Il modello svedese contro il disagio giovanile: il caso Stradella

Il modello svedese contro il disagio giovanile: il caso Stradella

Il modello svedese contro il disagio giovanile: il caso Stradella

Il 26 maggio 2022 si è svolta a Stradella (PV) la conferenza che presentava il progetto Selfie. Dalla collaborazione tra Casa del Giovane e Fondazione Exodus, il territorio pavese è stato usato come fonte di dati per scoprire e capire l’origine del disagio giovanile in modo da poter proporre soluzioni adeguate e su misura.

Su proposta dell’assessore alle politiche culturali, sociali e d’istruzione di Stradella Dino DiMichele, Simone Feder, psicologo coordinatore dell’area Giovani e Dipendenze della comunità Giovane di Pavia, ha raccolto i dati necessari alla ricerca. Dato che le informazioni ricavate risultano in linea con i trend nazionali possono essere indotte e offrire uno squarcio della situazione attuale.

I ragazzi e ragazze provenienti da una scuola media e due scuole superiori hanno dichiarato di avere spese, nell’11% dei casi, legate al gioco d’azzardo e, in entrambi nel 4% dei casi, legate a cocaina ed eroina. Secondo i relatori sono, purtroppo, si tratta di dati stabili da decenni e per questo ciò che davvero desta preoccupazione è il crescente consumo di alcool in quantità smodata tra i giovani e le motivazioni legate alle singole abitudini disfunzionali.

Inoltre, a differenza dei decenni precedenti, si nota un’impennata dell’uso di sostanze e del gioco d’azzardo anche nella popolazione femminile e diminuisce drasticamente l’età di accesso ai Sert (oggigiorno vi accedono anche dodicenni).

Le motivazioni che risiedono dietro questi stili di vita così dannosi non sono solo imitazione dei coetanei o “moda” – come racconta il libro Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino che descrive il dramma dell’eroina negli anni Settanta – ma l’imitazione dei propri genitori o fratelli maggiori, soprattutto per quanto riguarda il gioco d’azzardo.

Parenti e azzardo

Le sostanze stupefacenti invece fanno breccia in una popolazione giovanile che dichiara di usarle nel 21% dei casi in concomitanza di momenti di vita difficili, il 21% non conosce il motivo del proprio gesto e il 19% a fini tranquillizzanti.

Certamente legati alle nuove forme di dipendenza e disagio sono i social e i videogiochi.

Entrambi gli strumenti non sono da demonizzare di per sé, anche in vista delle opportunità che offrono per svago e interessi, ma diventano strumenti troppo complessi in mani inesperte. “È come regalare una Ferrari ad un ragazzo senza la patente” dichiarano all’unisono Erika Dagostino, responsabile dei servizi sociali di Stradella, e i già citati Dino DiMichele e Simone Feder. Con un 59% di ragazze degli istituti di secondo grado che dichiara di usare lo smartphone in ogni momento libero possiamo facilmente intuire come risultino più vulnerabili a messaggi potenzialmente pericolosi.

Lo stesso vale per i videogiochi, che offrono opportunità nell’allenare i riflessi e la concentrazione, ma nelle partite online possono annidarsi persone con secondi fini che usano questi luoghi per adescare minorenni. È stato quindi rilevato che la popolazione minorenne maschile risulta più vulnerabile al bullismo, alla violenza verbale e all’adescamento mentre le minorenni donne già in età delle scuole medie affrontano diete dimagranti e vorrebbero cambiare aspetti del proprio corpo (rispettivamente nel 45% e nel 50% dei casi).

Dati relativi all’immagine corporea percepita

Dopo aver commentato in linea generale quanto emerso dall’indagine può quindi non sorprendere che il 34% delle ragazze e il 22% dei ragazzi presi come campione si procurino, in vario modo, volontariamente dolore fisico.

