Klimt: il dipinto più costoso “torna a casa”

Klimt: il dipinto più costoso “torna a casa”

Klimt: il dipinto più costoso “torna a casa”

Rubato prima dai nazisti, “Bisce d’acqua” torna a Vienna. 10 anni fa era stato pagato 183 milioni di euro…

È il dipinto più costoso del pittore austriaco più famoso, Gustav Klimt: un capolavoro rubato dai nazisti e che il pubblico ha potuto godere a malapena un paio di volte nel secolo scorso. Ora torna a casa a Vienna, per una mostra che analizza le origini artistiche del suo autore.

“Wasserschlangen II” (Bisce d’acqua II) fu completato intorno al 1907 e acquistato da Jenny Steiner, imprenditrice tessile ebrea mecenate del movimento artistico della Secessione e in particolare di Klimt. L’opera s’inquadra nel periodo d’oro dell’artista ed è “un autentico capolavoro”, afferma Stephanie Auer, assistente curatrice della mostra “Klimt, ispirato da Van Gogh, Rodin, Matisse…”, che si apre domani alla Galleria Belvedere.

Nel giugno 1938, poco dopo l’annessione dell’Austria alla Germania nazista, l’imprenditrice riuscì a fuggire da Vienna e la sua fortuna fu confiscata. Due anni dopo, il pezzo era in possesso del regista nazista Gustav Ucicky, che si diceva fosse il figlio illegittimo di Klimt (sua madre Maria Učicka, praghese, fu governante e modella del pittore). Nel 2013 la vedova di Ucicky ha venduto il quadro all’asta per 103 milioni di euro (112 milioni di dollari), di cui ha dovuto consegnare la metà agli eredi di Jenny Steiner. Il pezzo è stato immediatamente rivenduto per 168 milioni di euro (183 milioni di dollari), diventando così il settimo dipinto più costoso della storia. 

nt mollit anim id est laborum.

Nel corso di queste vicissitudini, “Wasserschlange II” è stato esposto non più di un paio di volte negli ultimi cento anni. Fu a Vienna nel 1964. Poi lo scorso ottobre quando la mostra è stata inaugurata al Van Gogh Museum di Amsterdam, che ha organizzato la retrospettiva in collaborazione con il Belvedere. Portare il quadro a Vienna non è stato facile a causa dell’enorme premio assicurativo, che ha superato il tetto fissato dallo Stato austriaco. Alla fine, il Belvedere ha raggiunto un accordo con gli attuali proprietari, che si sono assunti i costi assicurativi aggiuntivi in ​​cambio di un processo di restauro e analisi svolto da esperti del museo, il più importante al mondo per Klimt e che ospita la sua opera “Il bacio”.

L’opera è arrivata in ottime condizioni e sono stati necessari solo piccoli interventi“, ha detto Auer. Un’analisi condotta con diverse tecnologie tra cui raggi X, infrarossi e microscopi, ha appurato che Klimt, il quale a quel tempo sperimentava l’uso di metalli come argento, oro e platino, utilizzò per “Bisce d’acqua II” la stessa tecnica usata ne “Il bacio “.
È stato anche accertato che il pittore stava modificando la composizione del dipinto e la posizione delle figure. La mostra cerca di guardare a Klimt dal punto di vista degli artisti che lo hanno ispirato, anche se è stato a lungo considerato come “un pianeta che ruota nel proprio sistema solare”, secondo le parole della direttrice del Belvedere, Stella Rollig. “Vediamo Klimt con occhi nuovi: come un artista aperto e innovativo, che studiò altre arti e non nascose mai i suoi riferimenti, sempre curioso delle nuove tendenze di cui incorporava gli spunti nel proprio lavoro”, spiega Rollig. Tra i 90 pezzi che compongono la mostra ci sono, oltre al lavoro di Klimt, opere di Van Gogh, Matisse, Rodin Toulouse-Lautrec, Monet, Cézanne e Margaret Macdonald Mackintosh.

 

 

Esce “WASSILY KANDINSKY Il funambolo dei colori”

Esce “WASSILY KANDINSKY Il funambolo dei colori”

Esce “WASSILY KANDINSKY Il funambolo dei colori”

Dopo i libri dedicati a Jackson Pollock e Amedeo Modigliani, arriva in libreria il terzo volume per bambini e ragazzi della collana ALT! Arte Libera Tutti pubblicato dalla Fondazione Ragghianti con Maria Pacini Fazzi editore dal 20 gennaio 2023

La Fondazione Ragghianti annuncia l’uscita di WASSILY KANDINSKY. Il funambolo dei colori, nuovo volume di ALT! Arte Libera Tutti, collana d’arte per bambine e bambini realizzata con Maria Pacini Fazzi editore.

