Le 10 novità di EICMA 2021 da non perdere

Le 10 novità di EICMA 2021 da non perdere

Le 10 novità di EICMA 2021 da non perdere​

Vi sveliamo le dieci novità più interessanti di EICMA 2021

Le novità di EICMA 2021. La fiera è finita da più di una settimana, ma noi non riusciamo ancora a dimenticare i bei tempi andati, fatti di corse per i padiglioni, circondati da innumerevoli moto, i personaggi più importanti del mondo del motociclismo e belle ragazze. Dopo sei giorni di fuoco, persi nel paese dei balocchi, siamo tornati alla dura realtà.

Cosa vi raccontiamo di EICMA? Delle sue protagoniste ovviamente, e no, non parliamo delle ragazze immagine, ma delle moto. Degli esseri scultorei che presiedono le motociclette, completandone la forma, inscritte in una perfetta sezione aurea, parleremo più avanti, in un articolo dedicato.

Oggi invece parliamo delle dieci moto più interessanti che sono state presentate a EICMA 2021. Il mercato. da qualche anno a questa parte, sta dimostrando un grande interesse per il segmento adventure e, infatti, le grandi novità rientrano in questa categoria. Cari amici pistaioli e smanettoni quest’anno rimarrete delusi, alla gente è tornata voglia di sporcarsi, o per lo meno di sognare di farlo.

Aprilia Tuareg 660

Probabilmente è la più attesa del salone. La Tuareg 660 incarna alla perfezione le esigenze degli utenti che vogliono una moto polivalente al massimo, senza eccedere in peso e potenza a tutto vantaggio dell’utilizzo offroad. Monta il bicilindrico delle Tuono ed RS della famiglia Aprilia, con una coppa dell’olio meno ingombrante e una fasatura rivista in modo da avere un carattere più adatto all’uso a cui è destinata. Abbiamo avuto modo di parlare con qualche tester delle testate giornalistiche più note e i commenti vanno da un timido: “è a livello delle concorrenti” a un “le altre se le mangia a colazione” facendo crescere in noi la voglia di provarla. Coff coff… Aprilia se ci sei batti un colpo. Se in medio stat virtus, come diceva mia nonna, siamo davanti a un mezzo che ce ne farà vedere delle belle.

Moto Guzzi V100 Mandello

Per la casa Lariana questa moto è sicuramente un passo avanti decisivo. La V100 Mandello è il modello con cui Moto Guzzi vuole affermare la sua presenza tra i grandi marchi del futuro e lo fa al centenario della sua nascita. Motore completamente nuovo denominato “compactblock” raffreddato a liquido, dotazione elettronica completa e sospensioni semiattive, e attenzione: è la prima moto di serie con aerodinamica adattiva. Un po’ touring e un po’ roadster, un po’ classica e un po’ moderna. Quale anno migliore di quello in cui se ne compiono 100 per cambiare passo?

Benelli TRK 800

Sviluppata a Pesaro e prodotta in Cina, la nuova Benelli fa un passo in avanti rispetto alla sorellina da mezzo litro. Le linee aggressive e i volumi più compatti della 502 le donano un look più adventure e meno pacioso. In Benelli sanno tenere i costi bassi, cosa da non sottovalutare quando si parla di vendite, e le caratteristiche tecniche come l’estetica ci sono. Con poco più di 75 CV si fa tutto e anche di più, senza far gridare al miracolo. L’anno prossimo sarà sicuramente in top ten vendite di categoria.

CFMoto MT800

Altra casa cinese ma questa volta con un po’ di Austria dentro. La CFMoto infatti ha stretto una collaborazione con KTM (Pierer Mobility AG, di cui KTM fa parte) per la produzione di veicoli in Cina e lo scambio di know how e materiali. La MT monta il propulsore LC8 di 799 cc già visto su Duke e Adventure 790, ha una linea molto personale, che a noi ricorda un po’ il muso di un cetatceo, e una dotazione elettronica completa. Anche qui il prezzo competitivo a far gola è assicurato. Stessa potenza dell’Adventure 790 (95 CV) e un po’ di coppia in meno (77 Nm in totale).

Honda NT1100

Equipaggiata con il motore delle Africa Twin 1100, la NT segna il ritorno di Honda nelle turismo con l’anteriore da 17 di grossa cilindrata. La linea ricorda un po’ quella dell’ X-ADV e non a caso vuole essere molto protettiva, con tanto di paratie per l’aria per i piedi. Sarà disponibile nella versione DCT (cambio automatico) e con il classico manuale. Non ci resta che aspettare che venga provata dalla stampa, o che Honda ci contatti per sapere cosa ne pensiamo.