La soluzione che viene proposta alle varie istituzioni è il modello Svedese: la Svezia, in accordo con i dati che vedono i paesi nordici le aree con il maggior tasso di depressione e di suicidi presso la popolazione, ha dovuto per anni affrontare il dramma dei suicidi giovanili nei periodi “senza sole” che la caratterizzano e per questo ha messo in campo riforme che, quasi, obbligavano i giovani a socializzare praticando sport e attività di gruppo.

Nonostante la problematica non sia scomparsa, questi dopo-scuola hanno reso più sana la socializzazione e hanno fatto diminuire l’uso di sostanze stupefacenti e di alcool ai fini di combattere la solitudine.

Queste problematiche rischiano di diventare endemiche se non vi viene posto rimedio e questa, come tante altre proposte, potrebbe essere una soluzione. Ora spetta alle istituzioni, soprattutto a livello nazionale, decidere come agire e quanta importanza, leggasi fondi, dare al suo futuro, la gioventù.

di Riccardo Valle

Amore brutale: il nuovo singolo dei DinamiKa esce il 21 maggio

Amore brutale: il nuovo singolo dei DinamiKa esce il 21 maggio

Amore brutale: il nuovo singolo dei DinamiKa esce il 21 maggio  

“Amore Brutale” è il titolo del nuovo singolo della band DinamiKa, disponibile a partire dal 21 maggio in Radio e in tutti i Digital Stores.

DinamiKa si formano nell’autunno del 2015 nella provincia di Como, in Lombardia. I membri si ritrovano con frequenza nelle sale prova con voglia, entusiasmo e passione, per comunicare i propri messaggi e le proprie emozioni attraverso la musica. È così che nasce il progetto DinamiKa.

La band ha all’attivo un album di inediti, Testa Tra le Mani, con influenze Pop, Blues e Rock. I brani si basano su riflessioni personali, fatti accaduti o solo immaginati, cercando un senso a tutto ciò che accade nella vita quotidiana. Il brano Testa Tra Le Mani, che dà il nome all’album, è una canzone molto attuale, il cui filo conduttore è quello di mettere al riparo gli occhi, le orecchie, la Testa dal “rumore mediatico”, dal “morso del Diavolo”, cercando di trovare noi stessi, il nostro pensiero e la nostra libertà.

Nel 2021 pubblicano il nuovo singolo “Amore Brutale” scritto da Stefano Attuario. Le influenze musicali sono diverse, spaziano dal rock, al blues, al pop rock internazionale fino al rock italiano con Marlene Kuntz, Afterhours e Verdena.

I componenti della band sono cinque: Nicolas Profazio alla voce, Roberto Golfieri alla chitarra solista, alle tastiere e al basso, Gennaro Pisacane alla batteria e alle tastiere, Chiara Cicchirillo al basso e Stefano Attuario alla chitarra ritmica e acustica.

La cover di “Amore brutale”, il nuovo singolo dei DinamiKa

È tramontata la luna, anche le Pleiadi; è mezzanotte, il tempo passa; ma io dormo sola

Sono le parole che scriveva Saffo, poetessa greca del VII secolo a.C., per descrivere come, al calare del sole, si renda conto di essere sola. È questa la riflessione su cui si basa il nuovo brano dei DinamiKa: una sensazione di lonelines,, di solitudine inspiegabile che diventa evidente durante la notte poiché, paradossalmente, “la notte rende tutto più chiaro”.

Amore Brutale è una sorta di catarsi: sottolinea la necessità dell’autore di gridare un dolore, di spiegare una sofferenza che ha tormentato il protagonista del singolo per molto tempo – resa evidente dalla malinconia che scorre dolcemente nelle strofe del singolo della band lombarda – e di far pace con la consapevolezza che l’amore tra lui e l’amata sia ormai svanito.

È una canzone che lascia una sorta di amaro in bocca, una sensazione di afflizione, ma che trasmette anche moltissima forza e grinta grazie alle sonorità rock che si sentono echeggiare in tutta la durata del brano. 

 

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Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Foro italico: la sesta sinfonia di Nole Djokovic!

Con Parigi alle porte, l’asso di Belgrado Djokovic torna implacabile e vince il torneo senza perdere nemmeno un set; ancora più netto nel femminile il percorso trionfale di Iga Swiatek.