In libreria dal 20 gennaio (ma già acquistabile sul bookshop online della Fondazione Ragghianti), il libro – con i disegni dell’illustratore Stefano Porro e i testi della storica dell’arte Federica Chezzi, docente all’Accademia di Belle Arti di Macerata, e dell’architetto Angela Partenza, esperta in formazione e didattica dell’arte – è dedicato al maestro dell’astrattismo Wassily Kandinsky. Un racconto che coniuga rigore e completezza scientifica a riflessioni, interazioni e scoperte, pensate per stimolare la partecipazione attiva, per divertire e avvicinare alla storia dell’arte i più piccoli, coinvolgendoli anche nell’analisi delle opere.

Corredano il racconto 16 riproduzioni dei più importanti e iconici lavori realizzati dal grande artista in tutte le tecniche, dalla xilografia Baba Jaga (1907), passando per lo Studio per la Composizione VII(primo acquarello astratto, del 1911: inchiostro di china, matita, acquarello e grafite) e l’olio su tela Composizione VIII del 1923 conservato dal Guggenheim Museum di New York, fino a Bleu de ciel del 1940, ancora un olio su tela, in collezione al Centre Pompidou di Parigi.

Insieme alle opere, la biografia di Kandinsky, non soltanto artistica e di formazione, ma anche familiare e intima, dai suoi disegni infantili al viaggio in Italia, dall’acquisto dei primi colori agli studi a Mosca, e poi nel 1889 il viaggio di ricerca, determinante per tutta la sua pittura, presso la popolazione dei Sirieni, con le loro isbe dalle tinte vivaci; e ancora l’incontro folgorante con la musica di Schönberg, la guerra, la rivoluzione…
Chiude il volume una serie di consigli e istruzioni per l’allestimento di un piccolo laboratorio di pittura per ricreare a piacere un’opera del maestro.

WASSILY KANDINSKY. Il funambolo dei colori è il terzo volume della collana “ALT! Arte Libera Tutti”, inaugurata nel 2020 con Jackson Pollock. Dripping Dance e proseguita con Amedeo Modigliani. Joli comme un cœur. I progetti grafici sono a cura di tundrastudio.it.

“SALTO NEL VUOTO: Arte al di là della materia” on stage a Bergamo

“SALTO NEL VUOTO: Arte al di là della materia” on stage a Bergamo

“SALTO NEL VUOTO: Arte al di là della materia” on stage a Bergamo

La mostra, a cura di Lorenzo Giusti e Domenico Quaranta, si potrà vedere al GAMeC di Bergamo, dal 3 febbraio al 28 maggio 2023

TRILOGIA DELLA MATERIA
Salto nel vuoto. Arte al di là della materia è il terzo e ultimo capitolo del progetto espositivo pluriennale ideato da Lorenzo Giusti per la GAMeC di Bergamo, dedicato all’indagine sulla materia nell’arte del XX e del XXI secolo.

Avviata nel 2018 con la mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile e proseguita nel 2021 con Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione, Salto nel vuoto chiude la Trilogia della Materia esplorando il tema della smaterializzazione e creando un racconto trasversale che evidenzia le connessioni esistenti tra le indagini sul vuoto – intraprese dai primi movimenti dell’avanguardia storica e sviluppate dai gruppi sperimentali del secondo dopoguerra –, le ricerche sul flusso risalenti agli anni della prima informatizzazione e l’utilizzo di nuovi linguaggi e realtà simulate nell’epoca post-digitale.

SALTO NEL VUOTO
La mostra, a cura di Lorenzo Giusti e Domenico Quaranta, presenta i lavori di alcuni grandi protagonisti e protagoniste della storia dell’arte del XX secolo e pionieri dell’arte digitale insieme ad autrici e autori delle generazioni più recenti, grazie ai prestiti di importanti istituzioni internazionali e di collezioni private.

Nello specifico, Salto nel vuoto rivolge lo sguardo a quegli artisti e artiste che, in tempi diversi, hanno indagato la dimensione del vuoto negandola nella sostanza o identificandola quale mera dimensione ideale, o il cui lavoro si è rivelato in grado di riflettere i cambiamenti epocali nella percezione della dimensione materiale, introdotti dall’emergere dei paradigmi del software e dell’informatizzazione, così come dalla rivoluzione digitale e dalla sua sistematizzazione.

La mostra si articola in tre sezioni tematicheVuoto, Flusso e Simulazione – che inquadrano altrettante modalità di messa a fuoco, rappresentazione ed espressione dei principi della smaterializzazione, e si snoda in un percorso esperienziale che sollecita la percezione dello spettatore da un punto di vista visivo e corporeo.

