Pasolini tra realismo e malinconia
Pier Paolo Pasolini ha scritto opere intrise di originalità e realismo, ha sposato un incredibile coraggio e ha subìto denunce, processi e arresti. Prima scrittore di romanzi, quali Ragazzi di vita e Una vita violenta, poi sceneggiatore e giornalista.
Pasolini nasceva il 5 marzo 1922 a Bologna in una famiglia borghese. Seguì le orme della madre, un’insegante, laureandosi in Lettere e svolgendo la professione di maestro. Rimase con lei per un periodo nel Friuli, mentre il fratello era un partigiano che in seguito venne ucciso.
I primi problemi nacquero a causa delle sue tendenze omosessuali, che la scuola pubblica non accettava, e fu costretto a lasciare l’insegnamento. Per il medesimo motivo venne espulso dal partito comunista.
A seguito di usa serie di accuse, si trasferì a Roma con la madre e visse anni difficili. Trovò lavoro come insegnante in alcune scuole private e in tale occasione conobbe i ragazzi di borgata, che ispirarono i suoi grandi romanzi di successo: Ragazzi di vita e Una vita violenta.
Ragazzi di vita fu un vero e proprio successo editoriale e fece sorgere molte polemiche, a causa di espliciti riferimenti al sesso e a un uso linguistico estremamente realistico, che riproduceva in modo fedele le espressioni utilizzate da quegli stessi ragazzi romani che Pasolini conosceva.
È un romanzo che racconta le condizioni di miseria, la quotidianità e gli atti crudeli e violenti – truffe e furti – dei giovani ragazzi appartenenti a un ambiente difficile nel secondo dopoguerra.
“Faceva un caldo che non era scirocco e non era arsura, ma era soltanto caldo. Era come una mano di colore data sul venticello, sui muri gialletti della borgata, sui prati, sui carretti, sugli autobus coi grappoli agli sportelli. Una mano di colore ch’era tutta l’allegria e la miseria delle notti d’estate del presente e del passato.”
Quello che Pasolini racconta è la vita vera, spietata e crudele, che i personaggi del suo romanzo cercano di affrontare per sopravvivere.
Una vita violenta è il secondo romanzo di Pasolini, pubblicato nel 1959, che riprende le tematiche, le ambientazioni e i problemi del primo. La borgata è ancora al centro, ma raccontata attraverso la vita di Tommaso Puzzilli, un ragazzo che cerca di sopravvivere alla miseria della periferia tra furti e prostituzione. Tutto cambia quando incontra Irene, una ragazza di cui si innamora. Vorrebbe trasformare la sua condizione, trovare una felicità che non ha mai sperimentato veramente, ma quella stessa vita sembra voltargli le spalle con violenza.
Nel 1961, dopo aver abbandonato la scrittura di romanzi per dedicarsi al cinema, Una vita violenta ispirerà il suo primo film, Accattone.
Pasolini non nascondeva la propria omosessualità, non mentiva presentando un’immagine distorta di sé. Si esponeva continuamente, polemizzando contro la società contemporanea, gli uomini di cultura e di partiti politici, contro i borghesi e soprattutto contro una Chiesa ricca ma poco attenta alla trasmissione del messaggio di Cristo. Il cristianesimo è al centro di un film del 1964, provocatorio e originale, Il vangelo secondo Matteo, in cui Cristo parla con gli apostoli di questioni sociali.
Pasolini forse auspicava alla promozione di una società utopica in cui fossero tutti uguali, in cui non esistessero giudizi e sopraffazioni e la gente avesse voglia di vivere.
Per conoscere il lato umano, familiare e personale di Pasolini dovremmo leggere la lunga lettera scritta da Oriana Fallaci dopo la sua morte, avvenuta il 2 novembre 1975. Venne assassinato da un giovane ragazzo delle borgate, in una zona desolata nei pressi di Ostia. C’è ancora un alone di mistero dietro una morte così brutale, un omicidio di cui non si conoscono le motivazioni.
Oriana Fallaci descrive Pasolini con parole intime, sincere e forti. Uniti dalla passione per la scrittura e per il giornalismo e da una profonda amicizia, ci hanno lasciato entrambi testi pieni di vita e morte, speranza e malinconia, amore e ingiustizie. Leggiamo insieme una delle parti più belle:
La malinconia te la portavi addosso come un profumo e la tragedia era l’unica situazione umana che tu capissi veramente. Se una persona non era infelice, non ti interessava. Ricordo con quale affetto, un giorno, ti chinasti su me e mi stringesti un polso e mormorasti: “Anche tu, quanto a disperazione, non scherzi!”.
Pasolini era un uomo uguale agli altri ma anche profondamente diverso da loro, era fragile e coraggioso, uno scrittore di cui quell’Italia aveva bisogno ma senza esserne consapevole.
Martina Macrì
Sono Martina, ho una laurea in Lettere e studio Semiotica a Bologna. La scrittura è il mio posto sicuro, il mio rifugio. Scrivo affinché gli altri, o anche solo una persona, mi leggano e si riconoscano. Su IoVoceNarrante mi occupo principalmente di letteratura.