A tabelloni già compilati gli organizzatori hanno dovuto incassare il no gracias di Carlos Alcaraz, il quale, smaltita l’adrenalina della clamorosa vittoria a Madrid di cui vi abbiamo parlato lunedì scorso, si deve esser reso conto di quante energie si debbano spendere per battere i migliori al mondo. Ha così deciso di concedersi una settimana di riposo per prepararsi all’attacco della cima più impervia del circuito sul mattone rosso: il Roland Garros che scatta lunedì 23. Peccato per il nostro torneo, ma credo si possa capire la sua scelta.

Tirando le somme ci siamo divertiti lo stesso, e la finale è stata anche più interessante di quella madrilena.

Novak Djokovic pone il suo sesto sigillo romano, corredato da dodici finali complessive (la prima nel 2008, vinta con lo svizzero Stan Wawrinka); si può senza dubbio dire che il serbo è tornato ai suoi livelli migliori o quasi, e il Roland Garros, con le sue partite al meglio dei cinque set, a mio parere lo vedrà ancora come il favorito numero uno, Rafa permettendo (e magari anche Alcaraz). Gli altri possono centrare l’exploit di una giornata, ma appaiono un gradino sotto.

Tra le donne abbiamo avuto un maggior numero di protagoniste di alto livello che non a Madrid, prima di tutte la numero uno del seeding, la polacca Iga Swiatek, e la piacevolissima conferma di Ons Jabeur, che ha saputo esprimere il proprio meglio anche a Roma, denotando un coraggio non comune e una grinta ferina. La polacca succede a sé stessa nell’albo d’oro del torneo e firma il suo quinto successo complessivo nel 2022.  È la regina di Roma: nel 2021 superò in finale Katerina Pliskova per 60 60! La favorita di Parigi è ovviamente lei; con le sue rotazioni estreme riesce a imporre un forcing intollerabile per chiunque. Diventata la numero uno del mondo per il ritiro improvviso di Ashleigh Barty, sta dimostrando di meritarsi ampiamente il ranking. Un’ultima curiosità su di lei: è la prima numero uno del mondo nata in questo millennio (nel 2001).

TORNEO MASCHILE

Al traguardo dei quarti di finale spicca l’assenza di Rafa Nadal: il maiorchino aveva sconfitto al primo turno l’americano John Isner con tale facilità che si era concesso un allenamento extra nel dopo partita. Non si era stancato abbastanza, beato lui. Negli ottavi è incappato in un tennista assai scomodo, il canadese Denis Shapovalov. Il biondino classe 1999 lo ha sempre messo in difficoltà; lo aveva già battuto in una occasione, e a gennaio a Melbourne si era arreso solo al quinto set. Qui “Shapo” dopo aver perso il primo set per 6 a 1, ha trovato la giusta pazienza (qualità che spesso gli difetta) e ha risposto colpo su colpo al campione iberico, che ha finito calando: 16 75 62 il risultato finale per il talento nordamericano. Nadal ha confermato davanti alla press alcuni problemi ormai cronici alle ginocchia; vedremo come e se ne influenzeranno il cammino di avvicinamento verso Parigi.

Nei quarti di finale Djokovic supera non senza difficoltà Felix Auger-Aliassime in una contesa balisticamente assai apprezzabile, mentre Zverev tiene a bada il cileno Cristian Garin; Tsitsipas si libera in due set di Jannik Sinner (ne parlo poi) e Casper Ruud ferma la corsa di Shapovalov, che può recriminare su uno sfortunatissimo “nastro” favorevole al suo avversario in un punto capitale della prima frazione.

Le semifinali vedono “Djoko” battere Ruud in due set ed entrare nel club dei tennisti che hanno vinto almeno mille partite ufficiali: prima di lui ci sono riusciti solo Jimmy Connors, Ivan Lendl, Roger Federer e Rafa Nadal. Nella seconda il greco Tsitsipas si prende la rivincita su Zverev, che una settimana prima lo aveva superato a Madrid.

