
Dal riflesso del vetro di questa finestra le mie occhiaie sembrano ancora più grigie di quanto immaginavo. Non che questo mi importi.
D’altra parte, con un’altra notte insonne il risultato non poteva essere che questo.
Questa volta la colpa non è mia, cioè la mancanza di sonno persiste, ma ieri notte si è messa di mezzo pure la mia vicina di stanza.
Urla, pianti e tutti che accorrevano da lei. Non credo abbia fatto dormire qualcuno. Voleva morire, diceva.
Voglio morire, basta! Lasciatemelo fare.
Poi alle 4 del mattino ho picchiato due volte con il pugno sulla parete comunicante e ho parlato, a voce bassa.
Sicura che vuoi morire? Qui? Stasera? Si muore una volta sola, non sprecarla così.
E dopo quella frase ha smesso. Silenzio, in cui io sono tornata a fissare il soffitto con quello spiraglio di luce che entrava dalla tapparella semi chiusa.
Sono troppo stanca per mettermi a fare riflessioni su quello che è successo e quello che ho detto io. L’ha calmata, in ogni caso.
Funzionasse anche con me. Potesse bastarmi una frase così detta a voce bassa dall’altra parte di un muro.
Una passeggiata notturna mi piacerebbe. Fuori, in questo parco qui di fronte che guardo tutti i giorni. Ma di notte? Sarebbe bizzarro, poter andare di notte in un posto in cui sono tutti i giorni con la mente.
E in cui non ci sarebbe niente, di quello che vedo o immagino durante il giorno. Come se arrivassi e mi perdessi tutta la festa.
Un po’ come quando hai un compleanno, sbagli l’indirizzo e quando finalmente trovi la casa la festa è finita e a terra solo cartacce e bicchieri vuoti. Ma forse questo è successo solo a me. Meglio non generalizzare.
Cosa mai ci potrebbe essere in un parco chiuso di notte? Uccelli che cinguettano, foglie che si muovono spostate dal vento. Le tracce di chi è passato di lì durante il giorno. Capirai. Va bene viaggiare con la fantasia, ma non posso mica mettermi a pontificare sulla natura in notturna.
Ieri notte, però, ho avuto un pensiero improvviso. Sdraiata su quel letto a pancia in su, immobile a guardare in alto, con gli occhi spalancati.
Sembravo morta.
Forse sono io quella morta, ormai da tempo. E non posso di certo mettermi a dispensare consigli sul momento giusto per morire. Sul godersi gli attimi che vengono prima di mandare tutto all’aria. Ma dai.
Io sono una ragazza sospesa, io sono morta un paio di volte e non me ne sono neanche accorta.
E sì, che si dovrebbe morire una volta sola.
Eva Pettinicchio
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