Corpografie: la nona edizione a Pescara a settembre

Corpografie: la nona edizione a Pescara a settembre

Corpografie: la nona edizione a Pescara a settembre

La rassegna di danza “Corpografie” torna allo Spazio Matta di Pescara dall’11 al 18 settembre 2022

Torna a Pescara per la nona volta CORPOGRAFIE, una rassegna di danza intrecciata alla realtà audiovisiva che, a partire dalla performance, intercetta e convoglia pensieri e progetti, incrocia temi e questioni al cuore del nostro vivere come modalità di libero sviluppo della ricerca artistica.

Punto focale del tema di questo festival, la cui direzione artistica è firmata dal Gruppo Alhena e da Anouscka Brodacz, è la relazione del corpo con lo spazio, atta a stimolare un vero e proprio linguaggio del pensiero fisico e creatrice di esperienze, interferenze ed elaborazioni stimolate dal luogo con cui il corpo interagisce e diventa “paesaggio”.

Ecosistema in cui accadono “cose”, la danza è la disciplina che consente ancora di sperimentare inedite soluzioni in grado di rilanciare il concetto di rappresentazione. Per tale motivo il Gruppo Alhena propone per questa sua nuova edizione di CORPOGRAFIE un calendario intriso di progetti innovativi, in collaborazione con una rete di partner strategici che vedranno, dal 1° al 18 settembre, alternare spettacoli e performance di residenza nazionali ed internazionali.

Si comincia il 1° settembre con Corpografie Off, progetto curato da Andrea Micaroni, Professore presso l’Accademia Nazionale di Danza di Roma, che, dopo il successo del 2021, si arricchisce di nuovi partner per rappresentare un punto fondamentale nel mondo della videodanza. Un concept mirato a far rianimare il palco tradizionale proprio a partire dalle potenzialità espresse dalla scena virtuale. Fondamentale, quest’anno, il partenariato con il festival CINEMATICA.

Drammaturgia e virtuosismo sarà invece il tema della residenza in programma dal 2 al 4 settembre, guidata dalla rinomata danzatrice francese Marion Castaillet, coreografa ispiratasi alphysical dance theatre” e ispiratrice della danza energetica “Freshmotîon”. Insieme ai danzatori Andrea Dionisi, Antonio Taurino, Valeria Russo e Marzia Turnaturi, lavorerà per creare degli “a solo” e un ensemble finale, per dare voce alle loro capacità tecniche, inseguendo racconti interiori e paesaggi coreografici. La rappresentazione finale di questo percorso avrà luogo il 4 settembre, insieme a cinque performance in prima nazionale: V di Valeria Russo, A di Antonio Taurino, M di Marzia Turnaturi, A2 di Andrea Dionisi.

L’8 settembre sarà di scena per un’altra prima assoluta Wrlss, un progetto “site specific” di Andrea Micaroni con Simonetta D’Intino, Maristella Mezzapesa e Laura Petrini, produzione del Gruppo Alhena. Si tratta di una performance di Danza e Nuove Tecnologie che indaga il rapporto dell’essere umano con l’esistenza e che vede interagire i danzatori con tecnologie senza fili quali luci e musica.

Venerdì 9 settembre sarà protagonista il Balletto di Sardegna con la produzione, Zatò e Ychì, interpretata da Valeria Russo e Lucas Monteiro Delfino: una storia ispirata a Zatoychi, Zatò, un invincibile spadaccino cieco della tradizione giapponese, che racconta di due samurai in lotta e di un Oriente reinventato.

In anteprima nella sezione “Nuove Tecnologie” l’11 settembre, Rosarosaerosae – la pelle delle immagini: un racconto multimediale, firmato da Sara Lupoli con interprete Mariz Anzivino e videoscenografie di Alessandro Papa, che indaga il concetto dell’abitare in relazione al corpo e al ricordo che in esso risiede. 

Il 15 settembre CORPOGRAFIE propone Orfeo ed Euridice uno spettacolo in cui gli acrobati, danzatori e giocolieri del gruppo Vitamina C sono alle prese con la vicenda dei due sfortunati amanti.

Artemis Danza, in residenza a Pescara dal 12 al 16 settembre, proporrà in prima assoluta venerdì 16 settembre DOMINA, un progetto ideato da Jessica D’Angelo, incentrato sulla messa in relazione due corpi di natura diversa in situazioni spaziali e fisiche diverse. Con Greta Puggioni.

