La prima assoluta di Frankenstein al Teatro Astra di Torino

La prima assoluta di Frankenstein al Teatro Astra di Torino

La prima assoluta di Frankenstein al Teatro Astra di Torino

La nuova produzione di OHT, dedicata per la prima volta a un classico della letteratura occidentale, debutta nel teatro della Fondazione TPE Teatro Piemonte Europa, dando voce all’ansia climatica contemporanea. Uno spettacolo teatrale che è anche reading session, installazione, radiodramma e release musicale generati come parti di una sperimentazione che indaga le molteplici ramificazioni del romanzo

Scritto a soli diciannove anni da Mary Shelley, Frankenstein o il moderno Prometeo è non soltanto il capostipite dell’horror fantascientifico, ma anche una profetica anticipazione delle ansie contemporanee sul destino dell’ambiente: a questo classico della letteratura occidentale OHT – Office for a Human Theatre dedica Frankenstein, la sua nuova produzione presentata in prima assoluta mercoledì 8 febbraio 2023 al Teatro Astra di Torino, casa della Fondazione TPE Teatro Piemonte Europa.

OHT si misura per la prima volta con un classico raccogliendo nella sua versione lo stesso corto-circuito all’origine della creatura di Frankenstein e invitandoci a fare i conti con quello che siamo soliti omettere alla vista e consideriamo mostruoso.

Pubblicato nel 1816, mentre il mondo sta vivendo la più grande anomalia climatica della sua storia causata dall’eruzione del vulcano Tambora (la più potente mai registrata), Frankenstein non è solo un’icona letteraria ma una reazione all’Anno-Senza-Estate causato dalla nebbia sulfurea del vulcano, che offuscò la stratosfera, abbassò le temperature, provocò violenti e continui temporali e conseguenti carestie in Europa, Nord America e Asia. In quel clima distopico, una compagnia di giovani intellettuali, rinchiusi a causa del maltempo a Villa Diodati sul lago di Ginevra, si cimenta nella stesura di un racconto del terrore su invito dell’ospite lord Byron.

Filippo Andreatta, che dal 2008 con OHT si dedica all’esplorazione dei rapporti fra teatro, paesaggio, architettura e ambiente, parte da questa suggestione e, nella sua lettura scenica, fa muovere la creatura del dottor Frankenstein in un primordiale paesaggio in cui emerge la superbia dell’uomo nel voler manipolare il corpo, la vita e le leggi della natura.

Frankenstein è un mito in cui i paesaggi esteriori si confondono con quelli interiori, gli strapiombi del Monte Bianco diventano vertigini intime, luoghi inaccessibili come le Alpi si fanno rifugio per questa creatura inafferrabile, che in essi impara a conoscersi. Il demone e il paesaggio diventano tutt’uno mentre Victor Frankenstein non sembra più in controllo di ciò che lo circonda.
Frankenstein si rivela un romanzo di formazione, in cui per la prima volta è il mostro a parlare, non come escluso ma come artefice del nostro immaginario, come un nostro concittadino, un nostro pari mostruoso. Finalmente il mostro rinasce rivelandosi come un bambino a cui appaiono i primi colori, le forme, le cui mani iniziano ad afferrare, le cui labbra articolano le prime parole.

La nuova produzione di OHT si muove dall’esperimento del dottor Frankenstein e opera affondi nel testo: l’opera di Shelley diventa materiale da esaminare, sezionare, ricucire, corpo disponibile per esperimenti scenici: uno spettacolo teatrale, una reading session, un’installazione, un radiodramma e un album musicale verranno generati come parti di una stessa sperimentazione che avanza orizzontalmente nel romanzo per indagarne le molteplici ramificazioni.

Arthur Jafa: RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON

Arthur Jafa: RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON

Arthur Jafa: RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON

Dal 4 novembre 2022 al 15 gennaio 2023, la prima personale dedicata all’artista e regista statunitense da un’istituzione italiana

Le OGR Torino presentano RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON, la prima mostra personale in Italia dedicata all’artista e regista statunitense Arthur Jafa da un’istituzione italiana, dal 4 novembre 2022 al 15 gennaio 2023.

La mostra è stata commissionata e prodotta dalle OGR Torino in collaborazione con la Serpentine di Londra e curata da Claude Adjil e Judith Waldmann con Hans Ulrich Obrist, ed è stata specificamente concepita per i maestosi spazi delle OGR.

La pratica di Arthur Jafa comprende film, manufatti e happening che sfidano ogni categorizzazione in una ricerca sulla Black culture negli Stati Uniti di un’intensità e complessità senza precedenti. Realizzate in oltre tre decenni, le sue opere multidisciplinari mettono in discussione alcuni assunti culturali dominanti su temi identitari e razziali attraverso esperienze cinematografiche sperimentali e immersive. Alla 58a Biennale di Venezia (2019), con l’opera The White Album, esposta in mostra a May You Live in Interesting Times al Padiglione Centrale dei Giardini, è stato premiato con il Leone d’oro come miglior artista.
Una domanda ricorrente guida la pratica artistica di Arthur Jafa: come possono i media, gli oggetti, le immagini statiche e quelle in movimento trasmettere la potenza, la bellezza e l’alienazione proprie della Black music statunitense? Un’indagine alla quale allude anche il titolo della mostra, RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON, citando i nomi di tre chitarre elettriche: Arthur Rhames (1957–1989), Pete Cosey (1943–2012), Ronny Drayton (1953–2020).