La finale si spacca in due parti: nel primo set un Djokovic perfetto in tutti gli aspetti e con percentuali clamorose al servizio nasconde la pallina al numero quattro del mondo, battendolo per 6 a 0. Tsitsipas esordisce al servizio nel secondo e vince il suo primo game. Finalmente al quarto gioco strappa il servizio al serbo, e si porta sul quattro a uno; nel quinto gioco ha persino una palla per il 5 a 1, che Novak annulla con un cross di rovescio strettissimo.

Come sovente accade, il campione che è stato sull’orlo di cadere, quando si rialza imprime al suo tennis una carica rinnovata che gli permette di uscire dalla buca. Subisce il 5 a 2 ma si riporta in pochi minuti sul 5 pari. Si va al tie-break, e il greco deve quasi sempre inseguire, fino all’epilogo favorevole al serbo per 7 punti a 5.

TORNEO FEMMINILE

Fino alle semifinali Iga Swiatek ha perso diciassette game in otto set; ha dominato tutte le avversarie imponendo un ritmo insostenibile. Ha giocato il tie-break solo una volta, con Bianca Andreescu, vincendo il secondo set per 6 a 0. In semifinale ha lasciato solo tre giochi ad una Sabalenka, numero tre del seeding, via via sempre più frustrata.

Viceversa, la finalista tunisina ha vissuto assai pericolosamente: nei quarti di finale si è lasciata travolgere dalla greca Maria Sakkari fino al 61 52. Da lì in poi Jabeur ha perso solo un gioco; ha irretito l’avversaria con accelerazioni e palle corte, nel secondo set ha colto il punto del 5 a 4 con una volèe smorzata difficilissima e ha chiuso il set con un’altra volèe di dritto, dopo aver portato a rete la greca con l’ennesimo drop shot (appunto, la palla corta che pratica come nessun’altra collega). Il set decisivo non ha avuto storia. In semifinale contro la russa Daria Kasatkina la nordafricana ha dovuto fronteggiare un matchball e lo ha cancellato con un dritto inside out (colpito dal centro con direzione a “uscire” ossia verso destra, per chi gioca con la mano destra) che ha spazzolato la riga.

La finale ha confermato lo stato di grazia della numero uno; la Swiatek ha servito meno bene che nei turni precedenti, ma ha risposto con una continuità che ha travolto la finalista. Il risultato finale di 62 62 è ingeneroso con la Jabeur. Sul 4 a 2 le finaliste hanno dato vita ad un gioco straordinario: la tunisina è salita 0-40, ha subito la rimonta della polacca ma ha saputo conquistare una quarta palla break, che la Swiatek ha cancellato dopo uno scambio ricco di soluzioni in tocco da entrambe le parti. Un lungo applauso ha salutato la fine del game. Vinto il matchpoint, Iga si è abbandonata ad un pianto liberatorio; forse vincere non è stato così facile come dicono i numeri della partita.

GLI ITALIANI. Jannik Sinner era testa di serie numero dieci; si è issato fino ai quarti di finale, tra l’altro eliminando Fabio Fognini al secondo turno. Lì è incappato nel finalista Tsitsipas, che ha costretto al tie-break nel primo set; perso il gioco decisivo, l’altoatesino ha ceduto per 62 il secondo. In conferenza stampa ha parlato di un problema all’anca che lo ha condizionato nel finale, in ogni caso una buonissima edizione del Foro Italico per lui. Per il resto poco o niente: Fognini ha battuto Thiem, ex campione lontanissimo dalla forma migliore, per poi cadere davanti a Sinner. Poi tutte sconfitte dei giovanissimi Nardi, Cobolli, Arnaldi e Passaro, chiusi dal pronostico, e di Sonego, sorteggiato subito con Shapovalov.

