La Nutrizione dei Nuovi Animali da Compagnia in ottica PNEI il nuovo libro di Cinzia Ciarmatori

La Nutrizione dei Nuovi Animali da Compagnia in ottica PNEI il nuovo libro di Cinzia Ciarmatori

La Nutrizione dei Nuovi Animali da Compagnia in ottica PNEI il nuovo libro di Cinzia Ciarmatori

È uscito La Nutrizione dei Nuovi Animali da Compagnia in ottica PNEI edizioni Ebook ECM il nuovo libro della dottoressa Cinzia Ciarmatori per la formazione continua dei Medici Veterinari, biologi e altri professionisti della salute.

“La nutrizione degli animali con cui viviamo è un ambito della medicina veterinaria che sta suscitando grande interesse e fermento, in particolare per il cane e il gatto. -Dichiara la dottoressa Cinzia CiarmatoriIl ruolo dell’alimentazione in ambito preventivo e terapeutico è sempre più evidente e competenze specifiche sono quanto mai necessarie”.

In questo volume la nutrizione dei Piccoli mammiferi, degli Uccelli, dei Rettili e degli Anfibi più comunemente ospitati in ambito domestico è trattata da ogni punto di vista. La Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI) è la lente attraverso cui guardare, per comprendere non solo come nutrire, ma anche quando e come, nel rispetto di ogni individuo ma senza dimenticare il sistema famiglia nel quale è inserito.

“Per i Nuovi Animali da Compagnia, dai Piccoli mammiferi come il coniglio, agli Uccelli, dai Rettili agli Anfibi -continua Ciarmatorila nutrizione non adeguata è ancora oggi riconosciuta come causa primaria o concausa di molte patologie. Proprio per questo i medici veterinari che si occupano in via preferenziale di animali non convenzionali, ma anche chi si occupa di nutrizione, possono aver bisogno di una guida su un argomento così importante eppure non ancora del tutto esplorato”.

Un volume dal taglio pratico, consultabile in qualsiasi momento e su ogni dispositivo, per approfondire un argomento di grande attualità e applicabile fin da subito alla propria pratica quotidiana. Un libro pensato per tutti i professionisti della salute animale, per assisterli al meglio nel nutrire i loro pazienti meno convenzionali!”

Un Ebook con 10 crediti ECM per la formazione continua dei Medici veterinari, ma anche Biologi e altri professionisti della salute animale. Ideale per tutti coloro che abbiano voglia di approfondire il tema della nutrizione di specie diverse dal cane e dal gatto.

Link al libro

La formula chimica del film perfetto: i tre elementi del cinema di Tarantino

La formula chimica del film perfetto: i tre elementi del cinema di Tarantino

La formula chimica del film perfetto: i tre elementi del cinema di Tarantino

Il 27 marzo 1963 nasceva Quentin Tarantino, il regista che ha migliorato le nostre serate al cinema  (e le nostre vite) con le sue opere, vere e proprie pietre miliari della settima arte. In occasione del suo compleanno vediamo la formula aurea che ha garantito al regista una sequenza di successi, fatta di tre semplici elementi che non possono mancare in un film di Tarantino.

 

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  1. MUSICA:

Quando si pensa alla filmografia di Tarantino, la prima cosa che viene in mente è sicuramente il coté musicale che caratterizza ogni suo film. Senza quelle colonne sonore inconfondibili i suoi film non avrebbero avuto lo stesso impatto e sarebbero stati molto meno memorabili. La perizia che Trantino mette in ogni sua scelta musicale ha fatto in modo che certe sequenze siano scolpite nella memoria di tutti (anche di chi, purtroppo, non ha mai visto un film di Tarantino).

Del resto, chi non ha presente la sequenza dell’overdose di eroina di Mia? Sulle note di una bellissima cover di Girl You’ll Be a Woman Soon Mia inizia a ballare e poi, alla ricerca di un accendino nella tasca della giacca di Vince, trova un sacchetto di eroina e la scambia per cocaina. Il primissimo piano sul volto di Mia e la musica che sfuma è indimenticabile, un frammento di storia del cinema.

E poi il sodalizio artistico con Morricone, realizzatosi nella colonna sonora di The Heightful Eight, (che valse il premio Oscar a Morricone nel 2016): la musica è quindi scaturigine e parte integrante e della narrazione ed è, insieme alle immagini, strumento efficace di mitopoiesi.​

2. CITAZIONI:

“L’artista mediocre copia, il genio ruba” è il dogma non scritto che guida l’operato di Tarantino; fra i registi di Hollywood sicuramente è il più citazionista. Esiste un sito fanmade, The Quentin Tarantino Archives, che per ciascun film del regista riporta, o almeno cerca di farlo, i film che hanno ispirato una certa scena o sequenza. Solo per Kill Bill: Vol. 1 il sito ne riporta circa 80, tutti pescati da generi diversi tra loro ma non lontani dall’universo e dall’immaginario tarantiniano (si pensi al filone dell’exploitation, non solo ispirazione per il regista ma anche, e soprattutto, genere in cui Tarantino supera e si eleva al di sopra di qualsiasi altra opera precedente o successiva, precisamente nelle sottocategorie blaxsploitation, drugsploitation e nazisploitation).