Il secondo duo, α Binary vedrà Jessica D’Angelo con Salvatore Sciancalepore. Partendo dal corpo e dalla sua anatomia, attraversando immagini e scenari, si assiste ad un incontro ed al tentativo di generare nuove corporeità che per loro stessa natura sono destinate a disgregarsi, innescando un meccanismo di decostruzione del genere e del ruolo..

Gran finale, il 18 settembre, con TOUCH in VR di Ariella Vidach/AiEP, performance fondata sul concept “Dance the Distance” che individua nella realtà virtuale lo spazio deputato a ripensare la coreografia, ad espandere le dimensioni del nostro abitare e a riflettere sulla distanza come spazio, possibilità, apertura e dimensione specifica del nostro tempo. Nello spettacolo tre interpreti, due delle quali collocate in città diverse, danzeranno una coreografia fatta di nuove modalità di intrecci, di gesti, di contatti in uno spazio virtuale creato appositamente e condiviso. Una dimensione coreografica innovativa che pone e impone delle inedite metodologie compositive e che trova il suo punto d’incontro proprio in questo festival.

Le performance si svolgeranno allo Spazio Matta tranne gli spettacoli dell’8 e 15 settembre in programma a Villa Sabucchi di Pescara.
Prenotazione e biglietti: 347 1643014
Info artistiche: 380 3322179

Quando la festa è finita: tra le note di Billie Eilish

Quando la festa è finita: tra le note di Billie Eilish

Quando la festa è finita: tra le note di Billie Eilish

Voce sussurrata, gridata, spezzata, con un range vocale da paura. Billie Eilish, ha iniziato la sua carriera da giovanissima, quando ancora minorenne ha debuttato con il suo primo album…

Billie Eilish: un nome, una garanzia. Voce sussurrata, gridata, spezzata, con un range vocale da paura. La cantante statunitense, nata a Los Angeles il 18 dicembre 2001, ha iniziato la sua carriera da giovanissima, ancora minorenne. Debutta il 29 marzo del 2019 col suo primo album in studio intitolato When we all Fall asleep, where do we go?, pubblicato dall’etichetta Darkroom e Interscope Records.

Mentre ero in un locale di Urbino ho ascoltato per la prima volta uno dei suoi brani, When the party’s over, tratto dal suo primo album sopra citato.

Andiamo ad analizzare il significato del testo, anche se interpretare le sue canzoni non è sempre semplice. Nella canzone è un coro ad aprire le danze e poi a sostenere la voce solista che sembra arrivare dall’oltretomba acutizzandosi successivamente.

Don’t you know I’m no good for you? I’ve learned to lose you, can’t afford to Tore my shirt to stop you bleedin’
But nothin’ ever stops you leavin’

Nei suoi primi versi la cantante, coinvolta in una relazione tossica, dice al suo amante che lei non è giusta per lui: lei dice infatti di saper perdere.
Un terzo verso straziante, invece, nel quale lei dice di aver preso la sua camicia per impedirgli di sanguinare.
E infine, al quarto verso, lei gli afferma che malgrado ciò niente le impedisce di lasciarlo.

Subito dopo il ritornello, probabilmente in cui canta il fatto che lei potrebbe mentire che la relazione le vada bene.

 Quiet when I’m coming home and I’m on my own I could lie, say I like it like that, like it like that
I could lie, say I like it like that, like it like that
Don’t you know too much already? I’ll only hurt you if you let me
Call me friend but keep me closer (Call me back) And I’ll call you when the party’s over

Lei gli dice che sa già tutto, anche troppo, ed è intenzionata a farlo soffrire se lui glielo permetterà. Solo dopo, al terzo verso di questa strofa, traspare la confusione più totale in cui sia l’ascoltatore che Billie, fatica a capire cosa realmente vuole da questa relazione.

Ti chiamerò quando la festa sarà finita“. Con questo verso la strofa termina ed è così che capiamo la forza che la cantautrice ha nei confronti di questa relazione tossica, favorendo il divertirsi ad una festa al chiamare il suo amante.