Tra le donne bilancio disastroso: Camila Giorgi si è ritirata mentre era nettamente sotto nel punteggio al primo turno con Alja Tomljanovic, poi Cocciaretto, Paolini, Trevisan e Bronzetti hanno perso velocemente i loro match d’esordio. Dieci set giocati, altrettanti persi: all’orizzonte per il nostro tennis rosa si prevedono tempi di vacche magre magre.

Ora riflettori sui campionati francesi, il cui debut è previsto tra sette giorni: Djokovic, Nadal e Alcaraz i miei favoriti nell’ordine, mentre al momento nel femminile è difficile trovare un nome da accostare a Iga Swiatek. Ma si sa, i pronostici sono fatti per essere smentiti…

Montbook: l’artigianalità giapponese alla Milano Design Week

Montbook: l’artigianalità giapponese alla Milano Design Week

Montbook: l’artigianalità giapponese alla Milano Design Week

Durante la Milano Design Week sarà presentata in un temporary shop Montbook, collaborazione fra il giapponese Laboratorio Yamamoto e il designer Giulio Iacchetti.

Un cammino verso territori lontani e affascinanti. Un percorso magico, alla ricerca del “kokoro” (cuore, in italiano) delle cose. Un viaggio che parte dal Giappone, a Nara, e arriva in Italia, a Milano. Un incontro, quello tra il signor Yamamoto – proprietario di un laboratorio di borse – e Giulio Iacchetti – noto designer internazionale – che dà vita a Montbook, un brand di borse di design in pelle.

La collezione è composta da 9 differenti articoli e comprende: zaino, borsa monospalla, messenger, porta carte e porta monete, custodie per smart phone e portafogli. A questi si aggiungerà una nuova borsa che verrà svelata durante la settimana del design.

Tutta la collezione verrà presentata all’interno di un Temporary Shop in via Palermo 18 (Milano), all’interno della Brera Design Week.

Le borse monospalla Montbook

Montbook Collection

Lo zaino è caratterizzato da una tasca sul fronte trattata con micro-gocce di lacca come l’antica tradizione del distretto artigiano di Nara vuole, che non solo impreziosiscono lo zaino, ma ne irrigidiscono la superficie al fine di meglio proteggere ciò che vi è contenuto. Il disegno della maniglia, posta all’apice dello zaino è fatto in modo tale da consentire un uso più libero dello zaino che può essere comodamente impugnato e trasportato a mano.

La borsa monospalla presenta una sorprendente ergonomia: lo spallaccio può essere posizionato sia a destra che a sinistra così da adeguarsi alle esigenze di chi lo indosserà.

Arricchiti da superfici trattate in lacca giapponese, la serie di portafogli, porta monete e porta carte di credito, completano la gamma dei prodotti Montbook in modo originale e coerentemente allo stile. Tutti gli articoli sono disponibili nelle varianti colore: nero, blu navy, viola, lime, giallo, beige, bianco, blu, rosso e verde.

I prodotti della collezione sono realizzati in pelle, Made in Japan dal noto Laboratorio Yamamoto, da sempre specializzato nella manifattura di zaini “RANDOSERU”.

Il laboratorio Yamamoto 

Si dice che la più antica borsa in pelle del Giappone risalga al VII secolo, giunta dalla Dinastia Tang all’attuale prefettura di Nara in Giappone. In seguito, gli artigiani di Nara, prendendo esempio da quella borsa, iniziarono a produrre e utilizzare oggetti laccati in pelle di cervo, motivo per cui i prodotti di pelletteria tradizionalmente più diffusi in Giappone erano realizzati proprio in questo materiale.

Il laboratorio di borse Yamamoto è stato fondato da Shosuke Yamamoto nel 1949 proprio a Nara, in un contesto storico particolare, quello del secondo dopoguerra, in cui prevaleva il senso comune di ricostruzione e la volontà di ripartire. Così il laboratorio Yamamoto, come prima cosa incoraggiò questi incredibili lavoratori.