VUOTO
La prima sezione è dedicata alla rappresentazione del vuoto come spazio immateriale. Una dimensione forzatamente negata, continuamente smentita e fondamentalmente contraddetta dalla materialità stessa dell’opera d’arte. Accoglie una serie di lavori di artiste e artisti che, in tempi diversi, hanno operato, soprattutto in pittura, attraverso i principi della riduzione estrema, del minimo contrasto e dell’impercettibile, raccontando il vuoto come una dimensione immaginativa, ideale o concettuale.
Contraddistinte dalla presenza dominante del bianco, nelle prime sale il percorso espositivo si snoda tra le estroflessioni di Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani, i fogli in plastica trasparente perforati a cadenza regolare di Dadamaino, le composizioni minimaliste di Jean Degottex e Aiko Miyawaki fino alle sperimentazioni con la luce e lo spazio di Ann Veronica Janssens.
I lavori di artisti e artiste del primo e del secondo Novecento sono posti in dialogo con opere recenti di alcuni tra i più significativi protagonisti dell’arte internazionale degli ultimi anni.

FLUSSO
Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta alcune mostre storiche hanno interpretato sviluppi come la smaterializzazione dell’arte, l’avvento di opere-sistema e opere-processo, l’ampliamento dei linguaggi come conseguenza della crescente informatizzazione della società, dell’avvento dell’elaborazione dei dati e delle piattaforme globali di comunicazione, affiancando per la prima volta opere d’arte contemporanea, dispositivi tecnologici e i primi esempi di new media art.
Proseguendo idealmente questa linea di ricerca, la sezione Flusso presenta una selezione di opere di epoche diverse, dalle avanguardie storiche ai giorni nostri, testimoni del radicale impatto dell’informatizzazione e delle reti digitali sulla percezione della realtà materiale. Le dimensioni indagate sono quelle della materialità non-atomica dei dati, del bit come unità minima dell’informazione, del pixel come unità minima dell’immagine digitalizzata, del software come processo che può o meno generare un output sensibile. La sezione rende dunque conto della complessa maniera di esistere dell’arte nel cosiddetto “Informational Milieu”.
Le sale ospitano lavori di precursori come Giacomo Balla, Umberto Boccioni, František Kupka, Pablo Picasso; opere che introducono al dinamismo percettivo dell’Arte Programmata e di Fluxus insieme ad altri lavori degli anni Sessanta e Settanta che rappresentano sistemi complessi e basati su processi, istruzioni e programmi – da Agnes Martin a Roman Opałka, da Vera Molnár a Lillian F. Schwartz – accanto a numerose opere recenti di artiste e artisti internazionali.

SIMULAZIONE
L’età dell’informazione ha vaporizzato la realtà in una serie di esperienze relazionali, comunicative e mediali, in cui la materia di cui è fatto il reale si sublima nell’intangibilità del “virtuale”.
Vissuto inizialmente come una dimensione radicalmente altra, accessibile solo attraverso un temporaneo abbandono della realtà reso possibile da specifiche tecnologie immersive – analogiche come i panorami o digitali come i caschi di realtà simulata – il virtuale è andato progressivamente identificandosi con la realtà stessa, a mano a mano che le nostre relazioni ed esperienze venivano facilitate da schermi, dispositivi e reti di comunicazione.
La terza sezione si concentra quindi sullo snodo tra reale e virtuale, in un percorso cronologicamente altalenante che pone in dialogo opere che indagano criticamente l’impatto delle simulazioni sul nostro modo di percepire la realtà concreta – Lynn Hershman Leeson e Seth Price, tra gli altri – con altre che, attraverso il mezzo pittorico, ne amplificano la percezione creando potenti illusioni visiveRichard Estes, Duane Hanson, René Magritte –; e altre ancora che costruiscono realtà alternative convincenti e immersive, mediate o meno dall’uso di dispositivi tecnologici di realtà virtuale e realtà aumentata, in un percorso che procede da lavori pionieristici a opere recenti, da Rebecca Allen a John Gerrard, da Jon Rafman a Timur Si-Qin.

MERU ART*SCIENCE RESEARCH PROGRAM
La mostra si avvale della collaborazione della Fondazione Meru – Medolago Ruggeri per la ricerca biomedica, già promotrice, tra il 2013 e il 2017, con Associazione BergamoScienza e GAMeC, del prestigioso Meru Art*Science Award, finalizzato alla promozione di progetti artistici legati allo sviluppo delle ricerche scientifiche.
Il nuovo programma di ricerca – Meru Art*Science Research Program – finanzia la realizzazione di un progetto site-specific per lo Spazio Zero della GAMeC, come avvenuto in occasione delle mostre Black Hole e Nulla è perduto.