Una citazione famosissima è la scena della gara di twist in Pulp Fiction, ispirata (per non dire copiata) all’altrettanto famosissimo twist nel film 8 e mezzo. Alcune citazioni poi sono fantastiche: si pensi a una delle scene più iconiche di Pulp Fiction (la celebre scena in macchina in cui Mia dice “don’t be a square”) riferimento a I Flinstones, il cartone animato degli anni ‘60.

e ancora in Kill Bill: Vol. 1 e Vol. 2 i rimandi agli spaghetti western (fra i più amati quelli di Sergio Leone) sono innumerevoli; ma anche Django Unchained, che solo nei primi minuti della pellicola riprende esplicitamente le grafiche di film quali Django (1966) e Via col Vento (1939).

3. VIOLENZA:

L’ultima cosa che sicuramente non può mancare in un film di Tarantino è poi la violenza, rappresentata con un’abilità registica che nel corso del tempo ha inevitabilmente fatto scuola nella messa in scena della violenza. è stato infatti proprio negli anni ‘90 Tarantino a portare al cinema quel modo di mettere su lente una violenza volutamente leggera, ludica e ironica: partendo da Le Iene e Jackie Brown, in cui la violenza è rappresentativa del contesto in cui si muovono i personaggi, arrivando a Kill Bill, in cui la componente splatter, il sangue e la violenza si portano dietro molta meno morale e diventano un vero divertimento giocoso. Tra un cervello esploso in macchina (Pulp Ficiton), un orecchio mozzato (Le Iene), e un assassinio inspiegabile e inaspettato nel parcheggio del supermercato (Jackie Brown), Tarantino riesce a ironizzare sulla violenza umana, come esplosione improvvisa e incontrollabile. Il regista in tutti i suoi film esplicita la propria passione per quel cruore che erompe dal nulla, che spiazza e che non lascia il tempo di essere realizzato: la violenza della vita reale è per Tarantino secca, immediata, asciutta e imprevedibile, e si manifesta in modi così folli e impensabili che non sembra vera e che, come in un fumetto, fa anche sorridere.

di Giorgia Grendene

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Come Orson Welles ha cambiato la storia del cinema

Sceneggiatore, attore, drammaturgo e rivoluzionario produttore cinematografico: Orson Welles è stato tutto questo e molto altro. Il suo modo di fare film, diventato iconico e fondamentale per la storia della settima arte, ha cambiato le regole del cinema classico americano, ispirando per esempio la rivoluzione cinematografica della Nouvelle Vague.

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L’esordio di Welles è Quarto Potere (Citizen Kane, 1941), il più bel film della storia del cinema: lo dice l’American Cinema Intitute, che lo ha inserito nella lista dei film da conservare e tramandare ai posteri.

Quando si parla di Quarto Potere, infatti, non si parla solo di un film virtuoso sotto il profilo tecnico, ma del film che ha rivoluzionato la rappresentazione della Hollywood classica e gettato le basi per la grammatica del cinema moderno e della recitazione.

Prima del 1941 lo studio system hollywoodiano era sottoposto alle rigide regole del decoupage classico, una ben precisa codificazione estetica e formale ancillare a tre finalità:

  • la chiarezza del racconto (rendere comprensibile e semplice la narrazione);
  • il primato dell’azione, con il motto “se non succede nulla allora non serve”;
  • il far dimenticare allo spettatore di essere spettatore e immergerlo totalmente nel mondo della finzione.

Pur in un sistema così rigido e ben definito, Orson Welles, da vero enfant prodige, a soli 25 anni realizza Quarto Potere ritagliandosi nell’industria di del cinema americano un posto in cui muoversi in totale libertà.

Dopo gli esordi brillanti in teatro e in radio, Welles trova la porta aperta a Hollywood e in particolare alla casa di produzione RKO. Con questa sottoscrive un contratto che all’epoca era considerato particolarmente libero e vantaggioso per l’artista, e che non veniva concesso facilmente ai registi: forte della plena potestas concordatagli, Welles ricopre contemporaneamente i ruoli di attore, sceneggiatore, regista e produttore – con estesi poteri decisionali riguardo il montaggio e la gestione dei fondi –  nella sua prima pellicola.

TRAMA:

Il personaggio di Charles Foster Kane, interpretato in maniera magistrale dallo stesso Welles, è liberamente ispirato all’ascesa e il declino del magnate dell’editoria William Randolph Hearst; egli, sulla strada verso ilsuccesso e il potere, lascia indietro gli affetti e la volontà di amare in modo diverso dalle sue possibilità.