But nothing is better sometimes
Once we’ve both said our goodbyes
Let’s just let it go
Let me let you go

Lasciala andare, lasciami andare via da te. Con questi ultimi versi, è Billie a dare l’addio.

di Giulia Lixia​

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Wimbledon: Novak Djokovic e i magnifici sette! Gianni Clerici, l’articolo che non leggeremo

Qualche sorpresa all’inizio, ma alla distanza il campione serbo impone la sua classe e inanella il trionfo personale numero sette. Kyrgios diverte, Nadal si infortuna e non gioca la semifinale; Sinner prenota un futuro da top player. Nel femminile ennesimo nome nuovo, Elena Rybakina. Un ricordo del grande giornalista e scrittore comasco.

Anche quest’anno Wimbledon ha proposto una carrellata di storie umane e vicende sportive mai banali, e lo ha fatto come di consueto attraverso il filtro della sua atmosfera senza tempo, sospesa; camminando nei vialetti che costeggiano i grounds la si può avvertire al punto che non ci sembrerebbe strano incontrare Fred Perry o Bill Tilden che si rilassano passeggiando con le loro racchette di legno o seguendo le gesta dei loro epigoni. Come ogni anno si rafforza il paradosso clamoroso di una superficie ormai quasi bandita dal circuito internazionale, ma sulla quale si gioca il torneo più prestigioso e amato.

GLI UOMINI

La storia che ritorna è certo quella di Novak Djokovic, il Meraviglioso. Il serbo eguaglia Pete Sampras con sette titoli, gli ultimi quattro consecutivi. Non è stato perfetto, ha iniziato perdendo il primo set in finale e in semifinale; nei quarti ha ceduto i primi due. Partenze lente, un motore da scaldare ma che, alla giusta temperatura, macina chilometri e avversari. L’arsenale proposto è quello che ben conosciamo: ritmo, preparazione atletica, colpi da fondocampo e discese a rete improvvise e impeccabili. A questi unisce una forza mentale mostruosa, che lo porta ad essere perfetto quando lo deve essere, a vincere i punti che contano; i suoi avversari sanno bene che fino all’ultimo Nole può tornare, può raddrizzare partite che paiono finite. Anche finali Slam, contro grandi campioni. E questo incide sulle paure di chi sta al di là della rete.

Nel discorso finale ha scherzato con il bad guy Kyrgios, lo ha elogiato per poi dire “non credevo che avrei parlato così bene di te” con l’australiano a ridere come un ragazzino. Alla proposta di Nick “let’s go nuts” (andiamo fuori di testa) Novak ha risposto: “cominciamo con una cena insieme, poi vediamo… sai, c’è mia moglie che ci ascolta”.

Rafa Nadal

La storia che poteva essere è quella di una finale con Nadal. Il campione spagnolo ha di nuovo spinto il suo fisico, non più integro come una volta, oltre la soglia del dolore e della sopportazione; alla fine di una battaglia nei quarti di finale con l’americano Taylor Fritz si è arreso ad uno strappo muscolare e si è ritirato, dando via libera a Kyrgios nelle semifinali. Rafa aveva deciso di venire a Londra per inseguire il Grande Slam, pur avendo bisogno di riposo dopo Parigi. Non si è sottratto allo sforzo e ha dato il massimo, non sapendo comportarsi altrimenti, senza fare calcoli. Tutta la nostra ammirazione per lui, e la speranza di vederlo di nuovo al top per settembre.

La storia di Nick Kyrgios si è presa la scena; il ragazzo di Canberra è riuscito a mostrarci la parte migliore di sé, ovvero il suo talento infinito. Il tocco di cui dispone lo ha portato a giocare volée e demivolée dal sapore antico, pallonetti assassini e accelerazioni che lui solo sa produrre. Anche in posture poco ortodosse, il suo braccio è riuscito a compensare, inventando traiettorie vietate ai più. Ha affrontato Tsitsipas con l’intenzione di provocarne le reazioni nervose, e il greco è caduto nel tranello: Tsitsi ha cercato di colpirlo più volte con la pallina e in conferenza stampa gli ha dedicato parole velenose, che Nick ha ricambiato.

Nick Kyrgios

È fatto così, showman non di rado più interessato al basket NBA che non al tennis, senza allenatore perché “nessun coach vorrebbe lavorare con uno come me, che oggi ha voglia e domani no”.

C’è la storia del futuro radioso del nostro Jannik Sinner. Dopo aver superato Alcaraz negli ottavi, nei quarti ha vinto i primi due set con Novak, per poi cedere al ritorno del serbo. Nessuno ha messo così in difficoltà il vincitore; Jannik sta crescendo di torneo in torneo e a settembre c’è lo US Open e la Coppa Davis, entrambi sul cemento, la superficie che più gradisce. Lo aspettiamo, insieme ovviamente a Matteo Berrettini, alla ricerca di rivincite.