Nel 1969, con la crescita economica del Giappone, il laboratorio decise di specializzarsi nella produzione del “Randoseru”, lo zaino dalla forma iconica realizzato in pelle, che, ancora oggi è un simbolo degli studenti giapponesi delle scuole elementari. Da più di 70 anni dalla sua fondazione, il laboratorio di borse Yamamoto continua a supportare i talenti di ogni epoca. Anche adesso, in un periodo di produzione e di consumo di massa, è uno dei pochi laboratori che continua a privilegiare “il fatto a mano” e “l’artigianalità”, valori che sono stati tramandati fino ad oggi.

Nel 2019 il primo incontro di Mr Yamamoto con il designer italiano Giulio Iacchetti, proprio in Giappone. Qui nasce l’idea di creare un nuovo marchio che possa sia esprimere la capacità artigiana ma anche rivolgersi a un pubblico più ampio. Lo studio Giulio Iacchetti ha così realizzato l’intero progetto di branding, l’immagine coordinata nonché il progetto della prima serie di borse e accessori.

La messanger Montbook

Giulio Iacchetti

Industrial designer dal 1992, ha progettato e progetta per diversi marchi, tra cui Abet Laminati, Alessi, Artemide, Fontana Arte, Foscarini, Magis, Mandarina Duck, Moleskine, Nava.

È direttore artistico di Danese Milano, Dnd Handle, Myhome e Internoitaliano. Tra i suoi caratteri distintivi ci sono la ricerca e la definizione di nuove tipologie oggettuali come il Moscardino, posata multiuso biodegradabile, disegnata con Matteo Ragni per Pandora Design e premiata nel 2001 con il Compasso d’Oro. Da sempre attento all’evoluzione del rapporto tra realtà artigiana e design, nel novembre 2012 lancia Internoitaliano, la “fabbrica diffusa” fatta di tanti laboratori artigiani con i quali firma e produce arredi e complementi ispirati al fare e al modo di abitare italiani. Nel 2014 vince il suo secondo Compasso d’Oro per la serie di tombini Sfera, disegnata con Matteo Ragni per Montini.

Tracce biologiche e intelligenza artificiale: nuovi strumenti nell’indagine dei crimini violenti

Tracce biologiche e intelligenza artificiale: nuovi strumenti nell’indagine dei crimini violenti

Tracce biologiche e intelligenza artificiale: nuovi strumenti nell’indagine dei crimini violenti

Uno studio dell’Università di Torino e dell’Università di Genova, in collaborazione con il Centro Antidoping di Orbassano e il R.I.S. dei Carabinieri di Roma, fornisce importanti novità sulla datazione accurata delle tracce biologiche.

Nell’ambito di una collaborazione che coinvolge il Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino (Prof. Marco Vincenti), il Dipartimento di Farmacia dell’Università di Genova (Prof. Paolo Oliveri), il Centro Antidoping di Orbassano e il R.I.S. dei Carabinieri di Roma, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Talanta uno studio sull’identificazione di tracce biologiche invisibili sulla scena di crimini violenti. Da un punto di vista criminalistico, lo studio fornisce importanti novità riguardo la datazione accurata delle tracce biologiche trovate sulla scena del delitto, insieme alla loro compatibilità con il tempo stimato di perpetrazione del reato, permettendo di limitare il numero di sospetti, valutare i loro alibi e chiarire la sequenza degli eventi.

Lo studio completa una ricerca pubblicata nel 2020 dallo stesso team sulla medesima rivista, in cui si utilizzava una tecnica di imaging mediante radiazione infrarossa per visualizzare, definire i contorni e identificare la natura delle tracce biologiche invisibili (sangue, urina, liquido seminale) su tessuti di varia natura (fibre naturali e sintetiche), al fine di guidare il loro campionamento per la successiva analisi del DNA.

Nella seconda e attuale pubblicazione, i ricercatori hanno stimato il “tempo di invecchiamento”, ovvero quanto tempo è trascorso dal momento in cui tale traccia biologica è stata rilasciata sul tessuto. Partendo dunque da tracce biologiche invisibili, grazie a questa ricerca se ne definisce non solo la natura e la forma, ma anche il tempo trascorso dalla sua produzione, con grandi vantaggi per l’indagine criminalistica. La difficoltà del lavoro e il suo aspetto innovativo consistono nella complessa elaborazione dei dati spettroscopici e topografici che vengono raccolti, mediante tecniche di machine learning e intelligenza artificiale.