“Siamo davvero onorati di inaugurare qui alle OGR Torino la prima personale organizzata in Italia e dedicata a un artista del calibro di Arthur Jafa, in collaborazione con la Serpentine di Londra. Di fronte alle opere di Jafa non possiamo non riconoscere messaggi e stimoli fondamentali sui temi dell’identità e dell’inclusione che superano ogni confine. L’Arte assume qui una connotazione e una forza espressiva globale e si fa strumento di partecipazione e dialogo sociopolitico, attraverso le istituzioni culturali chiamate a un necessario ruolo di cassa di risonanza.
Con questa mostra le OGR Torino si confermano dunque piattaforma di sperimentazione, ma soprattutto
agorà votata al dibattito, aperto e costruttivo, su temi della nostra contemporaneità”, dichiara Massimo Lapucci, CEO delle OGR Torino.

RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON si concentra sull’ultima opera video di Arthur Jafa, AGHDRA (2021). In questo lavoro della durata di 85 minuti i visitatori sono avvolti da immagini, generate al computer, di onde nere, opulente e ipnotiche, in costante evoluzione sotto il cielo di un eterno tramonto.

Un impianto audio all’avanguardia permette non solo di ascoltare il suono dell’installazione immersiva, ma anche di viverlo fisicamente attraverso le vibrazioni. Il suono sostiene e allo stesso tempo interrompe il flusso di coscienza dello spettatore. Testi di canzoni popolari per lo più Black come Love don’t live here, live here no more (Rose Royce, Love don’t live here anymore, 1978) accompagnano l’installazione, rafforzando lo scenario apocalittico evocato.Stimolando tutti i nostri sensi, l’esperienza di AGHDRA è contestualizzata attraverso una serie di carte da parati e stampe che riflettono la continua ricerca di Arthur Jafa sul concetto di Blackness. Una sezione della mostra presenta una selezione di immagini tratte dai Picture Books – serie di immagini che l’artista ha iniziato raccogliere a metà degli anni ‘80, mosso dall’impulso ossessivo di spingersi verso le cose che lo disturbano e non tirarsi indietro, come detto da lui stesso. I Picture Books contengono immagini intense, belle, crude, sorprendenti, terrificanti e stimolanti, che hanno trovato spazio nelle ormai iconiche video-opere di Arthur Jafa, come Love is the Message, The Message is Death (2016), APEX (2013) e, più recentemente, nel video musicale di Kanye West (Ye) Wash Us In The Blood feat. Travis Scott (2020).

La mostra è stata originariamente sviluppata con Amira Gad e questa nuova iterazione è parte del tour organizzato dalla Serpentine a seguito della mostra di Arthur Jafa A Series of Utterly Improbable, Yet Extraordinary Renditions.

Dal 2017 la mostra è stata presentata alla Julia Stoschek Collection, Berlino (2018) al Moderna Museet, Stoccolma (2019) alla Galerie Rudolfinum, Praga (2019) e al Serralves Musem of Contemporary Art, Porto (2020). La mostra ha subito una continua evoluzione che culmina nella nuova collaborazione tra Serpentine l’artista e OGR.

La mostra alla Serpentine era costituita da un’installazione site-specific in cui l’artista aveva trasformato lo spazio della galleria in una serie di assemblage che combinavano film, fotografia e found footage. Durante la mostra del 2017, Jafa ha presentato il suo film Love is the Message, the Message is Death (2016) in un’installazione site-specific agli Store Studios, co-presentata dalla Serpentine e The Vinyl Factory. Durante il weekend del finissage, l’artista ha sviluppato una Listening Session con Steve Coleman, Morgan Craft, Micah Gaugh, Melvin Gibbs, Jason Moran, Okwui Okpokwasili, e Kokayi Carl Walker seguita da un vinile in edizione limitata prodotto da The Vinyl Factory e Serpentine.

Nel 2017 Arthur Jafa ha anche preso parte all’annuale rassegna Park Nights organizzata dalla Serpentine. Park Nights è una piattaforma live, interdisciplinare e sperimentale all’interno del Serpentine Pavilion commissionato annualmente dalla galleria.

A evidenziare la relazione con la musica e la contaminazione tra differenti discipline e media proprie della pratica di Arthur Jafa, in occasione dell’inaugurazione di RHAMESJAFACOSEYJAFADRAYTON, il 4 novembre alle ore 22.30, il pianista e compositore jazz Jason Moran, la violoncellista e compositrice Okkyung Lee e il bassista Melvin Gibbs si esibiranno insieme, nel Duomo di OGR Torino, per una serata ideata dall’artista. 