Lucky Explorer Project

Vicino allo stand MVAgusta ce n’era un altro, che riportava il logo di una leggendaria livrea che decorava le moto di una notissima casa italiana, che per anni ha primeggiato alla Dakar. Allo stand stanziavano due prototipi, attorniati dalle moto che hanno scritto la storia dai Rally Raid Africani. Per ora si chiamano 9.5 e 5.5, nulla di più. Il primo sarà un prodotto premium, motorizzato MV e con componentistica di pregio. Il secondo un prodotto di fascia media, motorizzato Benelli e una componentistica di discreto livello. Monteranno rispettivamente cerchi con accoppiata 21-18 e 19-17, a sottolinearne l’indole. Alberto De bernardi, Events Coordinator di MV, ci ha raccontato dei due modelli Lucky Explorer Project e si è lasciato scappare un’ indiscrezione sul marchio con cui potrebbero uscire le nuove moto.

Fantic XEF 450 Rally

Base Yamaha per la nuova moto veneta da Rally. La XEF 450 verrà commercializzata in due versioni: quella in foto, omologata per uso stradale e una Racing specifica per le competizioni. Alla presentazione c’era Franco Picco, Dakariano di cittadinanza, che correrà su questa moto la prossima gara in Arabia Saudita. Franco per la sua ventottesima partecipazione alla Dakar si concederà le “coccole” del team ufficiale Fantic Motor dopo l’ esperienza dell’anno scorso nella categoria Original by Motul che una volta si chiamava Malle Moto.

Suzuki GSX-S GT

Suzuki lancia la sua nuova Gran Turismo, che viene lanciata con una dotazione completa di valigie laterali di serie, TFT, presa 12V e cupolino regolabile. Tutto ciò unito alla capacità di quelli di Hamamatsu di centrare il rapporto qualità prezzo. La linea della giapponese si discosta dal family feeling Suzuki, non riprendendo il solito faro centrale sviluppato verticalmente dei modelli più sportivi. L’anteriore ricorda un po’ le Tracer e le nuove R di Yamaha, mentre di lato si nota una certa somiglianza con i volumi della Ninja SX. La linea nel complesso è piacevole ma poco personale.

Triumph Tiger 1200

La tre cilindri di Hinckley è stata presentata in via definitiva pochi giorni fa ma a EICMA era presente in vesti provvisorie. Le grafiche in foto sono ancora quelle prototipali a trama ripetuta, che solitamente si usano per nascondere le linee sottostanti, ma in triumph hanno rivoluzionato il progetto, motivo per cui gli giustifichiamo il ritardo. È sicuramente una delle grandi attese, ci sarebbe piaciuto vedrela in via definitiva dal vivo.

Moto Morini X-Cape

La nuova adventure italiana ha tutte le carte in regola per essere apprezzata dal pubblico: sella bassa, un rapporto peso potenza adeguato e cerchi 19-17 tubeless. Tra le adventure di cilindrata medio bassa è quella che spicca di più per indole avventuriera e prezzo invitante. La lina è piacevole e ha già riscosso parecchio interesse tra gli appassionati.

10 +1: Ténéré 700 prototype

Più uno come l’intruso di cui mi sono accorto solo sistemando i vari scatti e più uno perchè più che una vera novità è un prototipo di cui non si conosce ancora il destino, anche se probabilmente, come si ventila da tempo, qualcuno (vedi sotto) potrebbe farci qualche rally. Devo ammettere che mi è piaciuta un sacco, ma dopo quattro anni di onorato servizio ci si aspettava qualche aggiornamento più di sostanza. Il progetto è validissimo e in Yamaha lo stanno sfruttando appieno, ma stiamo parlando di una moto, che per il 2022 è ancora allo stato prototipale, per quanto riguarda le sovrastrutture, ma pur sempre con le stesse caratteristiche tecniche di ormai tre anni fa. Grandissima aria di artigianalità e collaudatori d’eccezione come Alessandro Botturi -abbiamo intervistato Botturi, al link trovate il video- e Pol Tàrres. Dall’anno prossimo il numero delle rivali aumenterà, mentre di questa versione non si consce ancora il destino commerciale. In ottica futura una rinfrescata era d’obbligo.

Mattia Caimi

Appassionato di moto in tutte le salse, é cresciuto leggendo i "Pensieri sporchi" del Ciaccia. Ama scrivere del mondo del motociclismo, fingendo di capirne qualcosa.