Per Salto nel vuoto, i MSHR (Brenna Murphy e Birch Cooper) presentano una nuova installazione della serie Nested Landscapes (2017- in corso), che esplora e potenzia livelli diversi di immersività e di fruizione che si manifestano, intenzionalmente o meno, ogni volta che si presenta la realtà virtuale in uno spazio pubblico. Nelle sue installazioni, MSHR crea infatti sistemi complessi radicati nella cibernetica e nella teoria dell’informazione, che intersecano diversi processi di feedback tra ambiente e spettatore, e che attivano quest’ultimo come protagonista di un esperimento che estende la realtà percepita sollecitando al contempo, attraverso la realtà virtuale, la riattivazione di forme di pensiero creativo e mind wandering connesse a quello che le neuroscienze chiamano DMN (Default Mode Network), normalmente compromesse dalla distrazione indotta dai dispositivi e dai flussi di informazione digitali.

CATALOGO
Sulla linea delle pubblicazioni che hanno accompagnato le precedenti mostre della Trilogia, il catalogo di Salto nel vuoto – edito da Officina Libraria e GAMeC Books con progetto grafico di Studio Temp – sarà costituito dai testi dei curatori Lorenzo Giusti e Domenico Quaranta e da approfondimenti sulle opere in mostra affidati a storici dell’arte italiani e internazionali.

L’introduzione di ciascuna sezione del catalogo è affidata a un testo di carattere scientifico, inedito in lingua italiana, ritenuto di particolare importanza per lo sviluppo del progetto espositivo: Karen Barad per la sezione dedicata al Vuoto, Luciano Floridi per la sezione dedicata al Flusso e Myron W. Krueger per la sezione dedicata alla Simulazione.
Chiude il volume la ripubblicazione di un saggio di Italo Calvino, derivato da una conferenza del 1967 intitolata Cibernetica e fantasmi, in cui lo scrittore descrive la letteratura come processo combinatorio, soffermandosi sull’impatto della teoria dell’informazione sulla letteratura, sulla creazione e sulla nostra visione del mondo, sulla fine dell’autore, sul rapporto uomo-macchina, e su quella che allora non veniva ancora chiamata intelligenza artificiale.

ARTISTI IN MOSTRA
Josef Albers, Agostino Bonalumi, Regina Cassolo Bracchi, Enrico Castellani, Dadamaino, Jean Degottex, Aleksandra Domanović, Ann Veronica Janssens, Yayoi Kusama, Francesco Lo Savio, Scott Lyall, Fabio Mauri, Aiko Miyawaki, Andrés Ramírez Gaviria, Antoine Schmitt, Gerhard von Graevenitz.
Carla Accardi, Cory Arcangel, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Maurizio Bolognini, Paolo Cirio, John F. Simon Jr., Channa Horwitz, Ryoji Ikeda, Vladan Joler, František Kupka, Sol LeWitt, Mark Lombardi, Agnes Martin, Eva e Franco Mattes, Vera Molnár, Roman Opałka, Trevor Paglen, Pablo Picasso, Casey Reas, Evan Roth, Lillian F. Schwartz, Hito Steyerl, Addie Wagenknecht. Arte Programmata 1962: Gruppo T [Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele Devecchi, Grazia Varisco] Gruppo N [Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi, Manfredo Massironi], Getulio Alviani, Enzo Mari, Bruno Munari. Fluxus [Nanni Balestrini, John Cage, Robert Filliou, Alison Knowles, Yoko Ono, Nam June Paik, Mieko Shiomi].
Rebecca Allen, Gazira Babeli, Petra Cortright, Constant Dullaart, Richard Estes, John Gerrard, Elisa Giardina Papa, Duane Hanson, Lynn Hershman Leeson, Agnieszka Kurant, JODI, René Magritte, MSHR, Katja Novitskova, Seth Price, Jon Rafman, Rachel Rossin, Manuel Rossner, Jeffrey Shaw, Timur Si-Qin, Ai Weiwei.

Dal 14 al 16 aprile 2023 torna miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano

Dal 14 al 16 aprile 2023 torna miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano

Dal 14 al 16 aprile 2023 torna miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano

Crescendo è la parola d’ordine dell’edizione, a sottolineare lo sviluppo riscontrato nel corso dei due precedenti anni e il desiderio di proseguire verso una traiettoria ascensionale oltre il 2023…

Dal 14 al 16 aprile 2023 (anteprima VIP il 13 aprile) torna miart la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea di Milano organizzata da Fiera Milano e diretta per il terzo anno da Nicola Ricciardi.
Con 169 gallerie partecipanti (un incremento a doppia cifra rispetto al 2022), provenienti da 27 Paesi nel mondo, con opere di maestri moderni, artisti contemporanei sia affermati che emergenti, la ventisettesima edizione della fiera milanese ribadisce il suo ruolo di appuntamento imprescindibile per il pubblico e i collezionisti italiani e internazionali.