Rispetto ai tradizionali film hollywoodiani le innovazioni apportate da Welles in Citizen Kane riguardano fondamentalmente 3 ambiti: la recitazione, la composizione, l’intreccio.

Negli anni ’40 siamo ancora ben lontani dal method acting e da tutte le tecniche che permettono all’attore di immedesimarsi nel personaggio; gli attori di Hollywood negli anni ‘30 sfruttano la loro formazione e impostazione teatrale anche sui set cinematorgafico.

Welles scardina la rigidità tipica del metodo recitativo teatrale e, partendo dalla sua esperienza radiofonica, permette agli attori di accavallarsi uno sull’altro per ricreare un effetto di maggior realismo.

Nella celebre sequenza dei 9 anni di matrimonio tra il protagonista e la moglie Elizabeth, i due attori sfruttano l’accavallamento delle voci e le interruzioni l’uno dell’altra e rendono il tutto più fluido, dinamico e vicino alla realtà.

A questo si aggiunge il lavoro fatto dagli attori sulla comunicazione non verbale: l’impostazione teatrale infatti non permetteva agli attori di poter mettere il proprio corpo a servizio della battuta. Il lavoro di Welles è invece molto più fine, sottile e vicino alla recitazione contemporanea: gli sguardi, le espressioni, la postura dei due amanti rivelano il climax discendente della loro relazione.

Alle innovazioni recitative si affiancano le rivoluzioni estetiche e compositive.

Andando polemicamente contro ogni norma compositiva del decoupage classico di Hollywood, Welles opta per scelte estetiche inconsuete o addirittura inedite; spesso infatti riempie la sua cornice mantenendo a fuoco sia gli elementi in primo piano che gli elementi dello sfondo. Riesce ad ottenere questo effetto attraverso l’uso della stampatrice ottica, con l’obiettivo principale di sottolineare l’importanza che tutti gli elementi in scena hanno.

Le sequenze composte con questa tecnica condensano moltissime informazioni: quasi sempre sullo sfondo intravediamo il protagonista mentre in primo piano ci sono persone che parlano di lui. Il fatto che tutto sia a fuoco crea un’inquadratura ambigua e impegnativa, per cui sembra quasi che il Kane sullo sfondo non sia solo protagonista assoluto della pellicola, ma contemporaneamente protagonista del dialogo in primo piano nonostante non sia parte dello stesso. Il Modo di Rappresentazione Istituzionale sarebbe ricorso a un montaggio analitico oppure avrebbe semplicemente separato il primo piano, completamente a fuoco, dallo sfondo; in questo modo invece lo spettatore è chiamato a partecipare attivamente nella lettura e nella codifica dell’immagine e dei rapporti fra i personaggi.

Rivoluzionaria, infine, è la complessità di intreccio, mai vista prima in un film fino all’opera di Welles.

Dopo l’inizio nella contemporaneità lo spettatore è chiamato a trasgredire: di fronte al cartello “No trespassing” la macchina da presa valica il cancello, si insinua nella villa Xanadu e assiste alla morte del protagonista mentre pronuncia il nome “Rosebud”. Segue un montaggio serrato di titoli di cinegiornali mondiali che rimanda ai momenti salienti della vita del magnate.

Welles articola la risoluzione del mistero tramite una serie di flashback raccontati da chi l’ha circondato in vita che restituiscono una narrazione frammentata, fortemente scomposta e, soprattutto, soggettiva. Alla fine, però, nessuno riesce a capire chi o casa “Rosebud” sia: soltanto lo spettatore risolve il mistero e realizza quanto il protagonista sia molto più complesso e intrigante di quanto le parole degli altri non lo descrivano.

Il risultato è un film innovativo rispetto a molti dei canoni del cinema classico, una vera e propria alternativa estetica capace di esercitare duratura influenza su quello che andrà configurandosi negli anni successivi come il cinema moderno.

L’esordio di Welles è l’esempio tangibile di cosa sia il cinema per come lo consideriamo noi oggi: è  narrazione di intrattenimento, è opera artistica che può suscitare  riflessioni e dibattiti su argomenti esistenziali (la caduta del sogno americano, la solitudine del potere, il controllo dell’informazione), e non solo: è soprattutto radicale rivoluzione del linguaggio nel contenente e nel contenuto. 

di Giorgia Grendene

 

Giorgia Grendene

Sono Giorgia e amo le cose vecchie e polverose (come la mia laurea in lettere classiche), le storie un po’ noiose che richiedono tempo per essere raccontate e apprezzate, i personaggi semplici con storie disastrose. Mi piacciono il bianco e nero e il technicolor molto più del 4K, i libri di carta molto più degli e-book, il salato molto più del dolce, i cani molto più dei gatti.