Agostino: un paradigma del romanzo di formazione

Agostino: un paradigma del romanzo di formazione

Agostino: un paradigma del romanzo di formazione

Agostino, pubblicato nel 1943, è la narrazione di una scoperta conseguente a una rottura: il sesso al venir meno del quasi edipico rapporto con la madre. Torbida, corrotta e insidiosa, la sessualità priva Agostino di ogni innocenza, gettandolo prepotentemente nell’intricato mondo degli adulti.

Additato come romanzo “scabroso” dalla censura fascista, Agostino, scritto da Alberto Moravia nel 1943, è ascrivibile al genere del romanzo di formazione, come narrazione del traumatico ingresso del suo protagonista nel mondo della sessualità e della piena adolescenza. Agostino ha infatti appena tredici anni, vive con la madre e ogni anno trascorre con lei le vacanze estive in Toscana. Verso la madre, donna bella e ancora nel fiore degli anni, Agostino nutre una sorta di venerazione che lascia pensare a un irrisolto complesso edipico. Godendo del privilegiato momento delle vacanze per poter trascorrere del tempo da solo con lei, Agostino vede turbato il proprio equilibio dall’arrivo di un giovane di nome Renzo, con il quale presto la donna intreccia una relazione a danno delle attenzioni rivolte al figlio.
L’evento è per Agostino causa di profondo turbamento, gelosia e conflitto con la madre, al punto che un giorno, lasciato solo dalla donna decide di allontanarsi dal proprio lido imbattendosi nel giovane Berto e in un gruppo di ragazzi che giocano a guardia e ladri sulla spiaggia. Agostino apprende da loro che la madre è considerata una donna facile. La notizia, produce nel giovane un radicale cambiamento di atteggiamento, arrivando addirittura a provare fastidio per il modo di lei di trattarlo ancora come un bambino.

Agostino avverte sempre più il bisogno di entrare nel “mondo dei grandi”, di avere un rapporto con una donna, di sentirsi “uomo”; la ricerca di una donna “altra” è il segno più evidente del tentativo di sostituzione della figura materna, e liberazione da essa. Venuto a conoscenza dal giovane Tortima dell’esistenza di una casa di appuntamenti nella città, procuratosi i soldi necessari, cerca di accedere al postribolo ma viene allontanato perché troppo giovane.
Agostino verte in una condizione di incomunicabilità con l’esterno, che sembra parzialmente infrangersi e aprire la strada a una nuova maturità quando alla delusione nel postribolo, segue la richiesta di Agostino alla madre di tornare a casa, e che da quel momento lei impari a trattarlo da uomo e non più da bambino.
La distruzione delle certezze che accompagnano la fanciullezza e la necessità di ritrovare sé stessi a partire da nuovi presupposti segnano quel momento di complicato passaggio e ingresso nell’adolescenza. La narrazione dagli occhi di un adolescente scandaglia nel profondo i turbamenti interiori, oltrepassando i confini del piatto naturalismo e ricercando i meccanismi più profondi che fanno di ogni giovane un uomo.

La rappresentazione delle frustrazioni e della ricerca di precarie certezze che sembrano costantemente infrangersi alla prova dei fatti, funge da specchio per ogni lettore che riveda un po’ di sé stesso in quel senso di smarrimento, innalzando la prosa di Moravia a dettato intimo e collettivo.
E così osservò il critico Geno Pampaloni in merito:
“La primitiva ispirazione rigoristica, che è all’origine del libro, si risolve in una sorta di languore, che lo scrittore identifica con grande maestria nella spossatezza sfibrante di un’estate assolata lungo la spiaggia […]. Proprio mentre scopre, nelle memorabili pagine finali del libro, che egli è lasciato solo con la sua responsabilità di giudizio di fronte anche agli affetti più gelosi e profondi come quello per la madre, Agostino è trascinato a essere complice con la vita quale che è”.

Martina Tamengo

U. Eco una volta disse che leggere, è come aver vissuto cinquemila anni, un’immortalità all’indietro di tutti i personaggi nei quali ci si è imbattuti.

Scrivere per me è restituzione, condivisione di sè e riflessione sulla realtà. Io mi chiamo Martina e sono una studentessa di Lettere Moderne.

Leggo animata dal desiderio di poter riconoscere una parte di me, in tempi e luoghi che mi sono distanti. Scrivo mossa dalla fiducia nella possibilità di condividere temi, che servano da spunto di riflessione poiché trovo nella capacità di pensiero dell’uomo, un dono inestimabile che non varrebbe la pena sprecare.