OPERE IN MOSTRA

 Arthur Jafa
AGHDRA, 2021
4K video (sound, color and black and white)
Duration: 1 hour, 14 minutes, 59 seconds

 Arthur Jafa
Ka-ba-ka-la, 2022
mixed-media Installation (okume wood, print on wallpaper, black acrylic, black steel rails, red steel pipes) 

Vicini, la città della scienza del Valentino apre le porte al pubblico

Vicini, la città della scienza del Valentino apre le porte al pubblico

Vicini, la città della scienza del Valentino apre le porte al pubblico

Dal 10 al 20 novembre moltissime le attività gratuite per la cittadinanza nei luoghi della ricerca sulle sponde del Po, a partire da giovedì 10 novembre con l’inaugurazione della mostra “LA COSA PUBBLICA. Salute, Lavoro, Società nelle collezioni storiche dell’Università e del Politecnico di Torino” in collaborazione con Politecnico e Biennale Tecnologia…

Per la prima volta da quando è nata nel 1886, la storica “Città della Scienza” dell’Università di Torino apre i suoi dipartimenti e le sue strutture medico-scientifiche al pubblico grazie al progetto VICINI La Scienza per la Città al Valentino, un’iniziativa del Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino in collaborazione con il Politecnico di Torino e Biennale Tecnologia.

Dal 10 al 20 novembre saranno molteplici le attività gratuite (spettacoli, mostre, esperienze laboratoriali, visite guidate, incontri, concorsi, passeggiate) rivolte alle scuole e alla cittadinanza intera nei luoghi che hanno visto nascere alcune delle più importanti scoperte che hanno rivoluzionato la società moderna, dalle piastrine del sangue al motore elettrico a corrente alternata (programma completo di tutte le attività in allegato). Laboratori, sale studio, biblioteche e luoghi della ricerca saranno straordinariamente visitabili per far conoscere alla cittadinanza come si è svolta e si continua a svolgere la ricerca.

In programma moltissime attività che prevedono l’interazione del pubblico per coinvolgerlo e renderlo partecipe dei progressi della ricerca che hanno reso Torino uno dei laboratori sperimentali scientifici all’avanguardia nel mondo internazionale a partire dalla seconda metà dell’800. Insieme ai 4 palazzi universitari sarà possibile entrare e visitare gratuitamente anche l’Orto Botanico, l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, il Comitato Glaciologico Italiano e il Castello del Valentino (mappa dei luoghi in allegato).

Si parte giovedì 10 novembre con l’inaugurazione della mostra LA COSA PUBBLICA. Salute, Lavoro, Società nelle collezioni storiche dell’Università e del Politecnico di Torino”, in collaborazione con il Politecnico di Torino e Biennale Tecnologia, che intende raccontare l’evoluzione iniziata nella seconda metà dell’800 in campo scientifico a Torino con particolare attenzione ai temi dell’igiene, del lavoro, della casa per tutti e del miglioramento della qualità alimentare che hanno influito sulla costruzione della moderna società contribuendo a innalzare il livello sociale e culturale della classe operaia mediante un benessere allargato. La mostra, che sarà visitabile fino al 3 dicembre 2022 al Castello del Valentino, Sala Colonne e Piano Nobile, esporrà un patrimonio di pezzi unici al mondo solitamente non accessibile al pubblico (prima di VICINI solo nel 1991 gli oggetti dell’Università e del Politecnico sono stati uniti in una mostra).

Sono inoltre previsti due eventi serali alla Città della Scienza: uno spettacolo teatrale dedicato a Marie Curie a cura di Onda Teatro e Dipartimento di Chimica (venerdì 18 novembre, ore 21.00) e un film-concerto dal vivo (sabato 19 novembre, ore 21.00) di cortometraggi realizzati a Torino a inizio secolo scorso elaborati con nuova sonorizzazione dal vivo, a cura del Dipartimento di Studi Umanistici in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio di Torino.

Tutte le iniziative sono gratuite, previa iscrizione su:
https://www.vicini-unito.it/porte-aperte-19-20-nov/

VICINI La Scienza per la Città al Valentino – Torino è un’iniziativa partita dal Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche dell’Università di Torino che ha coinvolto tutta la Città della Scienza al Valentino, le istituzioni di ricerca scientifica limitrofe e altri dipartimenti a carattere umanistico dell’Ateneo, è finanziata dall’Università degli Studi di Torino e coinvolge 18 dipartimenti e strutture dell’Università e 19 enti esterni.
VICINI è un evento patrocinato da Regione Piemonte, Città Metropolitana, Città di Torino e Circoscrizione 8.

L’inaugurazione di DORMIVEGLIA, la mostra di Matilde Sambo

L’inaugurazione di DORMIVEGLIA, la mostra di Matilde Sambo

L’inaugurazione di DORMIVEGLIA, la mostra di Matilde Sambo

DORMIVEGLIA, la mostra che fonde reale e immaginario collettivo esplorando la complessa relazione tra mondo naturale ed essere umano, sarà inaugurata giovedì 7 luglio dalle 17 alle 22

Con DORMIVEGLIA, la mostra personale di Matilde Sambo (Venezia, 1993) a cura di Yuliya Say, realizzata in collaborazione con aA29 Project Room, l’Associazione Barriera di Torino presenta, dal 7 al 31 luglio 2022, una serie di opere inedite capaci di fondere reale e immaginario collettivo.