A miart 2023 si tornerà a respirare la vivace internazionalità che aveva caratterizzato le edizioni della fiera fino al 2019, in virtù del fatto che quasi il 40% degli espositori ha una sede all’estero. Oltre al numero delle gallerie, a crescere significativamente è anche la qualità dei progetti per merito di una combinazione di incoraggianti ritorni e importanti new entry. Tra questi, solo per citarne alcuni: 1 Mira Madrid (Madrid), ChertLüdde (Berlino), Ciaccia Levi (Parigi, Milano), C L E A R I N G (Bruxelles, New York, Los Angeles), Corvi-Mora (Londra), Crèvecœur (Parigi), Dvir Gallery (Tel Aviv, Bruxelles, Parigi), Ehrhardt Flòrez (Madrid), Peter Kilchmann (Zurigo, Parigi), KLEMM’S (Berlino), Kendal Koppe (Glasgow), Andrew Kreps Gallery (New York), Galerie Lelong & Co. (Parigi, New York), Madragoa (Lisbona), Mai 36 Galerie (Zurigo), Meyer Riegger (Berlino, Karlsruhe, Basilea), Nino Mier Gallery (Los Angeles, Bruxelles, New York, Marfa), MISAKO&ROSEN (Tokyo), Perrotin (Parigi, New York, Hong Kong, Seoul, Tokyo, Shangai, Dubai), Michel Rein (Parigi, Bruxelles), Repetto Gallery (Londra, Lugano), Richard Saltoun Gallery (Londra, Roma), Chris Sharp Gallery (Los Angeles), Esther Schipper (Berlino, Parigi, Seoul), Eduard Simoens Gallery (Knokke), Gian Enzo Sperone (Sent), Galerie Gregor Staiger (Zurigo, Milano), Tim Van Laere Gallery (Anversa), Galerie Hubert Winter (Vienna), Galerie Fons Welters (Amsterdam), Galerie Jocelyn Wolff (Romainville).

Significativa anche la crescita in termini di estensione geografica delle gallerie coinvolte, che provengono da quattro continenti e da città tra loro molto distanti, come ad esempio San Paolo per HOA Galeria e Shanghai per Capsule Shanghai, Seoul per Foundry Seoul e Accra (Ghana) per Gallery 1957.

Contemporaneamente si riconferma la cura e l’attenzione per l’imprescindibile contesto italiano grazie alla presenza in fiera di alcune delle più dinamiche gallerie del nostro Paese. Tra queste, solo per citarne alcune: Alfonso Artiaco (Napoli), Galleria Tommaso Calabro (Milano), Cardi Gallery (Milano, Londra), Galleria Continua (San Gimignano, Pechino, Les Moulins, L’Avana, Roma, San Paolo, Parigi, Dubai), Raffaella Cortese (Milano), Monica De Cardenas (Milano, Zuoz, Lugano), Galleria dello Scudo (Verona), Studio Gariboldi (Milano), Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. (Bologna,Milano, Parigi), kaufmann repetto (Milano, New York), Magazzino (Roma), Gió Marconi (Milano), Mazzoleni (Londra, Torino), FRANCESCA MININI (Milano), Galleria Massimo Minini (Brescia), Montrasio Arte (Milano, Monza), Galleria Franco Noero (Torino), P420 (Bologna), LIA RUMMA (Milano, Napoli), Tornabuoni Arte (Firenze, Milano, Forte dei Marmi, Crans Montana, Parigi), Vistamare (Pescara, Milano), e ZERO… (Milano).

miart 2023 conferma anche la distribuzione degli spazi in tre sezioni: per dare risalto alla ricerca delle più recenti generazioni di galleristi e artisti, la visita in fiera si apre anche quest’anno con Emergent, la sezione a cura di Attilia Fattori Franchini dedicata a 26 giovani gallerie; si prosegue quindi con Established, la sezione principale che ospita 133 gallerie che espongono opere della più stretta contemporaneità assieme a quelle dedicate all’arte del XX secolo, non tralasciando quelle attive nel settore del design da collezione e d’autore; a completare il percorso Decades, la sezione a cura di Alberto Salvadori che esplora la storia del secolo scorso attraverso 10 progetti monografici dagli anni ’10 del Novecento agli anni ’10 del Duemila.

Dopo lo “smantellamento del silenzio” nel 2021 e il “primo movimento” di una nuova partitura l’anno successivo, nel 2023 miart prosegue solcando le metafore musicali e costruendo l’immaginario della nuova edizione attorno alla parola Crescendo.

 

Nel linguaggio tecnico, l’espressione si riferisce a un’indicazione dinamica musicale che prevede l’aumento graduale dell’intensità del suono. In relazione alla fiera però, questo termine sta a indicare la crescita di partecipazione e di pubblico riscontrata nelle precedenti due edizioni e il desiderio di continuare questa traiettoria ascensionale oltre il 2023. E Crescendo allude anche alla tutela e allo sviluppo della biodiversità, alla cura dell’ambiente e delle sue risorse in riferimento al ruolo svolto da miart nella Gallery Climate Coalition Italia e al suo impegno, sempre crescente, nel favorire pratiche più sostenibili e a minor impatto ambientale.