Un vento leggero: il femminismo di Isabel Allende

Un vento leggero: il femminismo di Isabel Allende

Un vento leggero: il femminismo di Isabel Allende

Isabel Allende è senza alcun dubbio una delle scrittrici più amate al mondo. Cilena, naturalizzata statunitense, l’autrice latino-americana ha saputo trasformare le sue parole in un’arma contro una società che non sta al passo con i tempi.

Femminista sin dalla nascita, l’Allende racconta la sua storia e così quella di tante, troppe donne che leggendola si uniscono alla sua voce: è il suo ultimo romanzo “Donne dell’anima mia”.

Gli inizi

Nata a Lima in Perù il 2 agosto 1942, Isabel Allende comincia già da bambina a immaginare i luoghi e i personaggi che poi diventeranno i protagonisti dei suoi romanzi. La madre, Francisca Llona Barros, divorzia dal padre, Tomás Allende, quando la scrittrice ha solo tre anni e Isabel non conoscerà mai suo padre. Sola, con tre figli e senza alcuna esperienza lavorativa, la madre si trasferisce a Santiago del Cile insieme ai fratelli grazie all’aiuto del cugino del padre, il futuro presidente del Cile: Salvador Allende. Vengono ospitati a casa del nonno e il ricordo di questi luoghi sarà poi evocato nel primo romanzo della scrittrice, La casa degli spiriti, nato da una lunga lettera che Isabel scrisse proprio al nonno. Bambina inquieta e già cittadina del mondo, si trasferisce in Bolivia, successivamente in Europa e poi in Libano sempre a causa del lavoro diplomatico del marito della madre. Nel 1959 torna in Cile e tre anni dopo sposa Michael Frias con cui avrà due figli, Paula e Nicolàs. La sua intelligenza, acutezza e forza emergono sin da giovane nel suo lavoro di giornalista che la farà emergere ben presto come una figura coraggiosa e rivoluzionaria. Dopo il colpo di Stato di Pinochet dell’11 settembre 1973, si trasferisce nel 1975 a Caracas, per poi andare a vivere definitivamente negli Stati Uniti dove conosce il suo secondo marito William Gordon.

Collezionista di ricordi

Negli anni trascorsi in America comincia la fase più prolifica della scrittrice. È il periodo in cui si delinea il suo stile caratteristico, che unisce un linguaggio giornalistico e il realismo magico, la metafora e la brutalità, la responsabilità politica e storica, il romanticismo e la magia, il tutto condito da un’acuta lucidità e da un senso dell’umorismo dolce e indulgente. Le sue opere sono state classificate nel movimento letterario conosciuto come Posboom: sono o sembrano autobiografiche, ma lei preferisce definirle “memorias”, ovvero “collezioni di ricordi più vicine alla finzione che alla realtà”. Isabel Allende non ha dimostrato di essere soltanto una scrittrice, ma una forza della natura e con il suo talento ha costruito un meraviglioso mondo immaginario dove tutto è possibile oltre le lingue, le religioni, i confini geografici e culturali.

Donne dell’anima mia

“Mujeres del alma mía” edito da Feltrinelli con il titolo Donne dell’anima mia è l’ultimo libro terminato dall’autrice nel marzo del 2020.Un originale diario della ribellione all’autorità maschile, ma anche un manifesto per frammenti e memorie, a partire dalla condizione della madre Panchita (così chiamata affettuosamente) abbandonata dal marito in Perù insieme ai suoi tre figli.

Risultato immagine per isabel allende e  panchita

Con il suo Donne dell’anima mia l’Allende cerca di dare il suo contributo alla lotta contro la violenza sulle donne, frutto di quella cultura del patriarcato di cui lei stessa è stata testimone. Con un discorso informale, come lei stessa lo definisce, ci racconta la storia di sua madre e ci parla del femminismo sviluppatosi in lei già nella primissima infanzia. “Non esagero quando dico che sono femminista dai tempi dell’asilo”. Isabel Allende nel suo romanzo afferma di non aver bisogno di inventare le protagoniste dei suoi libri, donne forti, decise: ne è sempre stata circondata. Sono donne sfuggite alla morte, alcune hanno subito traumi indelebili, altre hanno perso tutto e nonostante questo ce la fanno. Sono donne che si rifiutano di essere trattate come vittime, hanno dignità e coraggio, si rialzano, vanno avanti e lo fanno senza perdere la capacità di vivere con amore, compassione, gioia.