L’artista utilizza lo spazio torinese per modulare, con elementi visivi e tattili, la creazione di un ambiente in cui forme apparentemente sconosciute e archetipi convivono, portando lo spettatore nell’evanescente regno del dormiveglia. Con un riferimento già nel titolo della mostra a un limbo fra sonno e sogno, l’artista articola una riflessione sugli attimi di sopore in cui il corpo risulta ancora vigile ma la mente è libera di fantasticare.

Attraverso una ricerca intima, corporea e incorporea, Matilde Sambo esplora la complessa relazione tra mondo naturale edessere umano, facendo riferimento a narrazioni e studi “ancestrali” e ricercando la visione di un universo interconnesso che riemerge nel presente.

I lavori dell’artista permettono al visitatore di vivere un viaggio attraverso un immaginario arcaico, universale e senza tempo, sculture in argilla cruda, terracotta, tufo, pietra vulcanica, cera e bronzo, da cui l’artista desidera far riemergere forme e pensieri del subconscio.

Con DORMIVEGLIA, lo spazio espositivo viene abitato da creature mutevoli, animali protettori, segni, impronte e rilievi, provenienti da un ricordo comune, interpretato grazie a parole ricamate su drappi e tessuti, versi poetici che si disvelano poco a poco e accompagnano le sculture, generando delle nuove relazioni.

La mostra traccia un percorso che è un continuo ritorno all’origine, una riflessione sul tema dell’evoluzione, in cui l’artista abbandona il concetto di Homo Faber per prendere coscienza dell’Homo Ludens, che interpreta il mondo attraverso il gioco, le forme, il colore, la bellezza.

Matilde Sambo, ‘Dormiveglia’, (2022), Courtesy l’artista e aA29 Project Room

Matilde Sambo nasce a Venezia nel 1993, dove studia Arti Visive allo IUAV. Dopo alcuni anni di ricerca a Milano, si trasferisce a Napoli, dove attualmente vive e lavora.
Ha partecipato a progetti artistici e residenze nazionali e internazionali tra cui “De Rerum Natura” (Venice Meeting Point – Venezia, 2022); “Art Colony, Bronze Symposium” (Ungheria, 2021); “Tagli” (Stromboli, 2021); Open Studio Fonderia Artistica Battaglia (Milano, 2021); “New Echo System” (Palazzo degli Ulivi, Pro Helvetia – Venezia, 2021); “BoCs Art” (Cosenza, 2019); Art Encounters “Six Steps forward one step back”, Volvo Studio (Milano, 2019); “Falsità in buona coscienza”, aA29 Project Room (Milano, 2019); “Argo 16” (Venezia, 2019); Pasinger Fabrik (Monaco di Baviera, 2019); Radio Raheem (Milano, 2019); “Collective Signatures” (Isole Baleari, 2018); VIR, Via Farini in Residence (Milan, 2017/2018). 

Fondata a Torino nel 2007 da un gruppo di collezionisti, Barriera è un’associazione non-profit per l’arte contemporanea. Attraverso una serie di iniziative, mostre ed eventi, lo spazio espositivo crea occasioni uniche di dialogo tra artisti, curatori, collezionisti e favorisce contaminazioni con altri ambiti culturali. Curata da Sergey Kantsedal e Yuliya Say, l’associazione promuove strategie curatoriali volte a incoraggiare i giovani artisti nella ricerca e a orientare quest’ultima verso una produzione che risponda alle specificità̀ dello spazio a partire da un processo di condivisione.

 

 

Eurovision 2022: è qui che si nascondono i nuovi Maneskin?

Eurovision 2022: è qui che si nascondono i nuovi Maneskin?

Eurovision 2022: è qui che si nascondono i nuovi Maneskin?

Ebbene sì, mancano pochissimi giorni all’inizio della maggiore competizione musicale europea: Eurovision. Un primo ascolto alle canzoni in gara.

Grazie alla vittoria dell’ultima edizione da parte dei Måneskin, quest’ anno tocca all’ Italia ospitare l’evento, che si svolgerà all’ombra della Mole di Torino. Il capoluogo piemontese è in fermento e in parallelo alla gara che si svolgerà dal 10 al 14 maggio è stata programmata una lunga e ricca serie di eventi culturali e mondani. Inoltre, i turisti stanno affollando la città: all’aeroporto Sandro Pertini (aka Torino-Caselle) si sono registrati 55.000 sbarchi in più rispetto alla media annuale!

In tutto questo fervore ho deciso di prendermi due ore per fare un viaggio musicale intorno al mondo del 2022 e ascoltare con attenzione le 40 canzoni che parteciperanno alla gara (avrebbero dovuto essere 41, ma la Russia è stata esclusa).

E quindi, grazie a Spotify che ha dedicato una playlist all’ evento, mi sono lanciato in un rapido tour di due ore per le maggiori capitali del Vecchio Continente (e lo ammetto, a volte avrei voluto girarmi e tornare a casa!).