Tre interpretazioni di Crescendo dunque, – in relazione al suono, art & sound, alle persone, art & bodies, alla cura dell’ecosistema, art & earth – che saranno l’espediente narrativo per raccontare, da qui alla fiera, le opere di alcuni degli artisti che si potranno incontrare ad aprile tra gli stand di miart 2023. Una piccola anticipazione di questa ventisettesima edizione per far crescere di pari passo anche la curiosità, il piacere della scoperta e della condivisione.

Come ogni anno affiancheranno miart le iniziative di Milano Art Week (11 – 16 aprile), la manifestazione diffusa coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e le fondazioni private della città che si occupano di arte moderna e contemporanea, con una programmazione dedicata di mostre e attività. 
In occasione di Milano Art Week aprono alcune mostre della stagione in importanti sedi cittadine, tra cui Candice Lin | Premio Fondazione Arnaldo Pomodoro alla GAM; Ann Veronica Janssens a Pirelli HangarBicocca; il progetto espositivo How you dare alla Fabbrica del Vapore; il progetto Forum 900 al Museo del Novecento, che vedrà la galleria al piano terra ospitare opere di arte contemporanea e trasformarsi in luogo di confronto, dibattito e presentazioni; due mostre, dedicate a Danilo Sciorilli e Aldo Spoldi, alla Fondazione Stelline; la mostra su Dara Birnbaum all’Osservatorio Fondazione Prada e l’artista Nathalie Provosty alla Fondazione ICA. Visite guidate, progetti speciali e aperture straordinarie in tanti spazi espositivi, dal PAC al Castello Sforzesco, da Palazzo Reale al Museo della Scienza e della Tecnologia fino a Triennale Milano, e nelle sedi delle mostre già in programmazione. Non mancheranno, come nelle passate edizioni, iniziative dedicate all’arte pubblica, tra cui l’inaugurazione di nuove opere di ArtLine, il percorso d’arte contemporanea site-specific che si snoda nel parco di Citylife.  

La relazione con Milano sarà inoltre ulteriormente rafforzata da un’inedita e significativa collaborazione con Triennale Milano, che durante i giorni di manifestazione non solo sarà protagonista con la sesta edizione del FOG Triennale Milano Performing Arts, ma diventerà a tutti gli effetti la “casa di miart” in città, ospitando una serie di iniziative dal vivo dove incontrarsi, dialogare e generare energie e riflessioni intorno ad una più estesa idea di arte (miart Live at Triennale Milano).

Continua la collaborazione con il Gruppo Intesa Sanpaolo, che supporta miart in qualità di main partner. Internazionalità, eccellenza e attenzione allo sviluppo culturale del territorio sono i valori che legano miart al gruppo bancario, con l’obiettivo di consolidare la centralità di Milano nel panorama nazionale e internazionale e di offrire alla città un ulteriore volano di crescita e sviluppo economico, culturale e civile. Come da tradizione, la Banca contribuirà all’edizione 2023 portando anche propri contenuti originali. Intesa Sanpaolo Private Banking presenterà l’attività di Art Advisory e i relativi servizi di gestione del patrimonio artistico accogliendo gli ospiti in Fiera, nella Vip Lounge, dove verrà allestita una mostra dedicata a giovani artisti emergenti nell’ambito del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo.

Si conferma per la ventisettesima edizione di miart il Fondo di Acquisizione di Fondazione Fiera Milano istituito nel 2012. Del valore di 100.000 euro è destinato a opere d’arte che andranno a implementare la collezione di Fondazione Fiera Milano, oggi ospitata all’interno della Palazzina degli Orafi, sede di Fondazione, e che attualmente si compone di oltre 100 lavori in rappresentanza di linguaggi artistici differenti. Nella scelta delle acquisizioni Enrico Pazzali, Presidente di Fondazione Fiera Milano, sarà assistito da una giuria internazionale di elevato profilo presieduta da Diana Bracco (Comitato Esecutivo, Fondazione Fiera Milano, Milano).

Sono inoltre confermati: il Premio Herno, giunto alla sua ottava edizione, che assegna un riconoscimento di 10.000 euro allo stand con il miglior progetto espositivo;  il Premio LCA per Emergent, del valore di 4.000 euro, nato nel 2015 dalla collaborazione con LCA Studio Legale e destinato alla galleria con la migliore presentazione all’interno della sezione Emergent; il Premio Covivio, dedicato alla sezione Emergent e che selezionerà un artista a cui commissionare un’opera site specific con un investimento fino a 20.000 euro.

