Dante la Commedia Divina: sarà al cinema dal 23 al 25 gennaio il documentario sul poema di Dante Alighieri

Dante la Commedia Divina: sarà al cinema dal 23 al 25 gennaio il documentario sul poema di Dante Alighieri

Dante la Commedia Divina: sarà al cinema dal 23 al 25 gennaio il documentario sul poema di Dante Alighieri

Dal 23 al 25 gennaio potere ripassare La Divina Commedia nelle sale cinematografiche, dove arriverà il docufilm Dante la Commedia Divina, con Franco Ricordi, Matilde Calamai, Andrea Meroni e Mah Azar Emami…

Un film per tutti gli amanti della letteratura e della poesia, Dante la Commedia Divina, un docufilm diretto da Roberta Borgonuovo e prodotto da Magnitudo Film.

Dante la Commedia Divina ci porta all’interno della magnifica opera dantesca divisa in Inferno, Purgatorio e Paradiso grazie al poeta e scrittore Franco Ricordi, attraverso la recitazione e l’interpretazione filosofica dei passaggi più significativi. Compendio dei vizi e delle virtù umane. La Divina Commedia viene riletta con un approccio emotivo che porta all’identificazione, in un mix fra documentario tradizionale e video poesia. Ne deriva, per lo spettatore, un’esperienza quasi sensoriale se non onirica, in cui i confini spazio-temporali si annullano in un racconto dal valore fortemente simbolico e metaforico.

Qualche informazione su Dante la Commedia Divina:

Attraverso la Divina Commedia, Dante ci accompagna in un viaggio meraviglioso dentro di noi, durante il quale faremo la conoscenza dei nostri mostri per trovare la via verso la Luce. Il nostro palco è un puzzle di luoghi eterni come il Duomo di Firenze, il Museo dell’Opera e la Certosa, che si fondono con i chiaroscuri del bosco, la Selva Selvaggia, con il luccichio del mare che lambisce il monte del Purgatorio e con l’abbacinare dell’assolato Teatro del Silenzio, a Lajatico. A guidarci è Virgilio, una fulgida ombra del passato, e a tenerci saldi lungo il cammino un’inestinguibile luce: l’Amore di Beatrice. Ella ci aspetta alle porte del Paradiso, per accompagnarci lungo l’ultima scalata verso la Luce Eterna.

Parola alla regista Roberta Borgonovo 

Approcciarmi alla Divina Commedia con un lungometraggio è stato un privilegio e una sfida. Ho cercato di leggere il testo di Dante con un approccio emotivo: non volevo portare sullo schermo una parafrasi per immagini della Divina Commedia, ma un film! Volevo esprimere la rabbia, il dolore, il senso di nostalgia ma anche il calore che intridono questo testo: le emozioni non sono un fronzolo o un abbellimento, credo che siano il veicolo di un messaggio forte, così come per Dante l’Amore è il mezzo per la salvezza di un individuo.  In questo sono stata aiutata dalle puntuali interpretazioni degli attori. Innanzitutto, questo film deve moltissimo a Franco Ricordi: riprendere e montare la sua interpretazione dei Canti della Divina Commedia mi ha svelato come già il testo stesso contenga atmosfere e ritmi davvero cinematici, che noi abbiamo cercato di esaltare. Franco ha portato con successo il teatro nel film ma è stato generoso a sperimentare con me toni più realistici e cinematografici in alcuni passaggi del film.  Con Matilde Calamai ho lavorato per dare al personaggio di Beatrice un carattere fermo e allo stesso tempo accogliente: ha dovuto lavorare solo con il suo sguardo e la sua presenza scenica, che sono insieme una carezza e una spinta in avanti, a volte uno schiaffo per Dante e quindi per lo spettatore. Matilde mi ha trasmesso un grande calore e una grande fiducia sul set. Poi ci sono Mah Azar Emami e Andrea Meroni: “ho tolto le parole” anche a loro due, cercando di veicolare tutto tramite i loro corpi, i loro sguardi, i loro incontri. Mi piace definirli Eva e Adamo, due peregrini nell’ oltre-mondo dantesco, o due pezzi di argilla che accompagnandoci lungo il film si trasformano nelle anime raccontate dal poeta. Insieme, tutti insieme, abbiamo davvero potuto giocare, sperimentare.

Dante la Commedia Divina: il trailer del docufilm

Un assaggio di Dante la Commedia Divina ce lo dà il trailer, che ci ricorda che, dopo 700 anni, La Divina Commedia è ancora attuale. Sentiamo la voce di Franco Ricordi, che ci riporta alla mente celebri passi del poema.