LE CANZONI

Come potete immaginare, avere il successo dell’anno scorso sarà complicato per chiunque vincerà dato il paragone con quello che è il più fulgido esempio di boom nell’ industria musicale degli ultimi anni: i Måneskin.
Ma comunque, cercando di non fare troppi paragoni (anche se, a me la band di Roma piace molto) ora vi parlerò delle canzoni che saranno presentate e farò anche le mie previsioni su chi si porterà a casa il massimo premio.
Per comodità procederemo in ordine alfabetico per nazione:

  • Albania: SEKRET di Ronela Hajati. Testo in parte in albanese e in parte in inglese per la nostra vicina di casa (che su Spotify vanta circa 200.000 ascolti mensili), contornato da una musica che richiama le dive Hip-Hop di oltreoceano. Niente male per la musica, ma deludente la struttura del pezzo. Le parti di testo aggressive trovano il mio gusto, ma non mi pare ci sia nulla di innovativo o che colpisce particolarmente.
  • Armenia: Snap di Rosa Linn. Dal paese che ha dato i natali ai System of a Down (statunitensi, ma di origine armena) ci si aspettava qualcosa di più incisivo, almeno per quanto riguarda la musica. Una bella canzone con un ritornello che si fa cantare per i cori “paraculi” ­– rubando una definizione alla X-Factor –, ma anche qui nulla di eclatante. Una piccola nota va però alla scelta di non caricare la canzone di elettronica, al contrario di quanto hanno scelto di fare moltissimi altri partecipanti.
  • Australia: Not the Same di Sheldon Riley. Gran bella voce e una base studiata a pennello mi fanno apprezzare questo pezzo lento, ma con un carattere incisivo. Se ci si lascia trascinare ascoltandolo con le cuffie a un buon volume escludendo il mondo esterno, ci può dare dei brividi. Occhio a Sheldon (anche se i bookmaker gli danno solamente l’1% di possibilità di vittoria).
  • Austria: Halo di Lum!x feat. Pia Maria. Qui abbiamo una formula vincente: un flow rodato (non una novità ma un classico che funziona sempre), un testo semplice e con parole che si fanno cantare facilmente, una buonissima dose di cassa dritta (di cui non sono per niente fan, ma che bisogno ammettere che funziona sempre) e un drop che fa battere le mani al pubblico. Classica canzone che si può ascoltare durante una serata o in palestra. Funziona bene ovunque.
  • Azerbaigian: Fade to Black di Nadir Rüstəmli. Eh, no dai. Canzone cantata molto bene. Una voce che merita, indubbiamente, ma proprio non ci siamo. Solita minestra riscaldata del pezzo al pianoforte. Non ci punterei molto e nemmeno la seconda parte della canzone ci fa ricredere, cadendo in una quantità di cliché importante.
  • Belgio: Miss you di Jérémie Makiese. Ok lo ammetto: a me il francese nelle canzoni piace. Avrei voluto sentire un po’ di cantato vallone sul beat proposto per la canzone. Per inciso, il pezzo è ok e dà il suo meglio nei primi 30 secondi di cantato con quella linea che ricorda molto un’atmosfera alla James, ma che poi si perde. Pezzo piacione con una buonissima nota di fondo data da una base che se ascoltata con i bassi giusti non può non piacere.
  • Bulgaria: Intention di Intelligent Music Project. La quota rock del Festival quest’ anno arriva dall’ Est Europa. Band formata nel 2012 con una produzione non a livello delle altre canzoni portate, in tutta onestà. Tolto questo mi siedo un po’ sul fatto di apprezzare particolarmente un po’ di musica suonata e me la faccio piacere ma no, non scommetterei su un loro piazzamento.
  • Cipro: Ela di Andromache. Che l’elettronica sia il fil-rouge dell’edizione mi pare evidente. Dalla piccola isola di Cipro arriva un brano che ho apprezzato ascoltare – non lo andrei a cercare, ma se capitasse alla radio alzerò il volume – con delle buone influenze dalla propria cultura con la scelta di tenere una parte di cantato in greco e dei richiami strumentali ellenici. Bravi bravi ma per me è no (purtroppo).
  • Croazia: Guilty Pleasure di Mia Dimšić. Da piccoli guardavate Hannah Montana? Il vostro idolo era Justin Bieber? Ecco, allora il pezzo vi piacerà. Una bella voce con un buon contorno musicale per valorizzarla. No, non è il mio genere, ma Mia è sicuramente un talento. Cadiamo anche qui in scelte abbastanza scontate (e no, per me il POP non è affatto un genere scontato, quindi mi annoio a sentire sempre le stesse soluzioni).
  • Danimarca: The Snow di Reddi. Gruppo musicale al femminile formatosi nel 2021 che arriva all’ Eurovision nel 2022. Invidia per la tenacia e il talento. Una partenza soft nasconde poi note più rock e taglienti che però non si spingono mai oltre il “siamo rockerz ma non rompiamo niente, giuro!”. Un assolino di chitarra e qualche colpo ben assestato alla batteria non riescono a scrollarmi di dosso la delusione per il crescendo mai sfociato in qualcosa di veramente esplosivo. Peccato, ma comunque i miei complimenti!
  • Estonia: Hope di Stefan. Non sappiamo se in Estonia lo Spaghetti Western avrà mai una base per la rinascita. Ma vi prego, se capiterà chiamate Stefan per fare le colonne sonore di TUTTI i film. Le parti tranquille della canzone sono veramente belle, l’intro e la parte prima dell’ultimo ritornello mi hanno colpito. Canzone molto divertente e con un testo interessante!
  • Finlandia: Jezebel di The Rasmus. Avete letto bene. I The Rasmus, proprio quelli di In The Shadow e che girano dagli anni ‘90: signori abbiamo la quota Boomer della gara. Si sente che negli anni il gruppo finlandese si è calmato e ha cominciato a seguire uno stile di vita morigerato, ma nonostante questo sono veramente felice di vederli tra i partecipanti.
  • Francia: Fulenn di Alvan & Ahez. Note arabeggianti che sostengono un cantato in bretone molto interessante. Attenzione che qua dopo la Gioconda ci portano via pure il primato all’ Eurovision. Base che anche nella strofa ti convince ad alzare il volume per essere ascoltata e crescendo ripagatissimo da una bella esplosione verso il finale della canzone. Bravi bravi!
  • Germania: Rockstars di Malik Harris. Quando guardiamo le selection di X-Factor, io e mio padre concordiamo sempre e sempre su una cosa: ogni anno è in aumento la quantità di cantanti (uomini o donne) che noi personalmente definiamo “palle al…”. Diciamo noiosi, ecco. Qui ne abbiamo un altro esempio. Il tedesco è una lingua super interessante nell’ arte, dalla poesia alla musica e qui è stato sostituito da uno sterile e poco interessante perfetto inglese. Sto comunque parlando di un cantante giovanissimo che ha raggiunto vette che io non toccherò mai e quindi gli faccio i miei complimenti, però che noia.
  • Georgia: Lock Me In di Circus Mircus. Pezzo su cui mi sono ricreduto. La prima volta che lo ho ascoltato ero in macchina, un po’ stanco perché di ritorno da lavoro e, come si dovrebbe, concentrato sulla guida e quindi distratto rispetto alla canzone. Questo brano va ascoltato bene perché la parte musicale è il suo forte (motivo per il quale non vincerà assolutamente). Ma è super apprezzabile e da Lock Me In sono andato a cercarmi la discografia (ancora poco fornita) dei Circus Mircus!