Dopo un anno di pausa, per la sua tredicesima edizione, torna il Premio Rotary Club Milano Brera per l’Arte Contemporanea e Giovani Artisti che, istituito nel 2009 come primo riconoscimento nel contesto di miart, prevede l’acquisizione di un’opera di un artista emergente o mid-career da donarsi al Museo del Novecento di Milano.

A questi riconoscimenti si aggiungeranno altri premi e commissioni, tra cui la prima edizione della Fondazione Henraux Sculpture Commission che prevede la commissione di un’opera in marmo da esporre per un anno al Museo del Novecento di Milano.

A sottolineare la rinnovata internazionalità di miart 2023 anche la prestigiosa lista di direttori e curatori di musei dall’alto profilo che, provenienti da ogni parte del mondo, avranno il compito di individuare le opere e gli artisti vincitori di questi premi e commissioni. Tra loro: Fernanda Brenner (Direttrice Artistica, Pivô, São Paulo); Nicholas Cullinan (Direttore, National Portrait Gallery, Londra); Sébastien Delot, (Direttore, LaM – Lille Métropole Musée d’art moderne, d’art contemporain et d’art brut); Yilmaz Dziewior (Direttore, Museum Ludwig, Colonia); Massimiliano Gioni (Direttore artistico, New Museum, New York e Direttore Artistico, Fondazione Nicola Trussardi, Milano); Radine Leonie (Curatrice, Museion, Bolzano); Laura McLean-Ferris (Curator-at-Large, Swiss Institute, New York); Catherine Nichols (Mediatrice Creativa, Manifesta 14, Pristina e Curatrice, Hamburger Bahnhof – Nationalgalerie der Gegenwart, Staatliche Museen zu Berlin); Ralph Rugoff (Direttore Hayward Gallery at Southbank Centre, Londra); Dirk Snauwaert, (Direttore, WIELS, Bruxelles); Bettina Steinbrügge (Direttore Generale, Mudam Luxembourg).

Si rinnova anche per il 2023 la partnership con Maison Ruinart, che conferma il suo impegno nel mondo dell’arte e della sostenibilità presentando per questa edizione un inedito progetto artistico all’interno della VIP Lounge Ruinart in presenza dell’artista Carte Blanche 2023.

Conferma la sua presenza anche Svizzera Turismo che in occasione della manifestazione presenterà un innovativo concept che verrà svelato nei prossimi mesi e che saprà riflettere le molteplici anime del territorio svizzero.

Con l’edizione 2023, miart continua quindi nel proprio percorso di crescita, coniugando la solidità degli aspetti di mercato con l’attitudine alla ricerca, e ampliando il proprio formato in una piattaforma di osservazione della società e dei suoi cambiamenti.

Tra sogno e realismo: la storia dei Fabelmans

Tra sogno e realismo: la storia dei Fabelmans

Tra sogno e realismo: la storia dei Fabelmans

Attraverso la storia di Sammy e della sua famiglia, possiamo leggere una confessione d’amore al cinema e all’arte…

Il film “The fabelmans” è il primo e più personale racconto filmico di Steven Spielberg, una “lettera d’amore” alla sua famiglia e – soprattutto – al cinema, che racconta le vicende del piccolo Sammy e della sua famiglia, i Fabelmans. Il grande regista americano ci consegna un racconto spigliato, allegro e serio sul cinema, e più in generale sull’arte, che incrocia la dimensione autobiografica e familiare senza però perdere quella profondità nel racconto dei caratteri dei personaggi.

L’amore per il cinema. Questo è il fulcro e il cuore della trama stessa. Non a caso, infatti, il film si apre proprio con il cinema: Sammy, che ha 6 anni, sta per andare a vedere il suo primo film, accompagnato da mamma e papà. Il momento per lui si presenta come una grande sfida che richiede un enorme coraggio: nella sua infantile ingenuità ha paura delle proiezioni gigantesche sullo schermo che rendono un film come un sogno e per Sam “i sogni fanno paura”.

Il padre cerca di convincere il piccolo Sammy descrivendo le caratteristiche tecniche che rendono straordinaria la cinepresa, mentre Mitzi gli ricorda quando i film siano dei veri e propri sogni, indimenticabili e imperdibili. In questa prima scena si può cogliere il punto centrale di tutto il racconto, che ritornerà in tutto il film e che, soprattutto, caratterizza il rapporto tra i genitori, Burt e Mitzi Fabelmans: la strada per l’arte comporta sempre una divisione e segna in maniera indelebile l’esistenza, indipendentemente dalla scelta di percorrerla o meno.