Appuntamento dunque nelle sale cinematografiche, il 23, 24 e 25 gennaio, con il documentario Dante la Commedia Divina.

https://youtu.be/Z8H7F5eR8ww

Il più divino e umano degli alimenti: il pane di Dante

Il più divino e umano degli alimenti: il pane di Dante

Il più divino e umano degli alimenti: il pane di Dante

Cosa manca nella Divina Commedia di Dante? La gastronomia. Ma non del tutto, poiché nel Paradiso si parla dell’alimento per eccellenza: il pane

Passioni, sentimenti, paure e contraddizioni umane. Ulisse, il pazzo spavaldo che voleva superare i limiti della ragione umana, e Francesca, la donna che vuole essere libera di amare. La filosofia di Platone e Aristotele e la teologia di Tommaso, la storia, la politica, la cultura classica, le cronache dell’epoca. Che lo si ritenga l’ultimo dei medievali o il primo degli umanisti, Dante nella Divina Commedia ha messo tutto: la bellezza, la luca divina, il riscatto. Una guida verso l’alto anche per chi non crede. La Divina Commedia è una palestra di umanità, ma fra tutte le cose umane Dante ha trascurato il simbolo dell’umanità per eccellenza: la gastronomia. O meglio, così sembra.

La cultura medioevale considera la gola come un vero e grave peccato: nell’Inferno i golosi stanno nel terzo cerchio, nel sesto canto Dante li racconta immersi in un fango gelido di pioggia battente e nevischio, azzannati dal cane a tre teste, Cerbero. In fondo, in questo canto, del peccato di gola non si parla affatto.

Nel Purgatorio, nella sesta cornice, i peccatori di gola patiscono gravemente la fame e la sete. All’ingresso della montagna che si eleva verso il cielo ci sono due alberi di frutta e un ruscello di acqua sorgiva e in questa cornice Dante racconta con un tono quasi comico il vizio di Papa Martino IV, originario di Tours, in Francia. Il Pontefice amava passare molte giornate a Bolsena, in riva al lago, a fare scorpacciate di anguille, innaffiate di Vernaccia: “e quella faccia dilà da lui che l’altre trapunta, ebbe la Santa Chiesa in su le braccia, dal Torso fu, e purga per digiuno, l’anguille di Bolsena e la Vernaccia”.

In Paradiso il banchetto è apprezzato, ma il cibo è sostanzialmente una metafora. È citato un pane degli angeli e il valore simbolico del pane, nella cultura cristiana, è potente. Il poeta intende il nutrimento dell’anima. E quale pane, se non quello che Dante conosceva così bene, il pane sciapo della sua terra?

Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale
– Paradiso XVIII, vv. 58-60

L’autore, legato alla sua patria, con questi versi del Paradiso vuole simboleggiare la durezza e difficoltà della vita in esilio, dove conoscerà un pane che sa di sale, così diverso dal pane sciapo toscano a cui da sempre è abituato.

Il pane senza sale (o pane sciocco, o pane sciapo) è molto significativo per la Toscana, al punto che anche Dante si identifica in esso. Sebbene non si conosca la vera origine di questo pane, si sa per certo che la tradizione di non mettere il sale nell’impasto nasce da motivi storici e l’ipotesi prevalente risale al XII secolo. Firenze e Pisa erano città in eterna lotta e, durante quel periodo, Pisa controllava i porti, facendo pagare care ai fiorentini le quantità di sale che sbarcavano. Firenze decise così di non utilizzare più il sale, iniziando un’importante produzione di pane sciapo. Un conflitto, quello tra Firenze e Pisa, che Dante non manca di raccontare nel suo Inferno:

Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove ‘l sì suona
– Inferno XIII, vv. 79-80

 

Diversa è la storia del pane senza sale nella vicina Umbria: siamo nel 1540, ben più tardi, quando il papa impose una tassa molto salata (e sembra una barzelletta) sul sale. Nacque così a Perugia la “guerra del sale” contro il papato, ma la città perse e da allora in tutta l’Umbria si mangia pane senza sale. Una teoria che però venne messa in dubbio da molti storici, poiché il pane senza sale è diffuso in tutta l’Umbria così come nelle Marche e a Viterbo.

Alcuni sostengono che sia per il costo elevato del sale a Firenze, altri ancora invece rimandano agli Etruschi perché il pane senza sale viene prodotto e utilizzato nel Lazio settentrionale, la vecchia Etruria. Un prodotto molto diverso dagli altri tipi di pane, unico nella sua semplicità. E – soprattutto – simbolo del nutrimento dell’anima che per Dante era alla base dell’essere umani.

di Gaia Rossetti