Jannik Sinner

LE DONNE

La scorsa settimana avevo pronosticato come prima favorita la tunisina Ons Jabeur: la talentuosa e discontinua atleta africana ha sciorinato per tutto il torneo un gioco fatto di accelerazioni e ricami in tocco d’altri tempi, ed è parsa pronta per il titolo. Ma in finale sabato ha tremato. Il vero limite della Jabeur è l’animo pauroso, tara di diversi grandi artisti; dopo aver vinto il primo set per 63 si è gradualmente bloccata, ha smesso di colpire, limitandosi spesso a spingere la pallina. Troppo poco per Elena Rybakina. La tennista kazaka, nata e residente a Mosca, ha mostrato il suo gioco solido imperniato su una prima di servizio potente e due solidi colpi di rimbalzo da fondocampo. E una buonissima corsa: con queste armi ha disinnescato gli arabeschi della libellula tunisina e si è regalata un sogno. La finale non è stata bella, occorre dirlo; troppi errori da entrambe le parti, la tensione era alta per le due giocatrici, entrambe al primo appuntamento in una finale Slam. Esultanza minima, composta. Elena la Serafica.

Elena Rybakina

LO SCRIBA

I punti nella classifica ATP non saranno l’unico premio, né il più importante che mancherà al vincitore di quest’anno. Se è vero che le gesta degli eroi viaggiano e si fanno mito attraverso le pagine dei bardi, degli aedi e dei cantori più ispirati, all’appello di questi mancherà per la prima volta dopo quasi settant’anni la vigile e arguta attenzione di Gianni Clerici, venuto a mancare all’età di 91 anni poco più di un mese fa. Clerici, alias Lo Scriba, questo almeno era il suo vezzoso auto-soprannome, è stato un giocatore di valore non eccelso negli anni Cinquanta, che si è concesso a fine carriera agonistica alla propria inclinazione naturale di maestro della narrazione, fosse la cronaca di un incontro di tennis o il romanzo che gli suggeriva la perspicace osservazione dei suoi dintorni.

La collina di Brunate accompagna la passeggiata cittadina dei comaschi a lago sul versante orientale, quello dei locali notturni à la page che si contrappone al camminamento austero del lato ovest, picchiettato di splendide residenze che culminano con Villa Olmo; dallo scorso sei di giugno la collina ha un giornalista-scrittore-tennis hall of famer in meno. Clerici si fa conoscere al grande pubblico degli appassionati di questo sport commentando per Koper Capodistria quando negli anni Ottanta la stessa entra nel gruppo Fininvest. L’emittente comincia a trasmettere in diretta i più importanti eventi sportivi mondiali, in particolare i tornei del Grande Slam, che Mamma RAI snobbava. Con Rino Tommasi ha formato una coppia irripetibile dai microfoni dagli stadi più prestigiosi.

Clerici era lo spettatore divertito; a volte pareva lì per caso, per poi all’improvviso descrivere al rallenty un gesto tecnico e atletico con precisione assoluta. Distratto da ogni movimento captato attorno al rettangolo con la rete in mezzo, contrappuntava divertito il rigore delle statistiche di Tommasi, e uno appoggiava l’altro con stima e amicizia reciproca evidente. A me in particolare Clerici ha sempre comunicato la necessità tanto della leggerezza quanto del rigore nell’affrontare lo scambio, sul campo da gioco come soprattutto fuori. Una volta ebbe a definire Wimbledon come il Vaticano di questo sport, suggerendomi implicitamente che i comandamenti di questa misteriosa religione laica che è il tennis sono “non prendersi troppo sul serio” ed in sottordine “non dimenticare a casa il sorriso”; men che mai mentre ci apprestiamo a porre sullo scaffale il romanzo di Wimbledon 2022, edizione di storie che non dimenticheremo facilmente.

Gianni Clerici

Grazie Novak Il Meraviglioso ed Elena La Serafica, per i sogni.

E grazie anche a te, Gianni Lo Scriba. Per il medesimo motivo.