  • Grecia: Die Together di Amanda Geōrgiadī Tenfjord. Ma che pezzo è? Voglio conoscere chi ha fatto la base di questa canzone perché, per me, è spaziale! Poi gli effetti sulla voce – non autotune che non fa impazzire nessuno – sono veramente azzeccati e la valorizzano in pieno. Il testo è un classico delle canzoni d’amore e facciamo un su e giù fra cose più o meno ovvie, ma il cantato e la resa della base fanno dimenticare tutto questo. Super complimenti! Peccato solo che non ci sia un tocco di greco nel testo.
  • Irlanda: That’s Rich di Brooke. Terza classificata all’ edizione 2020 di The Voice in Irlanda, la cantante classe ‘99 porta un pezzo super radiofonico con un ritmo praticamente senza mai un breakdown, ma pieno di ricami elettronici. Abbiamo anche un momento Gwen Stefani in quello che potremmo definire il “bridge” del pezzo mostrando un po’ di grinta scegliendo di piazzare un effetto megafono sulla voce. Carina come canzone anche per chi, come me, non è molto nel genere.
  • Islanda: Með hækkandi sól di Systur. Sono contento di dire che ho dovuto fare copia-incolla del titolo del pezzo e cercarmi la traduzione del testo. Questo è proprio quello che vorrei dall’Eurovision, scoprire sonorità diverse e magari distanti dalle nostre. La canzone in sé non è pazzesca. Il sovrapporsi di voci non dispiace, ma la parte strumentale non ci dice nulla. Quindi bravi per l’intenzione!
  • Israele: M di Michael Ben David. La canzone del vincitore di X-Factor Israele 2022 è in gara, ma la sua presenza non è accertata a causa di uno sciopero da parte dell’ente che si occupa di organizzare la delegazione. Non ci resta che ascoltare questa canzone scontata e senza troppo da dire su Spotify, insomma. Forse si capisce che non mi è proprio piaciuta?
  • Italia: Brividi di Mahmood & Blanco. Oh, arriviamo ai rappresentanti di casa nostra (che vi ricordo non potrete votare a causa della modalità di voto che non permette a nessuna giuria di votare per i rappresentanti del proprio paese). Dovete sapere che io, segretamente, apprezzo Mahmood. Non come cantante eh, come produttore, ma devo dire che sono contento che sia dove si trova, una carriera iniziata da lontano e arrivata fin qui insieme a Blanco che, per me – nonostante sia lontanissimo dai miei gusti – è l’ emblema positivo della sua generazione musicale. I ragazzi parlano di uno dei capisaldi di Sanremo: l’amore. Nel mondo d’altronde la canzone italiana è famosa anche per questo argomento e loro lo hanno tradotto nella lingua di chi oggi vive il presente e non di chi rimane nel passato definendo questo genere come “non-musica” perché lo sente lontano dai propri standard ormai superati. Bravi, facciamo che vincete voi così facciamo doppietta? Grazie!
  • Lettonia: Eat Your Salad di Citi Zēni. Non pensavo fosse possibile comporre un testo a metà fra il socialmente utile e l’imbarazzante, ma Citi Zēni ci è riuscito. Per quanto io concordi pienamente con il messaggio green della canzone non apprezzo particolarmente la stessa. Poi quei venti secondi secchi di “nananana” per riempire il tempo necessario per arrivare ai tre minuti mi lasciano veramente perplesso.
  • Lituania: Sentimentai di Monika Liu. Monika è in attività dal 2015 e la sua esperienza si fa sentire in questo brano che nasconde un ritmo Diexieland riportato ai giorni nostri. Una scelta di cultura che io ho apprezzato. Poi il testo in lituano le fa guadagnare molti punti nella mia personale classifica.
  • Macedonia del Nord: Circles di Andrea. Questa artista è un osso duro. Io lo dico. Le carte in regola per portarsi a casa la giuria professionista ci sono tutte: buonissima voce ma senza mai esagerare in tecnicismi solo per eccedere in esercizi di stile e una musica che ti porta a muoverti anche se, come me, sei un pezzo di cemento che non si smuove manco ai concerti dei Subsonica (che amo, per inciso).
  • Malta: I Am What I Am di Emma Muscat. Cambio di canzone in corsa per la cantante maltese. Dopo aver vinto con Out of Sight le selezioni nazionali si presenta con un altro brano. Quasi 600.000 ascolti mensili su Spotify per quella che è una cantante che si avvicina tantissimo al concetto di Teen-Idol. Insomma, abbiamo una delle Big in gara. Ma secondo me la critica non verterà dalla sua parte, per quanto la parte vocale del pezzo sia molto bella non è nulla di particolare.