 

 

I due genitori nel corso del film sono sempre più distanti, anche a causa del loro diverso temperamento. Mitzi, la madre, una casalinga ed ex pianista che ha dovuto rinunciare alla sua arte per sposare Burt e per seguirlo nelle diverse destinazione previste dal suo lavoro. Questa scelta, però, la resa profondamente insoddisfatta, non essendo riuscita a seguire quel sogno. Al contrario, Burt è un genio della tecnologia e informatica, uomo buono e gentile, ma spesso incapace – forse proprio per questa diversità – di stare vicino a Mitzi, in particolare per le sue sempre più grandi difficoltà ad accettare la sua posizione.

E in questo senso, Sammy, nel corso della sua crescita, vive una divisione tra il realismo paterno, che non capisce l’arte e i desideri del figlio, e vede per lui un altro futuro, e la visionarietà artistica della madre, che lo accompagna e lo inizia al cinema.
Inoltre, nel corso degli anni che seguono la crescita di Sam, oltre ai genitori, molto importante è poi Loewy, migliore amico e collega di lavoro di Burt, lo “zio” dei Fabelmans, che accompagna la famiglia nelle vacanze, gite e trasferimenti.

Sammy e i suoi genitori vanno a vedere Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. DeMille, ma all’uscita Sam è spaventato dalla nota scena del deragliamento del treno e – per questo – cerca di replicare più volte, a casa, con un trenino giocattolo, la scena vista al cinema. Sammy prova ad esorcizzare il grande spavento che quella ha lasciato in lui. Solo la madre, però, capisce che per Sam può essere una soluzione riprendere solo una volta la scena con la piccola cinepresa del papà. Così, Sam comprende la forza della rappresentazione cineasta e riesce, finalmente, a non aver più paura. In questa prima scena è racchiuso tutto il significato del film: per Sammy si apre il mondo del cinema, del sogno artistico come forma di comprensione della realtà, di avvicinamento e approfondimento alla stessa. Sammy riconosce, fin da questo piccolo cortometraggio, che nel cinema non c’è qualcosa di artefatto o costruito, ma un modo per raccontare qualcosa, per far trovare una via privilegiata a quell’esigenza di esprimere davvero sé stessi.

Reclutando figuranti tra i compagni di scuola e gli amici, gira i primi cortometraggi, dai western a un film sulla Seconda guerra mondiale (un omaggio a Salvate il soldato Ryan?, ndr.) fino a un piccolo lavoro richiesto dal padre su una gita di familiare. Nel montare il cortometraggio, Sam scopre che la madre ha un rapporto molto profondo e sentimentale con lo zio Loewy, e che, al contrario, con il padre si frappone spesso una distanza inconciliabile.

È difficile non riconoscere una posizione di primo piano alla madre di Sam: nel corso del racconto, dopo i numerosi spostamenti di città in città, è sempre più infelice, subendo una drammatica involuzione e decidendo di rompere il matrimonio con Bart. Grazie alla grande interpretazione di Michelle Williams, Mitzi si staglia sulla scena come un grande personaggio drammatico, profondamente combattuto e attraversato dal conflitto mai risolto tra il sogno artistico, vivere per la musica, e la famiglia.

In realtà, in più momenti nel corso del film, e, soprattutto, nei passaggi più difficili della sua vita, vediamo che Mitzi trova rifugio nel pianoforte, ma ormai quel sogno si è ormai ridotto a semplice e accomodante hobby. La musica diventa momento di protezione, di fuga e di chiusura verso il mondo esterno, di esasperazione della propria dimensione emotiva, senza che riesca davvero a comunicare qualcosa agli altri o a portare a maturazione la sua vita o a un qualche forma di miglioramento.

L’arte nel sogno di Sam, che piano piano viene realizzandosi, è diventa sempre più una vocazione personale e totalizzante, proponendosi anzitutto come momento di condivisione ed espressione. È attraverso il cinema che Sam supera la paura degli incidenti ed è attraverso il cinema che Sam scopre la realtà; la vede in maniera più limpida e chiara ed è attraverso il cinema che riesce a mostrare un’immagine degli altri che in qualche modo agli occhi appare offuscata, non chiara.

Mitzi ha un ruolo centrale, proprio perché rappresenta una possibilità d’esistenza davanti agli occhi di Sam: come gli ricorda lo zio, se non seguirà la sua vocazione artistica, sarà condannato al dolore. Sam riconosce nella madre se stesso, sa che è condannato da quel sentore dentro di sé e che, come il destino, non può che scegliere quel sogno e seguirlo.

Sicuramente, un elemento di forza del film è nella grande coesione interna tra i vari filoni narrativi. La storia di Sam e dell’incontro del cinema non scade in forme intimistiche o autocelebrative proprio perché è costantemente riflesso e sfumato dall’approfondimento dei rapporti all’interno della famiglia Fabelmans e nella capacità di Spielberg di indagare i caratteri dei personaggi.

di Simone Mazza