Da pessimo cantante a divo della pubblicità: la storia di Nicola Arigliano

Quando “fa la pubblicità” is the new “datti all’ippica”…

Salve! Oggi la redazione de “I giganti della musica” approfitta della calda ospitalità degli amici di iovocenarrante (ossequio riverente) e accende i suoi fastidiosi abbaglianti su una storia che grida vendetta, come d’altronde tutte le storie che hanno subito un torto e desiderano farsi giustizia da sole. Vogliamo raccontarvi come è stato che Nicola Arigliano, pessimo musicista, cantante incolore, inodore, con un’estensione vocale pari a quella del vostro microonde quando fa bip bip per dirvi che l’acqua del tè è giunta a temperatura, come è stato dicevamo che questa nullità di musicista è diventato una star dei commercial, pubblicizzando un digestivo e altri prodotti ancora.

Arigliano nasce a Squinzano, in provincia di Lecce, e subito stupisce tutti con alcuni prodigiosi vagiti, che vengono descritti come “incredibilmente ispirati e armoniosi”; nessuno immagina allora che sarebbero rimasti i gorgheggi più intonati della sua carriera.

Fervono i preparativi per una competizione canora per bambini di età compresa tra i tre e gli undici anni; non appena Arigliano ne compie dodici, viene così lanciato lo Zecchino d’oro. A vent’anni la svolta, ma lui non gira il volante e finisce contro un muro, che non si riprenderà mai dall’urto. Arigliano si rompe tutte le ossa ma, dramma nel dramma, le corde vocali rimangono illese

Dopo una breve convalescenza, compiuti i cinquant’anni tenta la carta dei festival: a Napoli presenta uno Yodel. Al termine dell’esibizione riesce per miracolo a riparare in una delle grotte che traforano le viscere della città; riemerge pallido e smagrito una settimana dopo, e solo per intercessione del boss locale Peppino di Capri, che gli dedica “Tu si ‘na malatia”. A Sanremo scambia il maestro Vessicchio per Verdi e si complimenta per la Traviata, che rinomina spiritosamente “La Mignotta”. Il maestro tenta di forargli una cornea con la bacchetta. Al neonato festival di Torino è il primo ad iscriversi; la mossa non trova impreparati gli organizzatori, che annullano prontamente la manifestazione. La stessa non verrà mai più riproposta.

Perennemente trafelato, Nicolino trascorre la vita inseguendo occasioni più veloci di lui. Novello Will Coyote, fiero araldo della iattura panavvolgente, all’apice del suo insuccesso viene incredibilmente scritturato per introdurre i Pink Floyd durante il “Live at Pompeii”. Ma entra dall’ingresso sbagliato. All’altezza della Villa dei Misteri incontra un fan sfegatato che lo travolge con elogi sperticati riguardanti la sua arte canora e lo sterminato repertorio. Il tono delle celebrazioni, la forza elegiaca ed il trasporto con cui il tipo esprime la propria ammirazione sono tali da conferire ulteriore e definitiva fondatezza alla denominazione della villa.

Purtroppo, Nicola cede alle lusinghe ed accontenta la propria vanità, ascoltando l’astante fino a che lo stesso muore per asfissia da mancanza di punteggiatura. Quando arriva ai piedi del palco è notte fonda, il pubblico se ne è andato; cerca i Pink Floyd, e li trova. Miracolosamente sobri e svegli, rifiutano di accettare la sua richiesta di riscritturarlo per un’altra data. Secondo voi Nick si arrende? Naaa, e propone di organizzare una data da inscenare, per par condicio, a Ercolano.

“Impossibile. In confronto a Pompei” – obietta Roger Waters – “Ercolano è un buco nella terra”. “Se mi ingaggiate” – risponde il Nostro con determinazione – “farete un buco nell’acqua”. Li adula, li minaccia, li insulta, ma niente; tra la band inglese ed il buon Nicola c’è ormai un muro.

Ripresosi finalmente dai fatti di Pompei, Arigliano entra in sala d’incisione con venti pezzi inediti, tra l’altro mai pubblicati. Ma la casa discografica glieli scarta tutti. Indomito, decide di realizzare il disco finanziandolo di tasca propria, con il titolo polemico di “Canzoni stornate”. Invita a cena il suo agente per mostrargli con fierezza l’unica copia al momento esistente del disco, ma la nasconde così bene che, al momento di agitarla sotto il naso dell’ingrato impresario, non si ricorda dove andarla a prendere. Congeda così l’ospite e per tre giorni non fa altro che cercare, rivoltando l’appartamento; ma senza lieto fine. L’album è ormai introvabile.

La parabola discendente sembra inesorabilmente avviata: riesce a farsi scritturare come saltimbanco alla Fiera dell’est, ma viene quasi sbranato da una tigre slava. Il declino non si arresta, tutte le porte gli si chiudono, e lui non è sempre abbastanza rapido nel ritrarre le mani. Con tutte le falangi ingessate accetta di suonare la chitarra in una stazione della metropolitana. Ma tutti, e dico tutti, sostano sulla banchina, trovando di gran lunga più armonioso lo sferragliare dei treni in transito.

Solo, pallido, emaciato, dopo giorni di digiuno forzato divora uno scarpone bollito (non so, questa forse l’abbiamo copiata da Charlot), ma la calzatura gli si rinfaccia. La sensazione di benessere che momentaneamente inalbera il suo volto non sfugge al produttore di un amaro digestivo che passava di lì alla ricerca di un testimonial credibile.

È il momento clou per Nicola, che nella storia dei caroselli pubblicitari coglierà record su record, poi superati solo da Giorgio Mastrota.

Capito ora come è andata? Bene, allora è tutto dai “giganti della musica”. O quasi…

 

PS Nicola Arigliano (1923-2010) ha ottenuto grandissimo successo come cantante e come showman in televisione; ha saputo spaziare dalla canzone napoletana tradizionale al jazz, suonando con i musicisti più affermati del genere, come Franco Cerri. Grazie al successo ottenuto e alla innata capacità comunicativa ha avuto parallelamente una lunga e fortunata carriera come uomo immagine nel mondo della pubblicità.

Mi sa che stavolta la redazione dei giganti ha toppato.

O forse volevamo solo riderci su. In ogni caso, stay tuned per altre incredibili rivelazioni sul dietro del meraviglioso mondo dei cantanti e delle canzoni. Ciaone!

 

di Danilo Gori