​di Danilo Gori

Dal nZEB al’HZEB: si inaugura a Benevento il primo edificio a idrogeno

Dal nZEB al’HZEB: si inaugura a Benevento il primo edificio a idrogeno

Dal nZEB al’HZEB: si inaugura a Benevento il primo edificio a idrogeno

Grazie alla collaborazione nata all’interno di H2IT – Associazione Italiana per l’Idrogeno e Celle a Combustibile, tra STRESS, il distretto tecnologico campano per l’edilizia sostenibile, e l’azienda italiana Solid Power SpA è stato inaugurato a Benevento il primo edificio a idrogeno.

Ieri, giovedì 7 Luglio, l’edificio residenziale ad energia quasi zero (nZEB – nearly Zero Energy Building) di Benevento è diventato un edificio H-ZEB (Hydrogen Zero Emission Building), arricchendosi di nuove tecnologie che traguardano la transizione energetica attraverso l’utilizzo dell’idrogeno.

L’edificio, che rappresenta la prima sperimentazione dell’uso dell’idrogeno in ambito residenziale, è stato progettato e realizzato da STRESS e dall’Università del Sannio come intervento dimostratore in scala reale del progetto di ricerca SMART CASE “Soluzioni innovative multifunzionali per l’ottimizzazione dei consumi di energia primaria e della vivibilità indoor nel sistema edilizio”. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla collaborazione nata nell’ambito dell’Associazione Italiana per l’Idrogeno e Celle a Combustibile – H2IT fra Stress e l’azienda italiana Solid Power SpA e che ha trovato sbocco applicativo presso l’edificio dimostratore dell’Università del Sannio.

Alla produzione di energia rinnovabile da fonte solare e geotermica, si aggiunge così  l’installazione di una cella a combustibile (fuel cell) alimentata al 100% da idrogeno per la produzione combinata di energia elettrica e calore necessari a soddisfare le richieste energetiche dell’edificio, che attualmente ospita due studentesse del corso di laurea magistrale inter-ateneo in Ingegneria Biomedica che vede la collaborazione fra l’Università degli Studi del Sannio, l’Università degli Studi del Molise e l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Un motivo di orgoglio per la città sannita, il suo Ateneo e la Campania che ospitano la prima installazione in Europa, su un edificio reale, di un microcogeneratore a celle a combustibile ad ossidi solidi alimentato ad idrogeno puro.  

L’edifico sperimentale di Benevento diviene, con questa applicazione, una «palestra tecnologica» per lo sviluppo ed il testing delle tecnologie dell’idrogeno in grado di rispondere alle particolari esigenze del settore residenziale. L’edificio è inoltre un Living Lab essendo completamente monitorato, attraverso le più avanzate tecnologie domotiche, con l’obiettivo di individuare real time prestazioni, criticità e potenzialità, sia per favorire l’accettabilità sociale delle tecnologie dell’idrogeno con riferimento agli aspetti di sicurezza e ai benefici ambientali sia per formare nuove figure professionali sulle tematiche energetiche. “La trasformazione di nZEB, grazie all’applicazione di avanzate tecnologie che utilizzano l’idrogeno, rende ancora più evoluto il prototipo di casa a energia quasi zero, realizzato a Benevento – dichiara il Rettore dell’Università del Sannio Gerardo Canfora -. L’edificio, uno dei primi test del genere in Italia meridionale, proprio come era nelle intenzioni, sta permettendo di mettere a sistema innovative metodologie progettuali, costruttive e impiantistiche. Il risultato dimostra come anche nel Meridione, lavorando assieme, si possono raggiungere obiettivi alla frontiera della conoscenza scientifica e tecnologica. nZEB sta contribuendo a formare una nuova generazione di giovani ricercatori nella lotta ai cambiamenti climatici”.  “Continua la collaborazione virtuosa fra Il Distretto Tecnologico per le Costruzioni Sostenibili STRESS e il Socio Università del Sannio avviata nel 2012 – afferma il Presidente del Distretto Ennio RubinoOggi la collaborazione si è irrobustita grazie all’accordo stipulato fra Stress e la società Solid Power, azienda italiana leader nelle tecnologie dell’idrogeno. Sono quattro gli aspetti da sottolineare: rispondiamo con più efficacia al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dell’ambiente costruito e recentemente rafforzati a livello europeo con l’iniziativa Re Power EU, favoriamo la collaborazione fra territori in particolare Nord/Sud   auspicata tanto dal PNRR quanto dalle politiche di coesione europee e Solid Power ha la sua sede italiana in Trentino. Si tratta di una iniziativa che rappresenta una chance per il Mezzogiorno e per il suo posizionamento a livello nazionale riguardo all’adozione di tecnologie cosiddette “carbon free” quali quelle basate sul vettore energetico idrogeno. E si tratta di un’iniziativa condotta in autofinanziamento per favorire e accelerare l’implemetazione di un’innovazione pronta”.