Il patriarcato è di pietra, il femminismo è fluido

A soffrire di più di quella condizione era l’Allende bambina, come se avesse capito già tutto di quella cultura del dominio dell’uomo sulla donna, che porta ancora il Cile ad essere uno dei paesi al mondo con la più alta incidenza di violenza sulle donne. Un paese in cui solo di recente grazie a Michelle Bachelet, la prima presidente donna, è stato garantito l’accesso facile e gratuito agli anticoncezionali, sono state promulgate leggi di protezione a favore delle donne e sono state costruite strutture di accoglienza. Nonostante l’informazione, l’educazione e le nuove regole però, la Bachelet non è riuscita a far passare al Congresso la legge per depenalizzare l’aborto. Se c’è forse un limite alla visione della Allende è proprio quello di guardare al fenomeno e di strutturare il femminismo partendo proprio dalla visione del suo paese d’origine e di quella del Sudamerica e dei paesi sottosviluppati. Di contro è anche la sua forza, perché proprio per la stessa ragione il femminismo della scrittrice non ha nulla di banale o di trascurabile e poco ha a che vedere con il lessico e il linguaggio:

«Le parole sono importanti come macigni quando sono dispregiative nell’educazione alla parità non quando usiamo architetto al posto di architetta, o avvocato invece che avvocata. Le parole sono importanti nel concetto di educazione alla discriminazione che nulla a che vedere con le quisquilie su cui mettono l’accento quelle che si definiscono femministe nel nostro mondo».

Isabel Allende

 

Un vento leggero

Donne dell’anima mia è un urlo, l’ennesimo, per fermare la violenza, lo sfruttamento, gli abusi: è la voce di una donna che arrivata alla soglia dei suoi ottant’anni non smette di credere nell’uguaglianza, nella libertà, nelle pari opportunità, che non sceglie la strada facile e non accetta compromessi. Isabel Allende non ha mai smesso di credere nella vita nonostante le sofferenze, a partire dalla morte della figlia Paula, deceduta giovanissima. È dal dolore per la perdita di Paula che nasce nel 1996 la Fondazione Isabel Allende, una missione che, come un vento leggero, investe nel potere dell’universo femminile per garantire l’indipendenza economica e la libertà dalla violenza.

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Giulia Villani

Giulia, classe ’99, laurea in Comunicazione e un sacco di idee per la testa. “Il mio problema è ciò che resta fuori, il non-scritto, il non-scrivibile. Non mi rimane altra via che quella di scrivere tutti i libri…”. Molto probabilmente non scriverò tanti libri quanti Calvino, ma ogni storia che merita di essere raccontata.

IoVoceNarrante? La mia penna.

E-Commerce: la fine dell’effetto pandemia

E-Commerce: la fine dell’effetto pandemia

E-commerce: la fine dell’effetto pandemia

Consumatori più accorti e attività di marketing avanzate e più mirate. La PlayStation 5 è l’oggetto più cercato online, Amazon il sito più cliccato e Nike e H&M i brand più richiesti…

Lo scorso anno la Pandemia aveva portato ad un boom dell’e-commerce, con una spesa di 9 miliardi di dollari solo durante il Black Friday. Cosa aspettarsi, dunque, per il 2021
Semrush, piattaforma di Saas per la gestione della visibilità online, ha analizzato le ricerche sul web fatte con finalità di acquisto, per individuare quale sarà la tendenza quest’anno e i prodotti che stanno destando maggior interesse tra i consumatori.

Innanzitutto, va detto che dallo studio sembra essere finito “l’effetto Pandemia”, con dati in calo rispetto allo scorso anno. Le ricerche per acquisti online sono diminuite di quasi il 55%, riportando il volume di ricerca ai livelli pre-2018. Anche le digitazioni correlate all’item “Black Friday” sono più basse di quanto fosse nel 2018, e quasi la metà del 2019.
I commercianti, però, non devono scoraggiarsi, perché il Black Friday 2021 vedrà probabilmente il maggior numero di visite di sempre, con alcune differenze nei comportamenti di acquisto.

Il miglioramento degli approcci di vendita online, caratterizzati da azioni di marketing avanzate e sempre più mirate, e una maggior consapevolezza da parte dei consumatori, sempre più accorti ed esigenti, produrranno, comunque ottimi risultati, anche se con numeri un po’ più moderati.
Quanto ai prodotti che stanno destando maggiore interesse, ai primi posti ci sono device tecnologici. Prima su tutti la PlayStation 5 di Sony (PS5), con oltre 18 milioni di ricerche accumulate tra gennaio e settembre 2021. Al secondo posto, a pari merito, troviamo l’iPhone 11 e il 12, con solo 1 milione di ricerche in meno rispetto al numero uno in classifica.