Nella dinamica di compimento di un crimine violento, è possibile che l’assalitore rilasci sulla scena del crimine o sugli indumenti della vittima alcune tracce biologiche, spesso talmente minuscole da essere invisibili a occhio nudo. Il rilevamento di tali tracce, particolarmente difficile su molti tessuti, è fondamentale per estrarre, amplificare e analizzare il DNA dell’individuo che le ha prodotte, identificando il presunto assalitore. Se però tale individuo è solito frequentare il luogo in cui è avvenuto il crimine, diventa altrettanto importante stabilire quando tale traccia biologica è stata rilasciata, dovendosi comprovare la contemporaneità fra il rilascio della stessa e il giorno in cui è stato commesso il delitto.

Lo studio collaborativo fa riferimento a tre tipi di tracce biologiche (sangueurinaliquido seminale) e due tipi di tessuti (cotone e poliestere), rispettivamente idrofili e idrofobici, che vengono esaminati con uno strumento in grado di registrare lo spettro di assorbimento della radiazione infrarossa da parte del materiale su cui tale radiazione viene inviata. La risoluzione spaziale nell’analisi del tessuto è relativamente grande (500 pixel/cm2) e la scansione spettrale sufficientemente veloce da consentire di acquisire una cosiddetta “immagine iperspettrale nel vicino infrarosso” su un’area di 5×5 cm in un tempo inferiore al minuto.

La vera difficoltà dello studio non sta nell’acquisizione delle immagini iperspettrali, bensì nella capacità di estrarre le informazioni in esse contenute, essendo tali spettri apparentemente identici – nell’area spaziale esaminata e nel tempo. Ancora più difficile è la possibilità di riconoscere l’evoluzione temporale della traccia biologica in funzione del suo “invecchiamento” sul tessuto, in quanto le modificazioni chimiche della traccia biologica nel corso del processo di invecchiamento producono cambiamenti minimi dell’immagine spettrale.

La possibilità di riconoscere le minuscole differenze che sussistono fra i diversi pixel dipende dal trattamento informatico che tali immagini subiscono attraverso complessi algoritmi di “machine learning”. Gli algoritmi prima ridefiniscono le scale di misura all’interno degli spettri, affinché i diversi pixel siano confrontabili, quindi esaltano le differenze fra un pixel e l’altro, al fine di definire la natura, la forma e il perimetro della traccia. Infine, la messa a punto di ulteriori algoritmi statistico-informatici consente di esaltare le modificazioni che intervengono su ciascun pixel e ciascuna immagine allo scorrere del tempo e di collegare tali modificazioni a una scala temporale, consentendo di stimare il tempo trascorso dal momento in cui la traccia biologica è stata deposta sul tessuto (ipoteticamente il momento del delitto).

In conclusione, il risultato complessivo di questo studio è che, partendo da un tessuto naturale o sintetico (ad esempio, un reperto ritrovato sulla scena del crimine) su cui è presente una traccia biologica invisibile, l’abbinamento della tecnica strumentale di “imaging iperspettrale della radiazione infrarossa” con l’applicazione di algoritmi matematico-statistici di analisi dell’immagine e intelligenza artificiale consente di:

  • riconoscere se la traccia sia di sangue, urina o liquido seminale;
  • definirne la localizzazione sul tessuto e i suoi contorni, così da permetterne il campionamento per l’analisi del DNA;
  • dedurre il tempo intercorso dal momento in cui tale traccia sia stata prodotta (il momento del delitto) al momento in cui viene condotta l’indagine criminalistica, entro un periodo che si estende fino a più di 20 giorni e con un’incertezza sulla scala dei tempi compresa fra il 3.8% (sangue su cotone), il 6.6% (sangue su poliestere) e lievemente superiori per liquido seminale e urina.