L’Europa ha recentemente chiarito in maniera netta ed inequivocabile con la direttiva Repower EU che la risposta ai problemi dei cambiamenti climatici, dell’inquinamento dell’aria, dell’affrancamento dall’approvvigionamento energetico da paesi terzi, dei problemi energetici non può essere relegata all’ottimizzazione dell’esistente – spiega Angelo Moreno, uno dei responsabile scientifici del progetto – ma si deve basare su un totale cambio di paradigma: rinnovabili, efficienza e risparmio energetico, accumulo, elettrificazione dei consumi, introduzione dell’idrogeno rinnovabile (verde) come vettore energetico versatile e ad emissioni zero in tutti i settori. É una vera rivoluzione e l’idrogeno è sicuramente uno dei protagonisti principali. Con l’HZEB di Benevento entriamo a pieno in questa rivoluzione”

“L’impiego dell’idrogeno è una delle soluzioni più promettenti per la decarbonizzazione del mercato energetico, di fatto in alcune applicazioni industriali è l’unica opzione percorribile” afferma Massimo Bertoldi, CTO di SOLIDpower SpA. “Anche nell’ambiente costruito è un’opzione estremamente interessante per la generazione distribuita di energia elettrica e calore, sia in miscela con il gas naturale, sia come idrogeno puro. Si tratta di una soluzione che non si contrappone, bensì aiuta, il processo di elettrificazione in corso, riducendo il carico sulla rete elettrica prodotto dall’aumento delle rinnovabili e dei consumi elettrici legati alle ricariche elettriche e alle pompe di calore. Per questo siamo entusiasti dell’opportunità di installare il nostro primo cogeneratore funzionante ad idrogeno a Benevento, e ringraziamo Stress Scarl, H2-IT e l’Università del Sannio per questa opportunità”.

Per Alberto Dossi, Presidente di H2It – “Come Presidente di H2It con tutti i soci, sono orgoglioso di vedere nascere le prime applicazioni 100% di idrogeno in Italia in ambiente edilizio. Ciò sta a significare che non solo le tecnologie sono pronte, ma anche il contesto in cui vengono applicate comincia a muoversi nella giusta direzione. L’idrogeno entrerà a poco a poco nelle nostre vite ed è importante dimostrare la fattibilità tecnica delle soluzioni che utilizzano questo vettore energetico a zero emissioni. Infine, sottolineo la collaborazione al 100% della filiera italiana; importante segnale di professionalità e preparazione delle aziende italiane verso un mercato in evoluzione ed espansione, capaci di competere a livello internazionale con un know how di assoluta qualità tecnologica. Faccio i miei complimenti a tutti coloro che hanno reso possibile questa realizzazione”.

Storia di una rivoluzione gentile: quattro chiacchiere con Franco Grillini

Storia di una rivoluzione gentile: quattro chiacchiere con Franco Grillini

Storia di una rivoluzione gentile: quattro chiacchiere con Franco Grillini

Il 31 gennaio 2021 è uscito nelle sale Let’s Kiss, Franco Grillini – Storia di una rivoluzione gentile, la pellicola che ripercorre le battaglie della comunità Lgbt+. In occasione della proiezione a Palazzo Regione Lombardia, abbiamo incontrato il senatore Grillini e gli abbiamo fatto qualche domanda.

“Le idee sui sistemi economici, sul mondo del lavoro e degli esteri possono essere differenti ma i diritti non dovrebbero diventare una merce di scambio partitica. Sui diritti non esiste ne destra ne sinistra.”

“[…] Anche perché anni fa erano concepibili sentimenti e affermazioni confuse sul tema ma chi ora si scaglia, con determinate affermazioni o frasi, contro questa comunità lo fa in modo molto preciso per colpire, sapendo il danno e il dolore che provoca.”

È con queste parole che la senatrice Alessandra Maiorano interviene nella sala Gonfalone di Regione Lombardia alla conferenza stampa che precede la proiezione del docu-film Let’s Kiss, Franco Grillini – Storia di una rivoluzione gentile, diretto dal regista Filippo Vendemmiati.