 

  • Moldavia: Trenulețul di Zdob și Zdub & Frații Advahov. Non so se saranno nemmeno presi in considerazione per la vittoria, ma è la rappresentanza più genuina rispetto alla cultura popolare della propria nazione presente in gara! Poi la citazione ai Ramones è una chicca, Votate per loro!
  • Montenegro: Breathe di Vladana. Un testo che parla diversamente a ogni persona che lo ascolta o lo legge. Io ci ho trovato una critica allo stile di vita iper consumistico e tossico per l’ambiente che conduciamo, ma credo si possa applicare a qualsiasi campo ci tocchi da vicino. Insomma, un bel catch-all che però purtroppo non è supportato da scelte musicali interessanti (a parte una bellissima voce) e che quindi lascia un po’ così, a metà.
  • Norvegia: Give That Wolf a Banana di Subwoolfer. Nome quantomeno interessante per questo pezzo. Il duo dalla Norvegia si presenta con un tappeto di chitarra acustica che ti fa sperare in bene fino al drop della base elettronica che sfocia in una scontatezza infinita. Peccato, il mix di sound acustico ed elettronico se ben gestito è uno dei pool di suoni più interessanti che si possano trovare a parer mio. Non è questo il caso, ma la canzone si fa ascoltare. No, non ci punterei per la vittoria comunque. Certo, l’idea di riprendere Cappuccetto Rosso nella canzone non è male.
  • Paesi Bassi: De diepte di S10. Onestamente pensavo che l’olandese non fosse una lingua musicale. S10 mi ha fatto cambiare idea. Qui troviamo un bel mix fra base elettronica e ferro delle corde della chitarra acustica che alternano e si mischiano ad hoc. A prendere esempio da qui non si farebbe affatto male. D’altronde se su Spotify l’artista Abbekerk si trova più di un milione e mezzo di ascolti mensili un motivo ci sarà (ah, e il suo primo contratto discografico lo ha firmato a 17 anni, scusa).
  • Polonia: River di Ochman. L’ho ascoltata, due volte. Non ricordavo di averlo fatto. Credo non ci siano molti altri commenti da fare per quella che è una buona canzone in una competizione dove il “buona” non basta per farsi notare purtroppo.
  • Portogallo: Saudade, saudade di Maro. Se fossimo al ristorante questo piatto sarebbe quello che dal nome ti ispira un casino, ti fa fare dei viaggi mentali pazzeschi, ma poi quando arriva al tavolo ti fa capire che forse de “la follia dello Chef” è meglio non fidarsi. Tantissime aspettative per una canzone che dice di essere in portoghese, ma poi lo accenna giusto per far capire che si arriva da lì. Niente di particolare, forse cambierei anche stazione se lo sentissi per caso in auto. Gli altri pezzi di Maro sono TUTTI meglio. Pazzesco.
  • Regno Unito: SPACE MAN di Sam Ryder. Siamo arrivati alla TikTok star del festival (ah, a proposito, proprio TikTok sarà il social partner ufficiale del festival) e la cosa divertente è che potrebbe portarsi tranquillamente anche a casa il premio della critica perché la base che sembra di una canzoncina super easy in realtà ha un livello di complessità che si fa apprezzare ad ogni ascolto sempre di più. E poi la voce di Sam ha veramente un peso importantissimo nel panorama del festival. Assolutamente non scontato e con dei picchi tecnici importanti che lo valorizzano nelle scelte stilistiche!
  • Repubblica Ceca: Lights Off di We Are Domi. Canzone elettro-pop secondo definizione, perfetta per essere inserita nei canoni del genere ma un po’ monotona. La voce è ottimamente mixata con un tappeto di synth e bassi studiati molto bene. Loro sono quegli studenti un po’ troppo bravi per passare inosservati ma un po’ più giù dei geni, insomma, citando i Negramaro azzardo un “in bilicooooooooooooo”. Ma un posticino verso il top della classifica io glielo riservo, tipo il settimo.
  • Romania: Llámame di WRS. Se non avessi letto che WRS rappresentava la Romania sarei stato convinto fosse il rappresentante iberico (a prescindere dal fatto che ammetto di non aver avuto idea della sua esistenza prima di scrivere questo pezzo). La scelta di cantare in una lingua che non sia inglese la apprezzo molto, lo avrete capito. Però forse il rumeno sopra lo spagnolo mi avrebbe fatto più simpatia, ma chi sono io per giudicare! Ah, il pezzo in sé lo lascerei dov’è e non credo si porterà a casa più di un piazzamento a metà classifica.
  • San Marino: Stripper di Achille Lauro. Sì, noi siamo l’ unica nazione ad avere due rappre… ah no? Va beh ma allora è perché l’anno scorso abbiamo vinto… ah no? Ah no, San Marino. Capito. Lauro che al Festival di Sanremo non ce l’aveva fatta a piazzarsi davanti al dinamico duo M&B si è rilanciato sul palco di Una voce per San Marino e lo ha vinto. Porterà un pezzo che a confronto di Domenica non è nulla, ma gli auguriamo il meglio nella manifestazione.
  • Serbia: In Corpore Sano di Konstrakta. Ma come mi piacciono le strofe della canzone serba! Purtroppo il ritornello non regge il confronto a parere mio, ma devo dire che ho apprezzato le linee vocali e gli appoggi ritmici sulla base elettronica.
  • Slovenia: Disko di LPS. Ehi ma siamo arrivati negli anni 80? Una canzone “suonata” alla vecchia maniera e senza basi con addirittura dei fiati! Che salto indietro nel tempo. Bel groove col basso che porta avanti insieme alla batteria una notevole parte ritmica. È proprio una canzone d’altri tempi però. Non conosco la scena pop slovena, ma se veramente fosse tutta così rimarrei quanto meno sorpreso.
  • Spagna: SloMo di Chanel. Già dal nome si capisce: qua abbiamo a che fare con una rapper. La base è di una cattiveria paragonabile a poche altre in questo Eurovision, il testo in spagnolo poi crea un mix che vedrei benissimo in uno dei vecchi film a base di motori e rapine in stile Fast&Furious prima che le auto volassero. Proprio quello stile da festa un filino Raggaeton che ci dà il permesso di dire “ma che è sta roba?!” mentre senza farci vedere muoviamo il piedino a ritmo. La vedo nei primi tre classificati!
  • Svezia: Hold Me Closer di Cornelia Jakobs. Dalla terra degli ABBA non poteva che arrivare una delle cantanti più quotate per portarsi a casa la vittoria finale. Con oltre dieci anni di carriera nel mercato musicale alle spalle e dall’alto del suo quasi milione e mezzo di ascolti mensili su Spotify, Cornelia si mette in prima fila per la gara e, a mio avviso, fa pure bene! Pezzo veramente bello, non scontato ma con delle linee che lo rendono apprezzabile da quello che per me sarà un gran numero di persone.
  • Svizzera: Boys Do Cry di Marius Bea. Da oltre le alpi arriva Marius. Fa il verso ai The Cure col titolo della canzone ma i paragoni non possono che finire lì. Il pezzo è romantico e se gli si adattasse un pochino il testo sarebbe il perfetto pezzo per le vacanze di Natale sotto la neve. Insomma, siamo fuori stagione ma la canzone potrebbe dire la sua. Quella batteria jazzeggiante però proprio fa troppo natale Marius!
  • Ucraina: Stefania di Kalush Orchestra. Un po’ il rap’n’roll made in Ucraina ecco. Gli stra-favoriti per la vittoria finale dell’evento secondo i bookmakers dato il presupposto appoggio “umanitario” che si troveranno da parte della giuria popolare. La canzone è difficile da digerire e non credo che verrà premiata dalla giuria professionale. io non scommetterei comunque su di loro per il podio, ecco.