Per quanto riguarda le piattaforme in cui si fa più shopping, ancora una volta Amazon domina la classifica dei rivenditori più popolari, con un volume di traffico quattro volte quello del concorrente più prossimo, eBay.
Quando si tratta di brand, Nike e H&M sono i vincitori assoluti. Otto dei primi dodici marchi appartengono al settore dell’abbigliamento, che ha visto un’impennata delle vendite e altri vantaggi come una massiccia riduzione del magazzino. In breve, le persone stanno abbandonando il loro abbigliamento da casa a vantaggio della moda, a mano a mano che le restrizioni vengono eliminate. Sicuramente una nota decisamente positiva per il settore dell’abbigliamento, che nel 2020 ha sofferto profondamente per le chiusure, registrando in alcuni casi perdite di fatturato fino all’80%.

Piacevole sorpresa, l’aumento delle vendite dei prodotti sostenibili. Dopo un aumento del 200-380% su base annua delle ricerche di prodotti sostenibili nel 2018 e del 72-210% nel 2019, si era registrato un calo di interesse. Forse perché tra i consumatori si è diffusa una maggior conoscenza dei temi legati allo shopping sostenibile, per questo oggi hanno meno bisogno di cercare online informazioni a riguardo.
Negli ultimi anni si sono affermati anche motori di acquisto specializzati in e-commerce etici, progettati per mostrare solo prodotti sostenibili, come EarthHero, che vede circa 200-300 mila visitatori unici al mese, ma anche plug-in per il browser, come DoneGood, che hanno reso la ricerca di parole chiave per lo shopping sostenibile in qualche modo ridondante. 

 

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About women: La cultura del possesso

About women: La cultura del possesso

About women: La cultura del possesso

Il reato di violenza sulle donne concerne una rosa di fenomeni comprendenti: femminicidio, violenza fisica e psicologica, stalking, subordinazione. L’ONU si è impegnata a bollare questo fenomeno come atto di violazione dei diritti della persona, ma né le organizzazioni internazionali né le singole nazioni sembrano essere in grado di intervenire adeguatamente, e l’Italia tra di loro.

La recente “brutta figura” di Barbara Palombelli in merito alle vittime di femminicidio può servire da spunto a una considerazione che, si intenda, non giustifica nessun tipo di aggressione e/o omicidio ma presuppone un discernimento tra l’atto di omicidio in quanto tale e quello di femminicidio, tenendo a mente che: non tutte le morti di donne sono ascrivibili alla dinamica di “femminicidio”, a differenza di quanto spesso i giornalisti “gridano” sulle maggiori testate. Per poterne parlare è infatti necessario un atto di omicidio doloso o preterintezionale, preceduto da comportamenti misogini da parte di un individuo di sesso maschile e di fatto fondato su una presunta disparità di genere dove la donna è considerata inferiore e dunque sottoponibile a una dinamica patriarcale di subordinazione e assoggettamento tanto fisico quanto psicologico.
Da alcune rilevazioni Istat (Istat-2014) risulta che circa il 31.5% delle donne italiane in età compresa tra i 16 e i 70 anni abbia subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, di cui solo il 13.6% da partner o ex partner. La maggior parte delle violenze subite avvengono infatti da estranei. Il dato, già sconcertante in sé, lascia intendere che per questi uomini, una donna in quanto tale, possa essere posseduta fisicamente per il solo fatto di essere donna, inferiore, strumento di conseguimento di un personale piacere: illegale e lesivo della persona che subisce ma, evidentemente, irrilevante per il carnefice.
La violenza fisica non risulta tuttavia essere l’unica forma di violenza, a essere coinvolte sono anche forme violenza psicologica, economica, svalorizzazione e intimidazione, che colpiscono il 26,4% delle donne. Dinamica che aprirebbe un più ampio, ma poco attinente, discorso sulla disparità di genere di salario e impiego in Italia, disparità che spesso rende le donne economicamente dipendenti dai partner, in una logica di possesso che sembra cifra della cultura italiana da decenni.
La recente pandemia sembra non aver migliorato la situazione. Nel corso del 2020 infatti, le chiamate al 1522 (numero di emergenza contro la violenza sulle donne e stalking), sono aumentate rispetto allo stesso periodo del 2019 del 79.5%. Segnalazioni perlopiù circa violenze di carattere fisico, tra le quali aumenta la quota di vittime under 24 di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Neppure in termini di femminici la situazione sembra migliore, nel 2021 dati raccolti dal Dipartimento di Sicurezza del Ministero dell’Interno hanno rilevato l’essersi verificati già 178 femminicidi dall’inizio dell’anno, dove le regioni maggiormente soggette sono state: Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Sicilia.
Sembra “solo” retorica, ma i dati smentiscono le infondate accuse. Un problema sociale in Italia, non certo irrilevante, sembra essere la logica maschile di predominio sulla donna. Molti uomini dimenticano come ogni atto di violenza sia una violazione di un diritto umano, diritto riconosciuto dall’ONU. Ogni atto di violenza provoca gravi ripercussioni tanto sulla salute fisica, quanto su quella mentale delle vittime (ed eventuali figli e famiglie), segnandole indelebilmente per tutto l’arco della loro vita. La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ogni 25 novembre, pone sotto gli occhi di tutti una drammatica verità: che il fenomeno è globale, che non appartiene solo a culture indigene, “poco progredite” diremmo noi, ma coinvolge tutti i cittadini del mondo e assegna loro la responsabilità di intervenire per estirpare una dinamica profondamente radicata nel sesso maschile da secoli.

