delle grandi conquiste firmate Yves Saint Laurent, non possiamo fare altro che ricordare questo grande stilista, nonché promotore di libertà artistica e di parità fra i sessi già a partire dagli anni Sessanta, mettendo le basi per la nascita di un’industria della moda sempre più all’avanguardia.

di Cecilia Gavazzoni.

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Cecilia Gavazzoni

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