 

Ascoltare tutti i brani non è stato semplice e alcuni, in tutta onestà, suonano un po’ scontati. Altri invece sono, secondo me, pazzeschi!

MA CHI SONO I FAVORITI?

Trattandosi di una gara, ovviamente ci sono dei favoriti e degli sfavoriti per la vittoria finale.
La Kalush Orchestra (UA) sembra essere una scommessa sicura se volessimo puntare su qualcuno per il primo posto. Spinti avanti dal vento umanitario che potrebbe guidare la giuria popolare, i bookmaker li danno come vincitori al 42%, distanziando i secondi in questa particolare classifica di quasi trenta punti percentuali. Mahmood e Blanco(IT) portano avanti il tricolore e vengono visti come papabili vincitori ­– e in effetti la loro canzone anche a mio parere è una delle migliori. Chiude il podio dei possibili vincitori secondo le quotazioni la rappresentante svedese: Cornelia Jakobs.

La mia personale classifica è diversa e vede al primo posto Die Together di Amanda Geōrgiadī Tenfjord, al secondo SPACE MAN di Sam Ryder per poi chiudersi con Mahmood e Blanco (ma spero di sbagliarmi e vedere i nostri beniamini sul gradino più alto!).

Voi chi pensate sia il favorito alla vittoria?

di Flavio Pisani