Fonti:
Istat, 2014
Sky Tg24
Il Fatto Quotidiano
Ministero della Salute

Martina Tamengo

U. Eco una volta disse che leggere, è come aver vissuto cinquemila anni, un’immortalità all’indietro di tutti i personaggi nei quali ci si è imbattuti.

Scrivere per me è restituzione, condivisione di sè e riflessione sulla realtà. Io mi chiamo Martina e sono una studentessa di Lettere Moderne.

Leggo animata dal desiderio di poter riconoscere una parte di me, in tempi e luoghi che mi sono distanti. Scrivo mossa dalla fiducia nella possibilità di condividere temi, che servano da spunto di riflessione poiché trovo nella capacità di pensiero dell’uomo, un dono inestimabile che non varrebbe la pena sprecare.

Dostoevskij: lo scrittore dei demoni interiori

Dostoevskij: lo scrittore dei demoni interiori

Dostoevskij: lo scrittore dei demoni interiori 

Fëdor Dostoevskij, scrittore e filosofo russo, ha dato vita a romanzi straordinari e a personaggi controversi e affascinanti. La vita dello scrittore ha subìto una svolta a causa della finta condanna a morte, una vita già attraversata dal fardello dell’epilessia, che avrà un forte impatto nella scrittura dei suoi romanzi.

Dostoevskij, secondo di sette figli, nacque nel 1821 da un padre dispotico e autoritario e da una madre molto credente e amante della musica. Gli insegnò a leggere e gli fece conoscere il testo biblico.
Il primo episodio di epilessia avvenne in seguito alla morte del padre, ucciso probabilmente dai contadini che maltrattava.

Dopo tale evento, si avvicinò al Circolo di Petrasevskij, un gruppo che discuteva di politica e socialismo ogni venerdì, che poco dopo venne arrestato. Anche il giovane Fëdor subì l’arresto e venne condannato a morte. Si trattava, però, di una finzione architettata dallo spietato zar Nicola I. La pena di morte si trasformò nell’esilio in Siberia, un periodo lungo e travagliato, caratterizzato dalla violenza, che inevitabilmente cambiò la sua vita per sempre e che precedette la scrittura dei suoi grandi romanzi.

Dostoevskij avrebbe scritto ugualmente Delitto e castigo, Memorie dal sottosuolo o L’idiota se non avesse subito una serie di drammi, esperienze terrificanti e una finta condanna a morte? Molto probabilmente no. Forse avrebbe scritto d’altro, con il medesimo talento che lo contraddistingue, ma quelle tematiche, quei dialoghi e quei personaggi non sarebbero esistiti.

Personaggi pienamente caratterizzati e riconoscibili, a partire dal loro aspetto fisico, coerente con la loro personalità. Sono memorabili per i loro pensieri intensi e contorti. Sono controversi, ribelli e fragili per le azioni che compiono, per le strade pericolose che percorrono e che saranno al centro dei loro pensieri e dialoghi.

Memorie dal sottosuolo è un romanzo pubblicato 1864, ma in Italia la prima edizione risale al 1919. Leggiamo l’incipit:

Io sono una persona malata… sono una persona cattiva. Io sono uno che non ha niente di attraente. Credo d’avere una malattia al fegato. Anche se d’altra parte non ci capisco un’acca della mia malattia, e non so che cosa precisamente ci sia di malato in me. Non mi curo e non mi sono mai curato, anche se la medicina e i dottori io li rispetto. Per di più sono anche superstizioso al massimo grado; o per lo meno quanto basta per rispettare la medicina.