Il documentario è basato proprio sulla vita dello stesso senatore-attivista Franco Grillini e ripercorre i quarant’anni di battaglie per i diritti della comunità Lgbt+ che lo hanno visto protagonista. Un racconto non solo storico e politico, ma anche intimo, che è arrivato a vincere l’Italian Film Festival di Berlino e il premio Nastri D’argento Documentari 2022. Il film, uscito nelle sale il 31 gennaio del 2021, ripercorre gli sviluppi della mentalità collettiva riguardo il tema dei diritti civili della comunità Lgbt+.

L’incontro organizzato dal consigliere regionale Simone Verni ha visto la presenza della consigliera regionale Paola Bocci, di Isa Nanni – sorella della defunta deputata Pavese Iolanda Nanni a cui è dedicato il nome del PDL 109 (PDL Nanni) che mira a eliminare a livello Lombardo le discriminazioni per le persone omotranessuali – Antonia Monopoli responsabile dello sportello trans di Ala Milano, Davide Podavini presidente di Coming Out Lgbt Community Center e Fabio Pellegatta presidente di Arcigay Milano.

Verni dichiara: “I diritti vanno riconosciuti, attenzione, e non concessi. Allargare la platea dei diritti è sempre un passo avanti per tutta la società. Quando si costruiscono steccati, quando si costruiscono differenze è li che incomincia il baratro, l’inizio della fine. La società nell’evolversi ha il dovere di diventare sempre più inclusiva e riconoscere i diritti. Una società che non lo fa rimane socialmente, culturalmente e politicamente arretrata”, e ancora: “Negli anni 80 era più che normale che un talk show in prima serata affrontasse un dibattito sul tema ‘ospiteresti un amico omosessuale a casa tua’”.

Eravamo presentati e rappresentati come una minaccia per la stabilità del paese e della famiglia. Quando vieni presentato in questo modo questo diventa la tua condanna” racconta il senatore Grillini.

La presentazione è stata un’occasione per porgergli qualche domanda anche alla luce degli accadimenti internazionali che nei giorni scorsi hanno preceduto la proiezione.

Pur avendo già visto questo documentario molte volte, quale è la cosa che la continua ad emozionare e che cosa crede possa far breccia in chi guarda?
È un film che grazie alla sapienza del regista ricostruisce una vita intera. La cosa che più mi emoziona è rivedere e rivedermi negli anni Ottanta e Novanta, quando ero ancora giovane. Adesso come sessantasettenne mi accorgo di come gli anni siano passati ad una velocità incredibile. La cosa più emozionante di questo film è proprio il poter mostrare che le battaglie le abbiamo fatte, hanno funzionato e abbiamo contribuito a cambiare il mondo. Sono molto contento della sua uscita, è un film a basso costo lavorato da Genoma ma che ha più che raggiunto il suo scopo: ricostruire un’era che poteva essere raccontata solo come storia orale perché internet non c’era e spesso non c’erano neanche testimonianze cartacee. Le parole erano davvero l’unico modo possibile per raccontare la nostra storia”.

 

Proprio in questi giorni abbiamo visto che i diritti non sono mai davvero al sicuro e tutelati. Come pensa che gli eventi negli Stati Uniti influenzeranno il nostro paese?
I diritti, come d’altronde la democrazia, non sono mai davvero garantiti. Negli ultimi anni abbiamo avuto modo di vedere numerosi paesi che da democrazie sono diventate dittature come la Russia. Dittature guerrafondaie. I diritti vanno sempre difesi, tutelati e promossi come se ogni giorno fosse il primo in cui sono stati approvati. Abbiamo visto il pessimo esempio degli Stati Uniti in cui è bastata l’elezione di tre giudici della Corte Suprema che stanno demolendo tutto ciò che di buono avevano fatto i governi precedenti. Dobbiamo sempre essere all’erta, detto in parole povere dobbiamo convincere il maggior numero di persone a capire l’importanza di determinate conquiste ma non solo per una comunità ma per tutti.

Le cose sono cambiate anche in Italia e non dobbiamo tornare indietro, per darne un esempio quest’anno in Italia ci sono stati 48 Pride mentre quarant’anni fa a quello di Bologna avevamo partecipato in 150… non solo bolognesi, ma da tutta Italia”.

di Riccardo Valle