Difficile affermare cosa sia Memorie dal sottosuolo, sicuramente sappiamo cosa non è: un romanzo banale, convenzionale e leggero. Leggere i testi di Dostoevskij e della letteratura russa in generale, non è semplice, bisogna essere ben disposti, pronti, forse lettori maturi abbastanza da riuscire ad apprezzare lunghi periodi, pensieri contorti, personaggi sofferenti e bizzarri, fuori dal comune.

L’uomo del sottosuolo è il protagonista di un romanzo che ha l’aspetto di un lungo monologo. Non presenta una vera e propria trama, ma il vissuto interiore, i problemi, i dubbi, gli impulsi di un uomo che rifiuta di essere come gli altri. E chi sono gli altri? Le persone perbene, che reprimono pensieri che non si possono dire a voce alta. È un uomo perso, smarrito in un’esistenza priva di luce, alla ricerca di quella stessa luce che non riesce a trovare. Il sottosuolo è il posto in cui trova rifugio, lontano da tutti gli altri.

Pensieri e dialoghi sulla pena di morte attraversano Delitto e castigo, pubblicato nel 1866 e giunto in Italia nel 1889. Incipit:

All’inizio di un luglio straordinariamente caldo, verso sera, un giovane scese per strada dallo stanzino che aveva preso in affitto in vicolo S., e lentamente, come indeciso, si diresse verso il ponte K. Sulle scale riuscì a evitare l’incontro con la padrona di casa. Il suo stanzino era situato proprio sotto il tetto di un’alta casa a cinque piani, e ricordava più un armadio che un alloggio vero e proprio.

Il protagonista è Raskòl’nikov, un giovane studente universitario che vive in una stanza molto piccola e angusta, dorme sul divano perché non possiede un letto, indossa sempre gli stessi vestiti e vive in una condizione di povertà. Porta avanti idee problematiche per chi le ascolta, come la libertà assoluta, che apparterrebbe agli uomini superiori, che possono appropriarsi di qualsiasi forma di libertà perché a loro tutto è concesso.

Il romanzo è attraversato da un delitto, di cui qualcuno si macchia, dall’ossessione per il castigo che potrebbe ricevere ma che non è pronto a subire. Ogni personaggio all’interno di Delitto e castigo ha qualcosa da dire, nulla è lasciato al caso e i pezzi di un puzzle che sembra non risolversi mai alla fine combaciano tutti.

Concludiamo il nostro breve percorso, nonostante ci siano tanti altri incredibili romanzi scritti dallo scrittore russo, con L’idiota, del 1869, e incominciamo sempre dall’incipit:

Verso le nove del mattino d’una giornata di sgelo, sul finir di novembre, il treno della ferrovia Pietroburgo-Varsavia si avvicinava a tutto vapore a Pietroburgo. Il tempo era così umido e nebbioso, che a stento si era fatto giorno; difficile era distinguere qualche cosa dai finestrini della carrozza a dieci passi di distanza, a destra come a sinistra della linea.

La stesura di quest’opera fu contemporanea al periodo in cui Dostoevskij visse in esilio in Siberia. “L’idiota” è Lev Nikolaevic Myškin, un giovane principe appena ritornato in Russia dalla Svizzera, dopo essere stato curato dall’epilessia. Egli osserva il mondo con stupore e ingenuità, a causa della malattia che per molti anni lo aveva reso incosciente. Il mondo appare ai suoi occhi per la prima volta e ascolta le persone che gli parlano con meraviglia, come se non avesse mai ascoltato nessuno in vita sua.

L’idiota non sa mentire, non sa reagire di fronte agli insulti ed è confuso, è buono e per questo viene definito idiota.

Il punto forte di romanzi di Dostoevskij è la costruzione e caratterizzazione dei suoi personaggi. Le trame passano in secondo piano, nonostante catturino l’attenzione di chi legge. Le riflessioni e i pensieri conferiscono ai suoi testi un’originalità inimitabile.

Aprire uno di questi libri per la prima volta ci rende confusi, ci chiediamo cosa stiamo leggendo, non riusciamo a capire. Poi, se abbiamo la pazienza e la voglia di continuare, ci accorgeremo che sarebbe stato folle non farlo. Chiudere uno di questi libri per l’ultima volta, dopo aver terminato la nostra lettura, ci lascerà un senso di vuoto e pienezza al tempo stesso.

Dostoevskij morì il 9 febbraio 1881, i suoi personaggi sono immortali.

Martina Macrì

Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.